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 2015  gennaio 13 Martedì calendario

L’ANNO CON UN SECONDO IN PIU’

Gli estimatori delle catastrofi annunciate hanno una nuova data per cui preoccuparsi: il 30 giugno di quest’anno. L’Iers (International Earth Rotation Service), un organismo internazionale con sede a Parigi, ha annunciato nei giorni scorsi che i 70 orologi atomici che in tutto il mondo servono a calcolare il Tempo Universale Coordinato andranno sincronizzati con la rotazione della Terra.
Il 30 giugno verrà quindi aggiunto a quegli orologi un «secondo intercalare» (in inglese Leap Second ): quel giorno durerà quindi 86.401 secondi anziché 86.400. Questa «manutenzione straordinaria» è stata effettuata altre 25 volte dal 1972 ad oggi, nelle due date convenzionali del 30 giugno e del 31 dicembre. Si tratta, in pratica, di sincronizzare la misurazione del tempo data dagli orologi atomici (basata sull’oscillazione di un atomo di cesio) con l’orologio planetario, che si basa invece sulla rotazione della Terra intorno al Sole. Purtroppo la velocità della rotazione non è costante, influenzata com’è dai cambiamenti all’interno del nucleo planetario. La Terra, attualmente, perde due millesimi di secondo al giorno. Gli scienziati calcolano che il «ritardo» del nostro pianeta rispetto agli implacabili orologi atomici potrebbe essere di un’ora ogni mille anni: un ritardo che nessun essere vivente è in grado di percepire e che solo il progresso tecnologico degli ultimi decenni ha reso esattamente calcolabile.
Potrebbe considerarsi una semplice curiosità scientifica, se non fosse per gli effetti potenzialmente rischiosi di questa sincronizzazione, nel nostro presente super informatizzato. L’ultima volta, il 30 giugno 2012, molti computer andarono in tilt, bloccandosi per minuti e a volte addirittura per ore in quel secondo in più che non erano in grado di gestire e che li mandava «in crash», in attesa di ricevere nuove istruzioni. Vi furono allora molte «vittime illustri», tra cui LinkedIn e Mozilla. Il fatto è che sugli orologi atomici e sulla loro precisione si appoggiano i sistemi informatici di aeroporti, borse, agenzie spaziali (per le quali anche un miliardesimo di secondo è rilevante), motori di ricerca e piattaforme di vendita online. Non a caso Google ha cominciato ad aggiungere ai suoi computer ogni giorno una frazione di secondo in più, per arrivare al 30 giugno già sincronizzata.
Non mancano le critiche al metodo del Leap Second aggiunto e ai rischi che comporta. Stati Uniti, Francia, Germania e Italia vorrebbero dismetterlo, mentre la Gran Bretagna è la capofila dei paesi che intendono mantenerlo, forse anche per ragioni di bandiera: il mancato aggiornamento degli orologi atomici e il ritardo che si accumulerebbe renderebbe obsoleto il cosiddetto tempio medio di Greenwich (GMT), adottato nel 1847. Queste critiche sono decisamente poca cosa rispetto a quelle che accompagnarono, nel XVI secolo, la dismissione del calendario giuliano (che accumulava un ritardo di 11 minuti l’anno) e il passaggio al nuovo calendario detto gregoriano.
All’epoca le ragioni per una così drammatica decisione erano eminentemente religiose, legate al calcolo delle date della Pasqua e della Settimana Santa. Già nel 1267 Ruggero Bacone aveva avvertito che a causa delle imprecisioni del calendario giuliano prima o poi si sarebbe finiti per celebrare la Pasqua a Natale. Con la bolla Inter gravissimas del 24 febbraio 1582, papa Gregorio XIII riformò il calendario e decretò, con decisione rivoluzionaria, che il giorno successivo a giovedì 4 ottobre 1582 fosse venerdì 15 ottobre. Il mondo faceva un salto in avanti nel tempo di dieci giorni, recuperando d’un colpo il ritardo accumulato in 1.500 anni. I protestanti ci misero un bel po’ di tempo (più o meno un secolo e mezzo) per adottare il calendario gregoriano. La Russia ortodossa attese fino al 1918, e la Grecia addirittura il 1928.
Nei paesi cattolici vi furono rivolte al grido di «Ridateci i nostri dieci giorni!», mentre i protestanti urlavano «Ridateci i giorni che il papa e il demonio ci hanno rubato!». Tra le voci che giravano c’erano quella che la riforma del calendario avrebbe disorientato gli uccelli migratori, impedito la maturazione dei raccolti e persino causato turbamento nel moto dei corpi celesti. Altro che le paure d’oggi, per un solo secondo. Ma non sottovalutiamo questa frazione di tempo: ogni secondo sulla Terra nascono 4 bambini e 2 blog, muoiono 2 persone e vengono inviati 5700 tweet, mentre nello spazio nascono 3 supernove e 200 nuove stelle.
Quel che è certo è che il 30 giugno 2015, coi suoi 86.401 secondi anziché 86.400, sarà il giorno in cui converrebbe prendere ferie. Ammesso che si sappia cosa farsene, di quel secondo in più. E soprattutto - per parafrasare Woody Allen - sperando che in quel secondo non piova.