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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

AI RICCHI IL MUTUO NON PIACE PIÙ

Tra gli italiani più ricchi il debito per finanziare l’acquisto del mattone ha perso molto appeal. Lo spiegano Silvia Magri e Raffaella Pico, del Servizio Stabilità finanziaria di Banca d’Italia, nella loro ricerca «Il mercato del credito alle famiglie dopo cinque anni di crisi: evidenze dall’indagine sui loro bilanci» pubblicata nella serie delle Questioni di economia e finanza di via Nazionale. «La percentuale di famiglie con un mutuo non è variata tra il 2008 e il 2012; si è tuttavia ridotta tra le famiglie a basso reddito, mentre è aumentata tra quelle del terzo quartile di reddito», scrivono Magri e Pico: «A questi andamenti hanno contribuito anche fattori di domanda, molto diminuita tra i nuclei con reddito più alto». Ma a subire gli effetti della crisi sono stati soprattutto i giovani: «La selettività degli intermediari è stata particolarmente elevata anche tra le famiglie giovani e ne spiega interamente il minor grado di indebitamento, poiché la loro domanda non ha registrato variazioni di rilievo». Lo studio spiega anche che le famiglie del ceto medio-alto rispetto alla classe di reddito più elevata «sono caratterizzate da una minor presenza di nuclei che fanno capo a lavoratori autonomi verso cui le banche sono state molto severe nella concessione dei prestiti». L’indagine di via Nazionale si concentra poi sul peso dei mutui : «Dal 2010 gli indicatori di sostenibilità del debito evidenziano un peggioramento, che per i mutui è concentrato tra le famiglie dei lavoratori autonomi e tra quelle del terzo quartile di reddito, per cui anche la frequenza dei ritardi nel rimborso è cresciuta», specie per i contratti accesi prima della crisi. Non a caso la capacità delle famiglie a far fronte alle rate, definite come “servizio del debito”, è peggiorata: «La quota di famiglie vulnerabili — con un’alta incidenza del servizio del debito sul reddito e un reddito inferiore a quello mediano — è aumentata dal 2010 (dal 2,3 al 2,9)», ma è simile al valore del 2008. Non mancano pericoli legati alle dinamiche dei tassi: «In un contesto di forte riduzione del reddito, questi andamenti sono stati resi possibili dai bassi tassi di interesse, ai minimi storici, dalle misure di sostegno ai mutuatari e dalla politiche di offerta più caute degli intermediari. Nel biennio 2014-15, in uno scenario che prevede il perdurare di bassi tassi e una ripresa della crescita nominale del reddito, la quota di famiglie vulnerabili varierebbe di poco», concludono le autrici.
nicola.borzi@ilsole24ore.com
Nicola Borzi, Plus24 – Il Sole 24 Ore 10/1/2015