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 2015  gennaio 12 Lunedì calendario

L’ONDA LUNGA DEL DOLLARO FORTE

Nel mese di dicembre l’Euro ha perso il 5% nei confronti del dollaro. All’inizio dell’estate scorsa era a 1,4, ora è sceso attorno a 1,2. Euro e dollaro sono le monete delle due più grandi potenze economiche mondiali. Il cambio che le lega è soggetto a oscillazioni rapide e profonde anche perché le autorità europee e quelle americane attivano le proprie politiche monetarie principalmente per motivi di ordine economico interno, con poco riguardo ai riflessi di esse sul cambio. Ma il rapporto euro-dollaro è influenzato anche da avvenimenti politici e strategici di primaria importanza. C’è la crisi ucraina, che minaccia direttamente l’Europa. Ma anche il prezzo del petrolio è uno dei protagonisti permanenti di questa storia. Il ritorno degli Stati Uniti come grande produttore di petrolio estratto con il nuovo metodo della fratturazione conferisce forza al dollaro. Le reazioni dell’Arabia Saudita, che non vuole perdere quote di mercato e aumenta le vendite facendo cadere i prezzi, mettono in difficoltà Russia e Venezuela, che hanno il petrolio come principale componente delle esportazioni, ma non bastano a ridurre la forza che la nuova produzione di petrolio conferisce al dollaro. Le reazioni dell’Arabia Saudita, che non vuole perdere quote di mercato e aumenta le vendite facendo cadere i prezzi riescono a mettere in difficoltà paesi come Russia e Venezuela, ma non bastano a ridurre la forza che la nuova produzione di petrolio conferisce al dollaro. Dopo la crisi ucraina, la variabile più importante è l’andamento assai differente delle economie della zona Euro e di quella statunitense. L’Eurozona cade ufficialmente in deflazione e questo fa aumentare le aspettative di un intervento massiccio da parte della Bce, che potrebbe addirittura iniziare a comprare titoli dal mercato, inclusi i titoli di stato, mentre finora ha rifinanziato le banche della zona Euro, come prevede il suo statuto. La parte meno informata del mercato finanziario continua a credere che, allo stesso tempo, la Federal Reserve comincerà una manovra restrittiva, per tornare a metodi più ortodossi della gestione della politica monetaria. Si può tuttavia dubitare del realismo di entrambe queste ipotesi. Innanzitutto, perché non si sono affatto arresi quelli che, in Germania, osteggiano una manovra di acquisto massiccio di titoli da parte della Bce. Ma anche perché un cambiamento radicale della politica monetaria americana in senso restrittivo trova negli Usa parecchi che lo osteggiano. Il rafforzamento cospicuo e rapido del dollaro gioca a favore di un mantenimento dello status quo in entrambe le aree. Il dollaro forte, infatti, favorisce le spese americane all’estero e scoraggia le esportazioni dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo l’euro debole incoraggia le esportazioni europee verso gli Stati Uniti e rende meno pressanti le istanze di coloro che nei paesi deboli reclamano un deciso intervento espansivo da parte della Bce. Attorno al cruciale cambio eurodollaro si pongono, nell’anno che si apre, anche i dilemmi dei cambi di paesi come Gran Bretagna, Giappone e Cina. Nella parte più esterna del cerchio al cui centro è il cambio tra euro e dollaro, ci sono infine le valute dei paesi emergenti, fortemente influenzati dai movimenti di capitali a breve che originano nei paesi finanziariamente più importanti. Un rafforzamento del dollaro spesso fa da supporto anche alla sterlina. Ma nel 2015 si svolgeranno in Gran Bretagna cruciali elezioni politiche, animate dal nuovo partito isolazionista Ukip, che rischia di minacciare seriamente la maggioranza dei conservatori e spingerli ad azioni estremistiche contro l’Europa. La parte più aperta alle transazioni internazionali dell’economia britannica ha manifestato la propria preoccupazione per queste tendenze isolazionistiche, che minacciano seriamente il ruolo assunto da Londra di piazza finanziaria di tutta l’Europa. In vista di tutti questi elementi, la sterlina è crollata contro l’Euro mentre il dollaro cresceva. Nella minaccia di un referendum incerto, ma forse anche per evitarlo, chi ha sterline le vende. Una cruciale coppia di monete è poi certamente quella costituita da Yen e Yuan-Renmimbi. Nel corso dell’anno il raffreddamento dell’economia cinese e il tentativo di cambiamento del modello di sviluppo dell’economia hanno causato la riduzione delle importazioni di materie prime e beni di investimento. Essa spiega in buona parte la debolezza recente dei prezzi delle materie prime e delle monete dei paesi che le producono. Il cambio di rotta economica da parte cinese induce una riduzione del ritmo di crescita anche nei paesi che forniscono beni industriali e investimenti privati alla Cina. Quindi, nell’area, innanzitutto il Giappone, ma anche la Corea del Sud e Taiwan. La diminuzione della domanda cinese spiega il moderato successo della forte svalutazione dello Yen voluta da Shinzo Abe, che invece è stata più efficace verso altre aree. Concludendo, da una situazione politica internazionale in deterioramento possiamo aspettarci il rafforzamento del dollaro per il cosiddetto ’effetto porto sicuro’. Ma è anche bene ricordare, guardando al grafico dell’intera vita del cambio euro-dollaro, che il livello attuale è stato raggiunto altre volte, incluso il 1999, quando fu introdotto l’Euro, anche se l’avvio della sua circolazione avvenne nel 2002. Tutti ricordano la fase di estrema debolezza che seguì l’inaugurazione della moneta europea, quando il cambio toccò lo 0,8 verso il dollaro. Allora il malato d’Europa era la Germania e la si poteva curare solo con l’Euro ultra debole. L’inizio della circolazione delle banconote Euro coincise con una decisa risalita del cambio, che culminò nell’1,59 toccato ad aprile del 2008. Essa si spiega in buona parte con la straordinaria politica monetaria espansiva americana di quegli anni, giustificata prima dalla recessione dopo la bolla Ict e dall’attacco dell’11 settembre, poi dalla guerra contro l’Iraq. Lo scoppio della bolla immobiliare- creditizia americana del 2008 e la recessione mondiale spiegano l’andamento successivo del cambio, che alterna fasi di rialzo e ribasso rapide e profonde. Le politiche monetarie non ortodosse americane ed europee spiegano le montagne russe del cambio. Ma la non ortodossia europea è moderata dalla difficoltà di far fronte all’attacco, degno di Martin Lutero, dell’intera nazione tedesca contro l’espansione monetaria che la congiuntura europea disperatamente richiede.
Marcello De Cecco, Affari&Finanza – la Repubblica 12/1/2015