12 gennaio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - LA QUESTIONE SCHENGEN
REPUBBLICA.IT
Registrate in Turchia impronte di Hayat Boumedienne, donna in fuga "armata e pericolosa". Rafforzate misure di sicurezza a scuole ebraiche. Netanyahu visita negozio kosher: Eliseo gli aveva chiesto di non partecipare a marcia. Indagato l’umorista Dieudonne: aveva detto "io sono Charlie Coulibaly".
PARIGI - Il giorno dopo la grande manifestazione di solidarietà alla Francia sotto attacco da parte del terrorismo jihadista, continuano e si estendono le indagini sulla cellula di attentatori che il 7 gennaio scorso hanno attaccato la redazione del settimanale Charlie Hebdo facendo 12 vittime - 20 nel complesso i morti tra mercoledì e venerdì - e che due giorni dopo hannno tenuto per una giornata intera la Francia nel terrore fino ad essere intrappolati e uccisi dalle forze speciali. Amedy Coulibaly, autore della strage di quattro ostaggi ebrei nel negozio kosher di Parigi e prima di una poliziotta, "aveva senza alcun dubbio un complice". Ne è convinto il premier francese Manule Valls che ha annunciato come "la caccia continua": Nel giorno del massacro, il 9 gennaio, si era sospettato della compagna, Hayat Boumeddiene, che però si è poi accertato aver lasciato la Francia una settimana prima, il 2 ed essere dall’8 in Siria. Circostanza confermata ufficialmente oggi dalla Turchia, attraverso il cui confine la ragazza è transitata.
Escalation di azioni contro i musulmani. Ma il giorno dopo la grande marcia, dall’Osservatorio contro l’islamofobia del consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) emergono numeri inquietanti. Da mercoledì a oggi più di 50 atti anti-musulmani sono stati registrati in Francia. Nel dettagliol, secondo il presidente dell’Osservatorio, Abdallah Zekri, che cita dati del ministero dell’Interno, 21 sono azioni (come lanci di granate e spari) mentre 33 appartengono alla sfera delle minacce (lettere e insulti). In realtà si tratterebbe di un calcolo che è ancora parziale e su cui il leader musulmano si è detto "indignato".
Piano antiterrorismo. Parlando ai microfoni di Rmc e a BfmTv il primo ministro ha ribadito tutto il suo "orgoglio di essere francese" provato ieri durante la marcia contro il terrore. Ma, ha aggiunto, "bisogna rimanere in guardia, perché sappiamo che le minacce sono sempre presenti". Valls ha detto di voler migliorare il sistema di intercettazioni telefoniche, che deve essere "più efficace". Il piano antiterrorismo Vigipirate resta attivato al suo massimo grado di allerta.
Vigilanza scuole ebraiche. Intanto è stata rafforzata la vigilanza intorno alle scuole ebraiche del Paese, con il dispiegamento di cinquemila agenti. Tra le ipotesi è infatti emerso che l’obiettivo di Coulibaly - quando l’8 gennaio ha aperto il fuoco contro una vigilessa a Montrouge - avrebbe potuto essere un asilo ebraico nelle vicinanze. Lo avrebbe detto lui stesso a uno degli ostaggi del negozio kosher nelle lunghe ore di assedio.
Israele e l’irritazione dell’Eliseo. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che stamani si è recato in visita all’ipermercato kosher, si sarebbe autoinvitato alla manifestazione di Parigi contro il terrorismo, mentre la presidenza francese gli aveva chiesto di non partecipare: è quanto riporta la stampa dello Stato ebraico. L’Eliseo, irritato dall’insistenza - che sarebbe stata motivata dalla campagna elettorale in corso per le elezioni politiche anticipate in Israele del 17 marzo - avrebbe reagito invitando il presidente palestinese Abu Mazen. Secondo Haaretz, la mossa di Netanyahu ha fatto infuriare Francois Hollande che ha dimostrato la sua irritazione quando ieri sera alla cerimonia alla sinagoga di Parigi, il presidente si è platealmente alzato e se ne è andato quando Netanyahu ha iniziato a parlare. Non solo. Il Maariv ha sottolineato come mentre Hollande ha "accolto Abu Mazen con un caloroso abbraccio, ha riservato a Netanyahu una gelida stretta di mano".
