Nicola Borzi, Plus24 – Il Sole 24 Ore 10/1/2015, 10 gennaio 2015
AI RICCHI IL MUTUO NON PIACE PIÙ
Tra gli italiani più ricchi il debito per finanziare l’acquisto del mattone ha perso molto appeal. Lo spiegano Silvia Magri e Raffaella Pico, del Servizio Stabilità finanziaria di Banca d’Italia, nella loro ricerca «Il mercato del credito alle famiglie dopo cinque anni di crisi: evidenze dall’indagine sui loro bilanci» pubblicata nella serie delle Questioni di economia e finanza di via Nazionale. «La percentuale di famiglie con un mutuo non è variata tra il 2008 e il 2012; si è tuttavia ridotta tra le famiglie a basso reddito, mentre è aumentata tra quelle del terzo quartile di reddito», scrivono Magri e Pico: «A questi andamenti hanno contribuito anche fattori di domanda, molto diminuita tra i nuclei con reddito più alto». Ma a subire gli effetti della crisi sono stati soprattutto i giovani: «La selettività degli intermediari è stata particolarmente elevata anche tra le famiglie giovani e ne spiega interamente il minor grado di indebitamento, poiché la loro domanda non ha registrato variazioni di rilievo». Lo studio spiega anche che le famiglie del ceto medio-alto rispetto alla classe di reddito più elevata «sono caratterizzate da una minor presenza di nuclei che fanno capo a lavoratori autonomi verso cui le banche sono state molto severe nella concessione dei prestiti». L’indagine di via Nazionale si concentra poi sul peso dei mutui : «Dal 2010 gli indicatori di sostenibilità del debito evidenziano un peggioramento, che per i mutui è concentrato tra le famiglie dei lavoratori autonomi e tra quelle del terzo quartile di reddito, per cui anche la frequenza dei ritardi nel rimborso è cresciuta», specie per i contratti accesi prima della crisi. Non a caso la capacità delle famiglie a far fronte alle rate, definite come “servizio del debito”, è peggiorata: «La quota di famiglie vulnerabili — con un’alta incidenza del servizio del debito sul reddito e un reddito inferiore a quello mediano — è aumentata dal 2010 (dal 2,3 al 2,9)», ma è simile al valore del 2008. Non mancano pericoli legati alle dinamiche dei tassi: «In un contesto di forte riduzione del reddito, questi andamenti sono stati resi possibili dai bassi tassi di interesse, ai minimi storici, dalle misure di sostegno ai mutuatari e dalla politiche di offerta più caute degli intermediari. Nel biennio 2014-15, in uno scenario che prevede il perdurare di bassi tassi e una ripresa della crescita nominale del reddito, la quota di famiglie vulnerabili varierebbe di poco», concludono le autrici.
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Nicola Borzi, Plus24 – Il Sole 24 Ore 10/1/2015