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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

“FIDEL È MORTO”. L’AVANA SMENTISCE

MIAMI.
Fidel Castro fa di nuovo impazzire i social network, e non solo. A Miami dall’altro ieri le redazioni dei giornali erano in stato d’emergenza nell’attesa che, da un momento all’altro, l’Avana diffondesse una dichiarazione di morte dell’anziano leader. In realtà tutto è iniziato dopo Capodanno, quando un blogger dissidente cubano, Yusnaby Pérez, 230mila follower su Twitter, s’è messo a scrivere dall’Avana che c’era qualcosa di strano nell’aria: «Quest’anno la mia vicina di casa non ha esposto la bandiera per l’anniversario della rivoluzione».
Poi, sul suo blog, Yusnabi ha aggiunto che, fatti due conti, era passato un anno dall’ultima volta che Fidel Castro era apparso in pubblico, visitando all’inizio di gennaio 2013 la galleria d’arte di un suo vecchio amico. Che erano passati sei mesi da quando aveva ricevuto in visita di cortesia nella sua casa di “Punto Cero” prima il presidente cinese Xi Jinping e poi quello russo Putin. Che l’ultima delle sue riflessioni era stata pubblicata dal Granma a ottobre. Che non aveva detto nulla sulla svolta nelle relazioni con l’America annunciata da suo fratello Raúl. E che, soprattutto, non aveva incontrato i famosi “Cuban Five”, “Los cincos heroes”. Quei cubani arrestati come spie che avevano trascorso quasi un paio di decenni nelle carceri Usa. I “Cuban Five” sono stati l’ultima grande battaglia antiamericana di Fidel Castro: per la loro liberazione s’era messo alla testa di decine di manifestazioni e non c’è piazza di Cuba senza un monumento agli eroi. Fin qui Yusnaby. Dopo è arrivato uno scrittore cubano in esilio con molta influenza fra gli anticastristi di Miami, Carlos Alberto Montaner. Su Twitter Montaner ha scritto che invece di celebrare l’anniversario della rivoluzione (primo gennaio) Raúl aveva visitato a Santiago il cimitero dove si trovano le spoglie del padre dell’indipendenza cubana José Martì. Insinuando che poteva essere andato a controllare un mausoleo costruito per Fidel.
Supposizioni e congetture che sono state però sufficienti a scatenare l’emergenza. Qualcuno si confondeva perfino con Fidel Castro Odinga, figlio 40enne del leader dell’opposizione kenyota, morto giorni fa. Finché un vecchio quotidiano dell’opposizione anticastrista in Florida, Diario de las Americas , non ha scritto che c’era una conferenza stampa venerdì mattina all’Avana per i corrispondenti stranieri, mentre altre fonti parlavano di una convocazione al ministero degli esteri per gli ambasciatori sull’isola. Insomma, un crescendo di psicosi collettiva sui social network che non ha più avuto freni. Molte ore dopo, è stato solo il capo della redazione dell’agenzia France Press all’Avana a riportare tutti con i piedi per terra con una semplice telefonata al centro per la stampa estera dove, molto sornioni, negavano di aver mai convocato una conferenza per dare notizie sulla salute di Castro. Infine, Alejandro Castro Espinos, figlio Raúl e nipote di Fidel, raggiunto in Grecia, ha affermato di aver visto lo zio due giorni fa e che questi era «in buona salute». Tanto è basato per azzerare ogni ipotesi di decesso.
Con quella di ieri è la quarta volta che Fidel viene dato per morto solo nel corso dell’ultimo anno. L’impenetrabile censura intorno alle sue reali condizioni contribuisce alla confusione. E come ai tempi dei cremlinologi, quando c’era l’Urss, ogni batter di ciglia viene decrittato come se di messaggi cifrati si trattasse. Ma non è sempre così.
Omero Ciai, la Repubblica 10/1/2015