IL LIVEBLO
Donna in fuga passata per Turchia. E mentre continuano le ricerche di Hayat Boumedienne, compagna di Coulibaly, la stampa di Ankara fa sapere che le forze di sicurezza turche hanno registrato le impronte digitali della donna quando è arrivata all’aeroporto di Istanbul il 2 gennaio scorso. La donna è arrivata in Turchia, proveniente da Madrid, ed è passata in Siria dal confine turco l’8 gennaio, ha confermato oggi il ministro degli esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu. Secondo Hurriyet la polizia turca dispone ora delle sue impronte digitali probabilmente registrate durante il controllo passaporti a Istanbul. Le impronte digitali figurano fra i dati personali contenuti nelle chip dei nuovi passaporti europei. Fonti anonime fonti della sicurezza turca citate da Hurriyet hanno detto di ritenere che la giovane francese di origine araba abbia raggiunto in Siria i miliziani dell’Isis, l’organizzazione terroristica jihadista in nome della quale suo marito Amedy Colibaly ha detto di avere agito. "E’ improbabile che torni in Turchia, anche sotto una falsa identità" hanno aggiunto: "oltre ad avere le sue impronte, ora conosciamo il suo volto". Secondo il quotidiano britannico The Times, Boumedienne sarebbe arrivata il 4 gennaio nella provincia di Saliurfa, sul confine turco con la Siria. Da Istanbul avrebbe chiamato 18 volte per telefono la Francia. L’ultimo segnale del suo cellulare sarebbe stato registrato in Turchia l’8 dicembre.
Istanbul, la complice di Coulibaly in aeroporto
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Apologia di terrorismo. Passano le ore, e il controverso umorista Dieudonnè, indagato per apologia di terrorismo dopo un messaggio Facebook in cui dice di sentirsi "Charlie Coulibaly", si difende in una lettera aperta al ministro Bernard Cazeneuve, diffusa sempre attraverso il social network. "Quando io mi esprimo, non si cerca di capirmi, non mi si vuole ascoltare. Si cerca un pretesto per vietarmi. Mi si considera come Coulibaly mentre non sono diverso da Charlie. Da un anno, sono trattato come il nemico pubblico numero 1, mentre cerco solo di far ridere, di far ridere della morte, perché la morte ride di noi, come Charlie sa", scrive ancora, accusando lo Stato francese di perseguitarlo "con tutti i mezzi. Linciaggio mediatico, divieti ai miei spettacoli, controlli fiscali, ufficiali giudiziari, perquisizioni, inchieste... Oltre ottanta procedure giudiziarie si sono abbattute su di me e la mia famiglia".
Monito della Chiesa. In Vaticano, nel frattempo, nel tradizionale discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, Papa Francesco ha detto: "Un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un Medio Oriente sfigurato e mutilato! Nel sollecitare la comunità internazionale a non essere indifferente davanti a tale situazione, auspico che i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza".
La grande marcia. Ieri è stato però anche il giorno in cui Parigi si è unita al resto del mondo per manifestare contro il terrorismo. Decine di leader mondiali si sono messi alla testa di due milioni di persone in marcia per commemorare e celebrare le vittime degli attentati terroristici della scorsa settimana. "Oggi, Parigi e’ la capitale del mondo", ha detto il presidente francese Hollande. Era la prima volta dopo la liberazione di Parigi nell’agosto del 1944 che così tante persone scendevano per le strade della capitale francese - il ministero degli Interni ha detto che erano troppe per contarle, ma la maggior parte delle stime parlano di 1,5 milioni/2 milioni. Si calcola che 4 milioni siano scesi in piazza in tutto il paese.
Chi non c’era. Ma tra i grandi del mondo un’assenza fa ora discutere: nessuna figura di spicco dagli Stati Uniti si è unita alla marcia. Sia il presidente Barack Obama che il vicepresidente Joe Biden erano nelle rispettive case a Washington e in Delaware senza impegni ufficiali, ricostruiscono i media americani, ma non hanno partecipato neanche alla manifestazione simbolica tenutasi in contemporanea a Washington con alla testa la presidente del Fmi, la francese Christine Lagarde, e l’ambasciatore Gérard Araud. Fonti dell’amministrazione Usa sentite dall’agenzia Bloomberg giustificano l’assenza con la volontà di non "rubare la scena" ai francesi facendo concentrare l’attenzione dei media su Obama.
REPUBBLICA.IT
ROMA - "Non c’è al momento nessun riscontro sulle minacce al Vaticano ma l’allerta è massima". A dirlo è il capo della Digos di Roma, Diego Parente, interpellato in merito alle notizie di un rischio di attentato terroristico in Vaticano. "Su quest’ultimo allarme non è stata trovata ancora conferma", ha detto.
Parente ha aggiunto che a Roma sono stati rafforzati i dispositivi di sicurezza al Ghetto e alla scuola ebraica: "I servizi sono stati rimodulati e potenziati davanti a tutti gli obiettivi sensibili". Tra gli obiettivi sensibili anche le ambasciate, monumenti, luoghi culto e redazioni di giornali e tv.
Anche Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha ribadito: "Giusto tenere alta l’attenzione, ma niente allarmismi".
