Irene Soave, Corriere della Sera 10/1/2015, 10 gennaio 2015
Una mamma ossessionata dalla purezza, che svezza il figlio a semi, avocado e legumi facendogli rischiare la vita
Una mamma ossessionata dalla purezza, che svezza il figlio a semi, avocado e legumi facendogli rischiare la vita. È il cliché-spauracchio della «mamma vegan»: nel migliore dei casi una un po’ fissata, nel peggiore pericolosa. Ed è il ritratto interpretato da Alba Rohrwacher di Mina, protagonista di Hungry Hearts, il film di Saverio Costanzo (due Coppe Volpi a Venezia, al cinema il 15 gennaio) che racconta il disfarsi di una coppia attorno alle manie di lei, vegana integralista. E invece — al netto di quella che gli esperti definiscono «ortoressia», cioè ossessione per il cibo «pulito» — la scelta di crescere figli vegani già dallo svezzamento è considerata sempre più praticabile. Dalle mamme: lo 0,6% di italiani che si dicono vegani all’Eurispes (e 6,5% vegetariani) sembreranno pochi, ma sono raddoppiati dal 2011, facendo quindi un piccolo boom. E dagli esperti: «Nell’ultimo anno mi hanno invitato a vari convegni di pediatri per parlare di dieta a base vegetale nel bambino», spiega Luciano Proietti, che dal 1975 studia l’alimentazione vegetariana nel bambino al centro di auxologia pediatrica dell’Università di Torino. «Questo interesse prima era scarso: in Italia noi “pediatri veg” siamo sei, l’industria ci boicotta. Così i miei colleghi non sanno rispondere a una richiesta sempre più vasta di regimi alternativi per i più piccoli». Richiesta che in Italia è affidata al passaparola delle autodidatte — il riferimento per schemi nutrizionali, ricette, ma soprattutto contatti di pediatri aperti al tema è, per quasi tutti, GenitoriVeg.com — e a una rete per ora scarna di riferimenti istituzionali, su tutti l’Ambulatorio pediatrico vegetariano di Verona, il primo in Italia, fondato nel 2010; ma che la comunità scientifica sembra avallare, se la posizione ufficiale dell’American Dietetic Association è, oggi, che «le diete vegetariane e vegane ben pianificate sono appropriate anche per gravidanza, allattamento, infanzia e adolescenza». Vari studi, spiega Luciana Baroni, presidente della Società scientifica di nutrizione vegetariana, mostrano che «se la pubertà degli onnivori può essere precoce, quella dei bambini veg è in genere fisiologica, con i primi segni attorno ai 10 anni. E le raccomandazioni di sanità pubblica in Svizzera correlano troppe proteine nell’infanzia a obesità e pubertà precoce. Oltre allo sviluppo delle mammelle anche a meno di un anno, grazie agli ormoni presenti nella carne». «Io ho lottato per la pappa veg al nido, cambiato due ginecologhe e tre pediatri», racconta Elisa Moretti, fiorentina, mamma di Valerio, 3 anni. «I medici ti sgridano, ma poi danno pareri “da suocera”: gli mancherà il ferro, dicono, quando noi vegani passiamo la vita a leggere tabelle sostitutive e sappiamo integrarlo, ad esempio, con vegetali a foglia verde. O la vitamina D, o la B-12 (presenti solo in alimenti di origine animale, ndr). Ma ci sono gli integratori per questo». Senza contare che «la B-12 — è il coro che si alza nei forum sul tema — la carne non la contiene in natura, ma solo perché i mangimi ne sono addizionati». Stessa levata di scudi per le analisi del sangue: i bimbi vegani dovrebbero farne di più, per prudenza, ma «perché mio figlio sì e quelli che mangiano merendine no?». «Incontro spesso questo tono ideologizzato», lamenta Proietti: «le mamme sono granitiche perché la società non ne facilita le scelte. E così si chiudono; come nel film di Costanzo, che andrò a vedere. E invece bisogna sempre avere un esperto accanto che conosca le regole. Quando introdurre le fibre, che esami fare... È importante non fare da soli».