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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

PERISCOPIO

Su eBay l’ultima copia di Charlie Hebdo a 100 mila euro. La solidarietà non ha prezzo, per tutto il resto c’è Mastercard. MF.

Magari fosse vero che ne uccide più la penna che la spada. Jena. La Stampa.

Renzi non può più andare in tv a indignarsi come se fosse il capo dell’opposizione. È nella stanza dei bottoni, li schiacci. E se non funzionano, li sostituisca. Massimo Gramellini. La Stampa.

Uno degli scandali emersi dalla fogna romana è quello delle municipalizzate: in Italia le società pubbliche o miste sono 7.800 (e in continuo aumento), con 19 mila consiglieri di amministrazione e 300 mila addetti; per un terzo hanno i bilanci in rosso e ci costano 15 miliardi l’anno. Oltre a disboscare il carrozzone riducendo sigle e posti inutili, è troppo chiedere che gli amministratori vengano scelti per merito e curriculum, con concorsi nazionali a evidenza pubblica, e non fra i soliti compari dei politici? Marco Travaglio. Il Fatto.

Il vincolo del 3% nel rapporto deficit/pil è incompatibile con riforme vere. E le riforme senza soldi non si fanno. Il premier dovrebbe fare come Schröder, quando ottenne di sforare i parametri per tre anni. Oggi Renzi non se la sente; ma sono certo che, quando avrà avviato le riforme, lo farà. Fino ad allora, l’Italia non uscirà da recessione e deflazione. Carlo De Benedetti. Corsera.

(mfimage) Ma lei sa anche che l’eterna lotteria italiana per conquistarsi il voto antipolitico, alla quale lei, Cavaliere, ha partecipato ma da re, da unto del Signore, da protagonista assoluto sia dell’anti che della politica, è priva di ogni prospettiva, può distruggere ma non può costruire, è frutto del malanimo incrociato della peggiore sinistra e della peggiore destra, tutti abbiamo nostalgia di un Bossi (senza figli) e perfino di quei fascistoni rifatti che non sparavano le bellurie risibili di una Meloni e di un ’Gnaziu La Russa. Giuliano Ferrara. Il Foglio.

Sono cresciuta a Roma. Ho frequentato il Tasso. I miei compagni erano Citto Maselli, Carlo Bertelli, Lietta Tornabuoni. Ma io ero molto piccola, molto ragazzina. Fino a 16 anni non mi erano neanche cresciute le tette, tutte le mie amiche erano donne fatte, io ero magra come un chiodo e sembravo una bambina: m’imbarazzava molto. Per tutti ero l’amico Lucianina, al maschile. Luciana Castellina, co-fondatrice de Il Manifesto. Il Fatto.

Einaudi non era una casa editrice totalmente infeudata al Pci. C’era una parte liberal-azionista che pesava: Bobbio, Mila, Venturi ecc. Ma quella inchiesta di Fofi sull’immigrazione meridionale a Torino era un pugno sferrato in pieno volto alla città, dominata dalla Fiat. E poi, diciamo la verità, Giulio Einaudi (che considero un grande editore capace di circondarsi di collaboratori straordinari) non aveva una vera autonomia finanziaria. Dipendeva dalle banche (Raffaele Mattioli), dal Pci, da Giovanni Pirelli. Non aveva i soldi di Feltrinelli, da cui, in seguito, il libro di Fofi uscì». Piergiorgio Bellocchio, fondatore di Quaderni piacentini. La Repubblica (Antonio Gnoli).

È come pilota militare francese e capo squadriglia aerea che prendo contatto con la Germania sul finire della seconda guerra mondiale. Tutti i posti, anche i più pesanti, sono adesso tenuti da delle donne. Tragiche, ammirabili, molto spesso emozionanti e belle con i loro corpi indeboliti e i loro visi emaciati, esse sono la Germania. Quella che Hitler ci ha lasciato in eredità. Ogni donna tedesca ha ricevuto l’ordine di essere madre di famiglia, senza aspettare di avere i 16 anni. Perché quella era l’ossessione di Hitler: fare dei bambini per la Germania, la grande Germania di domani, dovere supremo. Questi milioni di «figli di Hitler» fatti da queste giovani tedesche non partiranno alla conquista del mondo come i legionari romani e come l’aveva sognato Hitler, adesso morto. Ma sono loro che saranno, e salveranno, la Germania. Jean-Jacques Servan-Schreiber, Passions. Fixot, 1991.

Nel ventesimo secolo, è la rivoluzione, non la democrazia, che fu la principale aspirazione delle élite politiche di avanguardia. Un’aspirazione condivisa da molti giovani che hanno voluto seguire l’esempio della guerriglia di Fidel Castro. Non è che negli ultimi decenni del ventesimo secolo le cose hanno cominciato a cambiare e che il liberalismo è stato riconosciuto come qualche cosa che non aveva niente a che vedere né con la sinistra marxista, né con l’estrema destra. Mario Vargas Llosa, scrittore. Le Monde.

Io, musicalmente, nasco dall’incontro con James Senese. La sua band, Napoli Centrale, nella quale entrai come bassista, fu la scintilla per iniziare a pensare cose diverse. Erano tempi di disagio e di denuncia. La musica aveva una funzione sociale che oggi non ha più, sfruttava la sua forza per veicolare un messaggio, stimolare il pensiero e gli stati d’animo, sfogare una rabbia. Pino Daniele, musicista. La Repubblica (Emilio Marrese).

È destino dei libertari trasformarsi in bacchettoni conservatori non appena conquistano il potere. Solo allora svelano la loro vera natura autoritaria. Si credono intoccabili. Si sentono l’Istituzione. Abbassi le maiuscole, presidentessa Laura Boldrini. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

In un Auchan deserto, questa mattina, sensazione di puro benessere. Io viaggio in mezzo all’abbondanza, tra corridoi di scaffali, senza consultare la mia lista degli acquisti, senza preoccupazioni d’orario, prendendo qua e là qualche cibo, come in un giardino. Annie Ernaux, La Vie extérieure. Folio.

Il marine non ha amici. È solo. Il suo problema è la morte. Sa che può morire in qualunque momento e che, della sua morte, non gliene frega niente a nessuno. Perciò a lui non frega niente della morte di nessuno. Se un marine tenta il suicidio ma lo salvano viene processato: uccidersi è un reato perché distruggi il tuo corpo, che non è tuo ma dello stato. Ferdinando Camon recensendo il libro di David Tell Io sono un’arma (Longanesi). La Stampa.

Al pomeriggio per la strada di Santarcangelo di Romagna, quando Tonino Guerra era piccolo, c’era la donna che vendeva le pere cotte, unte di caramello, tenendole in un padellone in bilico sulla testa. Il piccolo Guerra ne andava ghiotto e quell’immagine di donna lo accompagnerà sempre. Rita Giannini, Tonino Guerra. Veronelli editore.

Com’è bello negarsi alle donne che, dopo avermi detto di no, oggi mi direbbero di sì. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/1/2015