Che non ci siano minacce concrete viene ribadito anche dal ministro dell’Interno Angelino Alfano: "A noi non risulta", ha detto il il titolare del Viminale a Radio 24, sottolineando che questa ipotesi è stata verificata anche attraverso "il sistema delle nostre relazioni con le altre autorità sicurezza". "Quello che risulta purtroppo evidente è che il Vaticano è stato più volte citato da colui che si è autoproclamato califfo" dello stato islamico. "Non sottovalutiamo nessun indizio - ha aggiunto Alfano - ma abbiamo fatto ulteriori verifiche".
"Non dobbiamo creare un eccesso di allarme - ha poi proseguito - ma dobbiamo dire con grande chiarezza che non siamo un paese a rischio zero". Sulla prevenzione e la sicurezza "abbiamo messo i nostri migliori uomini dell’intelligence e dell’antiterrorismo a valutare ogni indizio di possibili rischi".
Alfano, inoltre, sostiene che il trattato di Shengen sulla libera circolazione delle persone nell’Ue non vada modificato o limitato, a differenza del governatore della Lombardia Roberto Maroni che ne ha chiesto invece una "sospensione" in vista dell’Expo. Ma per il ministro dell’Interno l’obiettivo principale è quello di proteggere i confini esterni all’Europa, potenziando il sistema delle banche dati europee: "Stiamo cercando di avere l’ok dal Parlamento europeo per una direttiva che permetta di avere dalle compagnie aeree la registrazioni degli imbarcati sui singoli voli, e trattenerla per alcuni anni - ha aggiunto Alfano - Questa lista serve a sapere bene chi transita, chi esce, entra in Europa. Fin qui il Parlamento ci ha detto no per la privacy, noi crediamo si debba arrivare a un compromesso", ha concluso.
Una linea, quest’ultima, sostenuta anche dalla cancelliara tedesca Angela Merkel, secondo cui l’accordo di Schengen "non è in discussione": piuttosto è "importante" che attraverso Schengen "si scambino le informazioni" e "che la Germania possa fidarsi della sicurezza delle sue frontiere con una stretta collaborazione con i partner".
In riferimento ai fatti di Parigi e all’allerta terrorismo è intervenuto anche il garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro: "L’esperienza ci ha insegnato che una intrusione sistematica e indiscriminata nelle comunicazioni dei cittadini non risolve le difficoltà del contrasto al terrorismo. E non mi riferisco al Pnr proposto dai governi dell’Unione", ha detto nel corso di un’audizione davanti alla Commissione per i diritti e i doveri relativi a Internet. "Mi permetto in questa circostanza di sottolineare - ha continuato Soro- che nel rapporto tra sicurezza e privacy occorrerebbe avere sempre un atteggiamento coerente, nel rispetto del grande equilibrio che ispira la nostra Costituzione. E andrebbero evitate oscillazioni tra la recente planetaria indignazione per la scandalosa sorveglianza del Datagate e le pulsioni da più parti registrate in queste ore per una frettolosa compressione delle garanzie che il nostro ordinamento riserva per la protezione dei dati personali".
SARZANINI SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA Le linee guida sono stabilite, adesso toccherà all’Ue prendere una decisione. Ma non sarà semplice. Perché la possibilità di sospendere o quantomeno rivedere l’accordo di Schengen, ripristinando i controlli alle frontiere interne, divide i governi e rischia di vanificare il clima di grande condivisione che si respira dopo l’attacco dei terroristi islamici a Parigi. E invece per prevenire la minaccia di nuovi attacchi imminenti che i servizi segreti di mezzo mondo continuano a ritenere «altamente probabile», è necessario «rispondere con una sola voce», come viene ribadito al vertice dei ministri dell’Interno che si svolge nella capitale francese. E come accadrà da oggi in Italia con questori e prefetti chiamati dal capo della polizia Alessandro Pansa a riformulare la lista dei possibili obiettivi sulla base delle indicazioni fornite.
Misure urgenti
Sono tre le «misure» ritenute urgenti nella lotta internazionale al fondamentalismo: oltre al ripristino dei controlli al confini, c’è l’approvazione della direttiva Ue che obbliga le compagnie aeree a fornire tutti i dati sui passeggeri e un coinvolgimento dei gestori della Rete web per limitare la pubblicazione dei messaggi che incitano all’odio e soprattutto una vera campagna di controinformazione come sollecitato dal ministro dell’Interno spagnolo Jorge Fernández Díaz. Tutto questo passando per un Centro di analisi europeo.
