Notizie tratte da: Svetlana Aleksievic # Tempo di seconda mano # Bompiani 2014 # pp. 777, 24 euro., 9 gennaio 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 5
(Tempo di seconda mano)
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LA PAPPA DI SEMOLA DI GORBACIOV, LA VODKA DI ELTSIN –
Calzini. «Quando hanno introdotto il razionamento anche per i calzini, mio padre è scoppiato a piangere: «È la fine dell’Urss».
Bambini. «Nel lager, d’inverno, mettevano i bambini morti in grandi barili e ce li lasciavano fino alla primavera. In balia dei ratti. In primavera si provvedeva... alla sepoltura... di quel che rimaneva».
Ossa. «In primavera, con le piogge e con lo scioglimento delle nevi, in mezzo alle patate riaffiorano le ossa».
Mercato. «Quando lanciavano sul mercato del salame, andava a ruba, e spariva in men che non si dica. Wurstel e ravioli erano considerati delle specialità gastronomiche. Al comitato regionale eravamo sempre lì a ripartire le disponibilità: alla tal fabbrica dieci frigoriferi e cinque pellicce, al tal kolchoz, due assortimenti iugoslavi di mobili e dieci borsette da signora polacche. Dividevamo pentole e biancheria intima femminile... collant...».
Tè. «Ai capi dipartimento spettava il tè coi tramezzini, e ai conferenzieri tè senza niente».
Vivi. «I vivi rientravano dal lavoro nelle baracche a piedi e i morti in slitta».
Nemici del popolo. «Nel 1937 c’era un piano che fissava il numero dei nemici del popolo da smascherare ed estirpare, assegnandone le quote sul territorio».
Fame. «Nel loro villaggio una madre aveva fatto a pezzi con l’accetta uno dei suoi figli per cucinarlo e sfamare gli altri».
Jeans. «I nostri figli diranno: “I nostri genitori hanno venduto un grande Paese per dei jeans, per delle Marlboro, per della gomma da masticare”. Non abbiamo saputo difendere l’Urss – la nostra Patria. È un crimine spaventoso».
Gorbaciov. «Il Cremlino aveva un suo cuoco. Tutti i membri del Politburo gli ordivano aringa marinata, lardo, caviale nero, ma Gorbaciov puntava sempre alla pappa di semola. Le insalatine. Chiedeva espressamente di non servirgli il caviale: “Col caviale ci sta bene la vodka e io non bevo”. Invece Eltsin, per dire, si faceva il suo bicchiere di vodka accompagnato da un cetriolo già al mattino. Questo sì che era russo!».
Topi muschiati. «Il popolo vedeva i nostri leader solo in piedi sulla tribuna del mausoleo: berretti di topo muschiato e facce di pietra. C’è una battuta in proposito: “Come mai sono spariti i berretti di topo muschiato?” – “Perché la nomenklatura si moltiplica più in fretta dei topi muschiati”».
Cicche. «Vendevo al mercato cicche di sigaretta, cioè mozziconi di sigarette fumate a metà. Barattoli di cicche da un litro... da tre litri...».
Chips. «Per ricavare chips dalle bucce di patate, scottare le bucce in olio di girasole bollente e ben salato».
Nomi. «Quando ci è nato un figlio l’abbiamo chiamato Ottobre. In previsione dell’arrivo di una bambina, discutemmo. A me piaceva il nome Ljublena, composto da “io amo” e “Lenin”. Mia moglie ha elencato su un foglio tutti i nomi femminili che le piacevano: Marxana, Stalina, Engelsina».
Noia. «Ai ricchi russi di adesso tutto gli è venuto a noia. Sono stufi. Le agenzie turistiche di Mosca offrono a simili clienti svaghi speciali. Per esempio, due giorni da trascorrere in prigione. La pubblicità li reclamizza così: “Volete provare a vivere per due giorni come Chodorkovskij?”. Gli fanno indossare una divisa da prigioniero, li inseguono per il cortile con i cani, li picchiano con dei manganelli di gomma. Veri! Li ficcano come aringhe in una cella fetida, puzzolente con il bugliolo. E loro si sentono felici. Provano emozioni nuove! Per tre, cinquemila dollari...».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 9/1/2015
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