Marta Serafini, Corriere della Sera 13/1/2015, 13 gennaio 2015
«Tango down, tango down, ansar-alhaqq è giù». Sono cinque giorni che gli hacktivist di Anonymous lavorano senza sosta
«Tango down, tango down, ansar-alhaqq è giù». Sono cinque giorni che gli hacktivist di Anonymous lavorano senza sosta. Nome in codice dell’operazione «OpCharlieHebdo». Obiettivo, cercare anche di contrastare l’avanzata del CyberCaliphate che ieri ha «bucato» il profilo Twitter del Centcom. Ma soprattutto vendicare il tentativo dei jihadisti di mettere il bavaglio alla libertà di espressione e di informazione. Ne è certa l’antropologa Gabriella Coleman: «Non c’è niente che gli hacktivist odino di più della censura». Passano poche ore dall’assalto alla redazione di Charlie Hebdo e gli hacker più esperti si mettono al lavoro. Viene deciso di agire su larga scala. La guerra si sposta in rete. Con l’account e l’hashtag «OpCharlieHebdo» si chiamano a raccolta i compagni. Per comunicare via chat, vengono aperti due canali Irc #opcharliehebdo e #opcharliehebdo.fr., uno in francese e uno in inglese. Secondo step, individuare i target: ossia gli elenchi di account dei jihadisti. La missione è entrare in possesso delle password per «bucarli», poi si entra e si rubano le informazioni. Tutto segreto, nei limiti del possibile. La «paura» è che i colossi della Silicon Valley intervengano in modo preventivo. Da Twitter si trincerano («Non rilasciamo dichiarazioni in merito agli account sia per ragioni di privacy che di sicurezza»). Ma già da tempo i governi hanno chiesto (e ottenuto) la collaborazione dei grandi del tech per combattere la potente propaganda online della jihad. Anonymous va oltre. E ruba a Isis informazioni, foto, mail. Qualcuno propone anche di passarli all’autorità. Per entrare bisogna tirare giù i siti (il primo è ansar-alhaqq.net , ma nel mirino ce ne sono altri). Quando la missione va a buon fine, le pagine diventano irraggiungibili. Tango down , si dice in gergo militare. L’alternativa all’attacco DDos ( denial of service ) è «defacciare» le pagine (modificarne l’aspetto), «trollando» i siti jihadisti con le vignette di Charlie Hebdo . Mentre la Francia scende in strada, l’ondata emotiva colpisce anche le piazze virtuali. Comunicati, video: «Anonymous ha sempre combattuto gli oppositori del diritto di espressione». Quando entriamo nel canale Irc sono almeno 300 gli utenti collegati. Qualcuno scherza. Qualcun altro è inesperto e chiede lumi sulle tecniche da usare. «Cosa significa SQL injection», chiede Spider. «Vattene impedito. Qui non abbiamo tempo da perdere», è la risposta. «C’è qualche italiano?», chiediamo. «Sono parecchi, un’operazione così grossa non la si vedeva da tempo», racconta uno di loro. La prudenza è tanta. Ad agire effettivamente sono una ventina. Le liste di account sono lunghe, si arriva a 600, divise tra «ancora su», «da tirare giù urgentemente», «da guardare». E negli elenchi spunta anche un profilo di un jihadista italiano, Jamal (@mecca_islever22). La sua biografia recita: «Sono un italiano convertito all’Islam. Combatto per il Califfato globale». Poi, un’immagine di donne velate e un’infografica che spiega come indossare correttamente l’hijab. In perfetto stile da cyber jihadista. @martaserafini