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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

SOLO DEI COGLIONI, OSSERVA (CON TIPICO FAIR PLAY, FT, IL GIORNALE DELL’ARISTOCRAZIA INGLESE DEI DANÈ), POSSONO SFIDARE I FANATICI

Poco male, finché è il blog di Beppe Grillo a sentire «puzza di bruciato», e a dire che «nell’attentato di Parigi» contro la redazione di Charlie-Hebdo «i conti non tornano». Se a questi cervelloni, con le loro teorie sulle scie chimiche e sui vaccini, non tornano i conti, be’, vuol dire che ce ne faremo una ragione (prima due risate, poi una ragione). Ma anche il Financial Times sente puzza di bruciato, come dopo una messa nera. Siamo sicuri, dice il giornale inglese, che i dannati mangiarane ce la raccontino giusta?
Anzi, più che sentire odore di zolfo nell’aria, il Financial Times sente odore di sacrosanta vendetta. Soltanto un manipolo di giornalisti e vignettisti irresponsabili può indulgere a un umorismo così blasfemo e di cattivo gusto, scrive il FT. Solo dei coglioni, aggiunge con tipico fair play il giornale dell’aristocrazia inglese dei dané, possono sfidare i fanatici religiosi e lagnarsi se poi finiscono a terra, in una pozza di sangue, falciati da una scarica di kalashnikov. Sono morti ammazzati, e i loro assassini sono brutta gente, ma i criminali avevano le loro, ragioni e le vittime in fondo se la sono cercata. Così ha parlato il Financial Times. E non perché creda nell’esistenza delle sirene, come i seguaci del Profeta genovese, ma perché le anime belle della City londinese portano rispetto ai finanzieri arabi (alcuni dei quali hanno magari delle partecipazioni negl’imperi editoriali) e al loro Profeta preistorico. Niente di religioso, sono affari.
Anche il giornalismo italiano ha le sue cadute. Mentre il Giornale picchia duro, come sempre, sul fondamentalismo islamista, ma lo fa con accenti da osteria, e mentre (qualche spanna più sopra) le prime dieci pagine del Corriere di giovedì sono da collezione, non un accento di troppo, nemmeno l’ombra d’una caduta retorica, spicca per naturale prudenza il frou frou cerchiobottista della rassegna di titoli e vignette di Charlie-Hebdo apparsa su Repubblica, dove sono più le battute sul Papa che quelle su Maometto e su al Baghdadi.
A sparare, d’accordo, sono stati due estremisti islamici al grido di Allahu Akbar, ma se il mondo, invece di zig, avesse fatto zag, dice il giornalismo chic, al posto di Saïd e Chérif Kouachi avrebbero potuto benissimo esserci due fondamentalisti cristiani, o due leghisti, se non addirittura (perché no?) due boy scout fiorentini. Quindi dobbiamo combattere il nostro estremismo, il fondamentalismo dentro di noi, prima che il fondamentalismo e l’estremismo altrui. Metà delle opinioni giornalistiche apparse ieri sulla stampa italiana illustravano questa morale senza favola; l’altra metà se la prendeva con le oscure potenze che tirano i fili di questa «ambigua e inquietante storia», ancora «tutta da valutare».
A La7, poi, giovedì mattina, c’è stata un’incredibile puntata di Omnibus, il talk show per i politici e i telespettatori più mattinieri: la conduttrice, incavolata nera perché il dibattito girava male, in senso meno buonista e politically correct di quanto piacesse a lei, toglieva la parola, ringhiando, a tutti gli ospiti de destra.
Stiamo sfiorando la catastrofe culturale. Attonite, le persone di media intelligenza si scoprono ad annuire — vergognandosi come nei sogni, quando ci si ritrova nudi sul tram — ascoltando le tirate di Matteo Salvini, uno di quei politici ai quali non direbbero l’ora, caso mai gliela chiedessero, altro che incoraggiarli con un voto. Se capita questo in Italia, dove per ora nessuno è morto, e con i talenti satirici ex e post che ci ritroviamo, di certo non ci saranno stragi, figuratevi cosa sta capitando in Francia. Al prossimo giro, Michel Houellebecq (che oggi pubblica Sottomissione, Bompiani 2015, un’antiutopia su una Francia del 2020 completamente islamizzata) dovrà scrivere un romanzo su una Francia del 2018 del tutto e definitivamente lepenizzata.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 10/1/2015