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 2015  gennaio 09 Venerdì calendario

UN VESCOVO AFFARISTA MALDESTRO

Doveva essere un anno tranquillo per sua eccellenza Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova. In aprile, il presule, vescovo a Padova dal 1989, compirà 75 anni e, come prevedono le norme episcopali, rimetterà il mandato. A rendergli il 2015 piuttosto agro è il Corriere Veneto, dorso regionale del Corsera, che sabato scorso ha messo in pagina un’inchiesta vera e propria sui beni della chiesa patavina.
Una visura camerale dietro l’altra, il giornale ha ricostruito il reticolo di società, associazioni, enti che detengono patrimonio e sostanze della diocesi. Somma, riporta, integra, sono usciti 862 fabbricati e 1.162 terreni che rendono oggi comprensibile come lo stesso Mattiazzo avesse fatto sapere, tramite il giornale della Curia, lo storico La Difesa del Popolo, d’aver pagato nel 2011 ben 600mila euro di Ici. Erano i giorni caldi delle polemiche sulle esenzioni ai beni ecclesiastici e dalla curia si fece sapere che, per i beni non esenti, si pagava eccome.
L’inchiesta ha destato a Padova un certo scalpore, non tanto e non solo per la consistenza di questo grande patrimonio, eredità di secoli di pietà cristiana nella Città del Santo, ma per gli assetti di alcune società controllate dalla stessa curia o dai suoi enti. Il CorrVeneto ha scoperto, per esempio, che diocesi e Opera nostra signora di Lourdes, ente gestore di una casa vacanze ad Asiago (Vi), controllano assieme la società finanziaria Difim Srl, che a sua volta ha investito in una società attiva nel campo delle energie rinnovabili, la Dedalo Esco spa di Bergamo, la quale detiene partecipazioni persino in Bulgaria.
E un certo sbigottimento l’ha suscitato la notizia che molte delle attività finanziarie e imprenditoriali in cui gli uomini del vescovo si sono impegnati sono in perdita. Va male, malissimo l’editoria. Nel 2013, l’editore de La Difesa, ossia l’Euganea editoriale, controllato da diocesi, seminario e Opera della Provvidenza S. Antonio-Opsa, ha registrato una perdita di 446mila euro, mentre Gestione telecomunicazioni, l’editore dell’emittente televisiva Telechiara, ha evidenziato un passivo di 421mila. Più di un fedele ha poi storto il naso nel sapere che il vescovado aveva investito anche in più società immobiliari: lo ha fatto tramite la già citata Opsa che ha partecipazioni nella Al Prà srl, nella Ideal Tre srl e nella Case e Case srl. Benedetto mattone!
Il problema è che la prima di queste immobiliari, la Al Prà, appunto, che secondo il CorrVeneto sta costruendo un agriturismo, con piscina e ristorante a Trebaseleghe (Pd), ha tra i soci alcuni noti politici locali: da Clodovaldo Ruffato (Ncd), presidente del consiglio regionale, a Loredana Borghesan, sindaco leghista a Montagnana (Pd), a Sandro Benato, presidente del consiglio comunale di Vigonza (Pd), in quota Forza Italia. Tutti, politici e vescovo, soci di un signore che fa l’imprenditore in Camerun. Il punto è che gli affari non vanno benissimo visto che, nel 2013, la società ha perso oltre 60mila euro. E, sempre nell’immobiliare, sono andati maluccio gli affari della Hub srl, società che gestisce un albergo alle porte di Cortina, ricavato dalla riconversione di una ex-colonia diocesana: due anni fa la curia dovette ripianare un disavanzo di 157.144 euro.
Nell’elenco stilato dal giornale manca il riferimento alla azienda agricola La Costagliola, nel Padovano, per la cui ristrutturazione la curia spese circa un milione di euro pochi anni fa, affidando il tutto alla cooperativa sociale El Tamiso, che ha annunciato recentemente la chiusura per le ingenti perdite. Per i fedeli l’artefice della complessa architettura economico-finanziaria di monsignor vescovo ha un nome: si tratta dell’ex-economo, don Rino Pittarello, padovano, classe 1947, proveniente dalla dinastia dei noti commercianti di scarpe. Don Rino resta ancora a capo della finanziaria Difim ma, fino al novembre del 2013, era appunto l’uomo cui monsignor Mattiazzo si affidava per tutte le scelte economiche diocesane. Inviso ai preti di periferia per via del suv Bmw nero con cui si sposta, incurante del fatto che Papa Francesco prediliga le cilindrate più basse, il sacerdote non è però intervenuto nella polemica. Così come ha taciuto il vescovo.
L’unico a parlare è stato don Albino Bizzotto, il prete-pacifista, recentemente attivissimo contro le grandi opere nel Nord-Est contro le quali era arrivato a digiunare. «Nessuno di noi sacerdoti sapeva», ha detto, «ma ora la chiesa faccia chiarezza». Una dichiarazione tutto sommato sobria, visto il profilo savonaroliano di don Albino. La vicenda stride con la predicazione di monsignor Mattiazzo negli ultimi anni. In occasione dell’Immacolata del 2012, per esempio, dal pulpito lanciò un’invettiva contro il Salva Italia di Mario Monti che aveva liberalizzato gli orari del commercio, introducendo le aperture domenicali dei centri commerciali: «Maria, che è stata sposa e madre di famiglia», aveva detto il presule, «interceda per le donne costrette dal mercato a lavorare di domenica a scapito di altri valori fondamentali». E la commissione «Nuovi stili di vita» della diocesi aveva chiamato i fedeli al boicottaggio dello shopping domenicale.
Bonifacio Borruso, ItaliaOggi 9/1/2015