Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 11 Domenica calendario

DALLE SCOMMESSE A UN POSTO IN TRIBUNA IL RITORNO DI MASIELLO “ERO UNO DEI TANTI”

Tre anni e otto mesi dopo quella diagonale sgangherata, quella scivolata, e l’autogol della vergogna nel derby del suo Bari contro il Lecce. Venti mesi dopo le manette, l’ingresso in carcere, e poi quella lunga confessione davanti ai magistrati pugliesi, Andrea Masiello è tornato dove tutto era cominciato: un campo di calcio, meglio la fascia destra di un campo di calcio. Tra quindici giorni scadrà la sua lunga squalifica per lo scandalo calcioscommesse, già da qualche ora è aggregato ufficialmente alla sua squadra, l’Atalanta, che non ha mai voluto rescindere il contratto. Oggi Masiello sarà in tribuna a vedere i suoi compagni giocare contro il Chievo. Mentre da domani sarà a tutti gli effetti a disposizione di mister Colantuono. «Scusate, ho sbagliato. Ma ora vorrei farvi vedere quanto valgo» spiega oggi, chiedendo pazienza e comprensione ai tifosi della sua squadra che tre anni fa lo accolsero come il “Thuram Bianco” e che oggi - basta fare un giro sui social - come molti altri tifosi italiani lo chiamano «Masiello l’infame».
Perché suo malgrado Masiello è diventato il simbolo dello scandalo al contrario del calcioscommesse italiano: l’unico ad aver collaborato, l’unico di fatto ad aver pagato. «Chi ha sbagliato come lui, chi ha negato anche l’evidenza, non è mai uscito dal campo, ha sempre continuato a giocare come se nulla fosse accaduto. Andrea invece...» osserva, sconsolato ma convinto di aver fatto «l’unica cosa possibile», il suo avvocato, Salvatore Pino. Anche perché se la farsa della giustizia sportiva è ormai andata, quella penale ha appena cominciato a fare il suo corso.
I fatti sono noti: quando era al Bari, Masiello prese dei soldi per “aggiustare” alcune partite, in particolare il derby con il Lecce. Conobbe, lui come altri, gli “Zingari”, il gruppo di scommettitori slavi che lo pagarono per la gara contro il Palermo per poi costringerlo a restituire il denaro, perché la partita era andata male. Toccato dalle indagini a Cremona, divenne il centro poi dell’inchiesta barese. Fu arrestato, ha confessato e patteggiato un anno e dieci mesi di pena restituendo anche i soldi incassati, che serviranno per realizzare un campetto per i bambini. «La sua confessione è stata piena» dicono oggi i magistrati, perché Masiello ha raccontato tutti i particolari su una serie di gare del Bari in A e in B. È stato ritenuto un testimone affidabilissimo dalla magistratura penale, ma non da quella sportiva. Ed è qui tutto il cortocircuito dello scandalo. Per dire: Masiello ha raccontato di quella volta che arrivarono i soldi prima della gara con la Salernitana. In quello spogliatoio c’erano fior di giocatori: da Gillet a Stellini. C’era anche Francesco Caputo, che ha sempre negato. Ora Caputo, che ha scontato una squalifica sportiva, è il capitano del Bari. Masiello invece a Bari non ci può tornare, «perché è meglio che non torna» spiegano i tifosi senza troppe mezze parole.
«Ho la coscienza pulita» ha raccontato in questi giorni il ragazzo alle persone a lui vicine, non nascondendo la paura di quello che potrebbe accadere su alcuni campi. «Voglio chiedere scusa all’Atalanta. Ho creato un danno, lo so. Sia alla società che ai tifosi. Adesso posso solo mettere tutta la mia carica positiva in campo per ripagare la fiducia che mi fu data tre anni fa e che spero mi sia data ora. Anche per questo ho accettato questo percorso fuori dal calcio, con don Resmini» ha spiegato, come per giustificarsi. «Io non ero il centro dello scandalo, ma soltanto uno dei meccanismi. Uno dei tanti. Vengo visto come quello che architettava tutto, ma non è vero. La gente pensa che ho fatto i milioni di euro, ma non è così. Lo posso assicurare. Quello che ho sbagliato ho ammesso, la mia coscienza è tranquilla e pulita». Ora è pronto ad andare nelle scuole, coinvolto nei progetti di legalità. «Perché il calcio non è diverso dalla vita. Bisogna avere il coraggio delle proprie responsabilità, anche dei propri errori. Denunciare non è facile, tante le porte che trovi chiuse. E io non me la sono sentita. Ma ho sbagliato. Ora non vorrei farlo più e proseguire sulla strada che ho sempre percorso». Largo. A destra.
Giuliano Foschini, la Repubblica 11/1/2015