Sergio Romano, Corriere della Sera 10/1/2015, 10 gennaio 2015
È leggenda o storia che Gorbaciov avesse acconsentito alla riunificazione della Germania purché la Nato non spostasse i suoi confini più a Est, come invece poi ha fatto? Luigi Bacchiani Gaudia gaudiapo@gmail
È leggenda o storia che Gorbaciov avesse acconsentito alla riunificazione della Germania purché la Nato non spostasse i suoi confini più a Est, come invece poi ha fatto? Luigi Bacchiani Gaudia gaudiapo@gmail.com Caro Bacchiani Gaudia, D urante l’incontro al vertice di Malta nel dicembre 1989, George H. W. Bush e Michail Gorbaciov presero un impegno formale: l’Unione Sovietica non avrebbe fatto uso della forza in Europa e gli Stati Uniti non avrebbero cercato di trarre vantaggio dalle vicende politiche dei Paesi che avevano fatto parte del blocco sovietico. Più tardi, durante i negoziati «due più quattro» (le due Germanie e le quattro potenze occupanti) che accompagnarono il processo della riunificazione tedesca, fu deciso che il territorio della Germania comunista, dopo l’unificazione tedesca, avrebbe fatto parte della Nato, ma non avrebbe ospitato truppe straniere. Nel corso dei loro colloqui con Gorbaciov e altri esponenti della dirigenza sovietica, Bush sr. e il suo segretario di Stato James Baker andarono oltre. Nel febbraio del 1990 Baker, in particolare, promise formalmente a Gorbaciov che le truppe della Nato, se l’Urss non si fosse opposta all’ingresso della Germania unificata nella organizzazione militare alleata, non si sarebbero mosse di un pollice verso oriente. Quella dichiarazione, come altre dello stesso tenore, non era formalmente iscritta in un trattato internazionale, ma era pur sempre la promessa di una grande potenza a una grande potenza. Che quella fosse allora la posizione degli Stati Uniti è indirettamente confermato dal fatto che Bush senior cercò di evitare, con un appello agli ucraini, la disintegrazione dell’Unione Sovietica ed evitò di sostenere, nei suoi rapporti con Mosca, che la Guerra fredda era stata vinta dal suo Paese. Era convinto che l’intesa con i russi fosse indispensabile per la costruzione di un nuovo ordine europeo. L’atteggiamento americano cominciò a cambiare durante la presidenza di Bill Clinton. I neo-conservatori americani sostenevano che la Guerra fredda era stata vinta dall’America e che a Washington spettava quindi il compito di organizzare l’Europa secondo criteri americani. Gli ex satelliti dell’Urss sostenevano che soltanto l’ingresso nella Nato li avrebbe protetti da future minacce russe. Le loro lobby nazionali nella società americana (quella polacca in particolare) premevano sui loro rappresentanti al Congresso perché la richiesta venisse esaudita. Clinton, nel 1999, cedette aprendo le porte dell’organizzazione a Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria; mentre il secondo Bush andò oltre prospettando addirittura la possibilità che della Nato facessero parte anche Paesi che erano stati sovietici, come la Georgia e l’Ucraina. Era opportuno affidare alla Nato (l’organizzazione della Guerra fredda) il compito di garantire la sicurezza dell’intero continente? Vi fu un tentativo a Pratica di Mare, nel maggio 2002, di trasformare l’Alleanza politico-militare diretta dagli Stati Uniti in una organizzazione per la sicurezza collettiva dell’intero continente. Ma fu soltanto un sogno di primavera che non impedì alla Nato di continuare a progettare nuove espansioni verso est. Possiamo parlare delle vicende ucraine come di una crisi imprevedibile?