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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

L’ORO NERO SPINGE CARACAS SULL’ORLO DEL BARATRO


Il Venezuela ha enormi riserve di petrolio, pari a 300 miliardi di barili (più dell’Arabia Saudita). Con una popolazione di 30 milioni di abitanti, significa che ogni venezuelano possiede una «ricchezza alla nascita» pari a 10 mila barili di petrolio. Tradotto in dollari alle attuali quotazioni, significa quasi mezzo milione a testa (oltre 422 mila euro). Eppure il paese è sull’orlo del default. Causa prezzo del greggio, dimezzato rispetto a un anno fa. Ma anche frutto avvelenato della rivoluzione bolivariana avviata dal defunto Hugo Chavez, che ha distrutto l’economia del paese.
La Pdvsa, società petrolifera statale ha licenziato tutti i suoi migliori tecnici per sostituirli con sostenitori della revolución, ed è oggi sull’orlo del fallimento. Ha obbligazioni in scadenza di qui al 2017 pari a 15,6 miliardi di euro, che non si sa se riuscirà a onorare. Il pareggio nei conti della compagnia era stato fissato con un prezzo del barile a 100 dollari. Il 6 gennaio, però, il greggio venezuelano era quotato appena 46 dollari: il «buco» nei bilanci della Pdvsa si allarga. Nel paese il cambio della valuta in nero è fuori controllo. Il dollaro vale il 2000 per cento in più rispetto alle quotazioni ufficiali. Le riserve della Banca Centrale sono quasi a zero, l’inflazione galoppa (quella ufficiale è al 70 per cento) mentre nei supermercati manca di tutto.
La gelateria Coromoto di Merida, finita nel Guinness dei primati perché è quella che offre più varietà di gusti al mondo (ben 863), ha dovuto chiudere per «mancanza di latte». Una situazione disperata a tal punto che il presidente Nicolás Maduro ha iniziato un tour straordinario per chiedere aiuti d’emergenza. Prima al Brasile, poi alla Cina e, infine, ai paesi Opec, con l’obiettivo di convincerli a tagliare la produzione di greggio per far risalire il prezzo del barile. Conditio sine qua non per evitare il fallimento del Venezuela bolivariano.
(Paolo Manzo)