Le liste passeggeri
L’accesso immediato al Pnr (Passenger name record) che l’Italia ha più volte sollecitato durante il semestre europeo ma che non è stato varato per una resistenza trasversale all’interno dei vari schieramenti politici legata alle possibili violazioni della privacy, sembra adesso mettere tutti d’accordo. Anche Germania, Francia e Spagna — oltre a Stati Uniti, Canada e Australia che già lo hanno reso obbligatorio — spingono perché si faccia in fretta. E già la prossima settimana, in un nuovo vertice che si svolgerà a Bruxelles, si potrebbe arrivare a un risultato concreto superando le perplessità sull’accesso ai dati sensibili. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano lo dice chiaramente: «Il punto di equilibrio tra privacy e sicurezza deve variare a seconda dei momenti storici che si attraversano. In questo momento storico occorre un nuovo punto di equilibrio. Il limite di 3 anni per la conservazione delle informazioni è un compromesso che può sbloccare la situazione». Schierato anche il francese Bernard Cazeneuve che lo definisce «uno strumento fondamentale» e la britannica Theresa May.
Controlli alle frontiere
Più complesso il nodo legato al trattato di Schengen con Francia e Spagna che spingono per una revisione degli accordi, mentre l’Italia si oppone con Alfano «perché si tratta di una grande conquista di libertà che non può essere regalata ai terroristi e dunque va bene rafforzare il sistema di informazione, ma senza arretrare» e il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni che parla di «regalo ai terroristi se si decidesse di limitare la libera circolazione». Ora comincia il lavoro di mediazione, su qualcosa certamente bisognerà cedere perché Parigi e Madrid appaiono unite nel chiedere quantomeno controlli «a campione» e pare difficile che Roma possa sganciarsi dalla linea comune che sta prevalendo. E infatti ha trovato ampio consenso la proposta di convocare riunioni ristrette «tecniche» e politiche in sede europea per esaminare le informazioni prima che avvengano gli eventi perché, spiega Alfano, «occorre scambiarsi opinioni, notizie, rappresentarsi il rischio reale che ognuno avverte nel proprio Paese».
Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it
TESAURO
ROMA Giuseppe Tesauro, 72 anni, è presidente emerito della Corte costituzionale. Davanti al nuovo allarme terrorismo, s’annuncia ora un giro di vite dei governi europei. Lei che dice, professore?
«Si è parlato tanto di un flop dei servizi segreti francesi perché le attenzioni sarebbero state insufficienti. Così, paradossalmente, in Francia il sistema delle garanzie ha funzionato più dei controlli…».
Forse è un primato che non ci possiamo più permettere, ai giorni nostri?
«Problema quasi impossibile da risolvere. Difficile stabilire la linea di confine tra quello che è necessario per i controlli e ciò che invece è superfluo. Perché comunque esiste la sfera privata delle persone. Ed è giusto applicare delle misure restrittive contro dei terroristi, ma non va neppure sottovalutato il diritto alla difesa. Il confine tra lecito e illecito è molto labile. Per questo è un mestiere difficile anche quello dei servizi segreti, si vedono costretti a ridurre le garanzie delle persone oggetto delle indagini».
E dunque direbbe no al giro di vite?
«No attenzione, io dico che alcuni sacrifici sono un male necessario. Alcune delle misure prese dopo l’11 settembre, per esempio, potevano essere poco rispettose dei diritti fondamentali. Però erano necessarie. Ma è giusto tenere conto sempre delle garanzie. Io e lei non ne avremmo nemmeno bisogno, ma le garanzie sono previste dal diritto proprio per i delinquenti».
Proprio per questo la Corte di Giustizia europea, nel 2008, annullò un regolamento restrittivo (per il caso del saudita Kadi) che l’Unione aveva recepito dal Consiglio di sicurezza dell’Onu.
«Già. E fece bene. Perché non ci può essere restrizione della sfera personale senza tutela giurisdizionale, senza che vengano assicurate le garanzie procedimentali. C’è un sospettato di terrorismo? Ebbene, vengano fatti tutti gli accertamenti su di lui, prima di prendere delle misure».
In gioco oggi sembrano esserci tante conquiste che parevano acquisite: Schengen, la privacy...
«Mah, io trovo assurdo pensare adesso di ripristinare le frontiere tra Italia e Francia. Posso capire l’idea di rafforzare i controlli alle frontiere esterne all’area Schengen, ma tornare indietro sui nostri passi, rimettere in discussione la libera circolazione delle persone, mi appare impossibile».
E l’idea di conservare per 3 anni a disposizione delle autorità i dati sensibili?
«Non dico no alle banche dati. Tre anni mi sembrano tra l’altro un tempo idoneo. Però è importante che ci sia un aggiornamento continuo degli elenchi, perché se uno ci finisce per sbaglio o per il sospetto infondato di uno Stato Y, è giusto che poi si venga cancellati».
In ultimo il sequestro preventivo del passaporto per fermare i viaggi di addestramento in Medio Oriente.
«Sono d’accordo. Purché si tratti di un periodo di tempo limitato e ci sia un procedimento di garanzia. Il soggetto cioè venga ascoltato, sentito. Ecco, solo così possiamo restare nell’alveo sacro del diritto» .
METTONO LORO LA CACCIA AL COMPLICE E LE VIGNETTE CHARLIE HEBDO