varie 8/1/2015, 8 gennaio 2015
ARTICOLI SUL LIBRO DI HOUELLEBECQ
STEFANO MONTEFIORI, CORRIERE DELLA SERA 4/1/2015
In uno dei passaggi più divertiti e già controversi del nuovo romanzo di Michel Houellebecq, lo scrittore francese mette brevemente a confronto la condizione della donna — e quindi dell’uomo — nell’Occidente secolarizzato da una parte e nel mondo musulmano dall’altra. Lo fa ancora una volta con il suo stile misurato, da lontano. Come se fosse un extraterrestre appena sbarcato sul nostro Pianeta, che si trovi a osservare alcune peculiarità dei suoi curiosi abitanti.
Quindi, nella Francia della laicità, della parità tra i sessi e dei diritti dell’uomo, vediamo che Annelise ogni mattina dedica molto tempo all’acconciatura e si veste con grande attenzione, in modo da mostrarsi elegante e sexy al lavoro (è impiegata al servizio marketing di un operatore telefonico). Poi accompagna i bambini all’asilo, passa la giornata tra telefonate, email e appuntamenti e torna a casa intorno alle 21, sfinita, con l’unico desiderio di infilarsi un pigiama informe e lasciarsi crollare sul divano. È così che il funzionario pubblico Bruno, dopo una quasi equivalente giornata di lavoro, ritirati i bambini all’asilo e preparato da mangiare, vedrà la moglie: una donna sfatta, distrutta dalla fatica di mostrarsi — fuori casa — all’altezza. Entrambi hanno la sensazione di essersi fatti fregare, in qualche modo, e la certezza che con gli anni le cose non potranno che peggiorare (complice il decadimento fisico, vecchia ossessione di Houellebecq). Divorziano, ovviamente.
Nel frattempo, nei grandi centri commerciali di Riad, donne saudite in burqa fanno la fortuna dei negozi di biancheria intima acquistando guêpière, reggiseni traforati, tanga ornati di pizzo multicolore e pietre preziose: il terreno sul quale competono non è professionale ma quello delle gioie domestiche. «Esattamente il contrario delle occidentali, sexy durante la giornata perché è in gioco il loro status sociale — scrive Houellebecq — , destinate ad accasciarsi la sera appena tornate a casa e a rinunciare con spossatezza a qualsiasi prospettiva di seduzione». Questo sembra essere uno dei tanti modi in cui, secondo il 44enne docente universitario François protagonista del libro, ha preso forma il suicidio dell’Europa per come la conosciamo.
Sottomissione è il sesto romanzo di Michel Houellebecq, che dall’amato Balzac ha preso la voglia di osservare la società, e vi ha aggiunto il gusto per la profezia: dal turismo sessuale e il terrorismo in Piattaforma ai progressi della biologia e la clonazione in Le particelle elementari e La possibilità di un’isola , fino alla trasformazione della Francia deindustrializzata in una specie di parco giochi per ricchi turisti in La carta e il territorio (con il quale nel 2010 Houellebecq ha vinto il premio Goncourt).
L’ultima previsione è un’Europa dove l’ordine sociale è cambiato, diventando una forma consensuale e non sanguinaria di islamismo reale: gli uomini possono avere più mogli — la 40enne per la buona cucina, la 15enne per il sesso, grosso modo — e la disoccupazione è quasi scomparsa. Facile: le donne stanno a casa a occuparsi del marito e dei figli, a lavorare sono solo gli uomini. L’economia tuttavia è ripartita, la crescita è tornata, grazie alle illimitate sovvenzioni del Qatar e delle «petromonarchie» del Golfo.
Sottomissione esce in Francia questo mercoledì per Flammarion, e il 15 gennaio in Italia per Bompiani. Sottomissione della donna all’uomo, e di tutti gli uomini a dio secondo la definizione stessa di islam, la religione che ha conquistato il dominio sulla politica e la società francesi per via democratica, grazie alle elezioni del 2022. Il grande statista Mohammed Ben Abbes, moderato e abile, diventa presidente della Repubblica con l’aiuto di un centrodestra e un centrosinistra esangui, battendo Marine Le Pen. Nonostante qualche scontro e un inizio di guerra civile, Ben Abbes riesce rapidamente a prendere il controllo del Paese e re-orienta tutta l’Europa verso Sud, il Nordafrica e il Medio Oriente, perseguendo il sogno di ricostituire il tardo impero romano con l’islam, stavolta, al posto del cristianesimo.
Il romanzo di Houellebecq non è ancora uscito ma, naturalmente, il dibattito non solo culturale francese ne è già del tutto occupato. È un libro straordinario, nel quale l’autore alterna temi metafisici e millenari con la tristezza personale di François, professore esperto di Huysmans e suo ennesimo alter ego. Tra umorismo asciutto e ritmo perfetto, Houellebecq costruisce un universo destinato probabilmente a non realizzarsi ma — una volta immersi nelle sue pagine — credibile. Gioca con le paure degli europei e si getta spietato sulla ferita più dolorosa, quella dei valori, estremizzando la difficoltà di conciliare la laicità di Stato con le radici cristiane e il proselitismo musulmano.
Il tema di Sottomissione non è l’immigrazione, ma l’affaticamento della Francia e dell’Europa, spossate come le loro donne. Se il teologo cattolico americano George Weigel, nel 2005, si augurava che Parigi tornasse all’anima religiosa di Notre Dame contro la secolarizzazione razionalista del grande arco della Défense (nel saggio La cattedrale e il cubo edito da Rubbettino), Michel Houellebecq fa un passo successivo, e tra la chiesa e il mostro di cemento sceglie la terza via della moschea: il futuro è della religione, sì, ma quella islamica. Che può contare sul vantaggio della demografia e avvalersi, dopo tanti secoli di Umanesimo e Illuminismo sfibranti, di una prospettiva rassicurante: «Sottomissione», una liberatoria fine delle troppe responsabilità caricate sulle spalle dell’uomo.
François ci prova, a convertirsi al cattolicesimo come fece il suo eroe Huysmans, e compie ripetute visite alla Madonna nera di Rocamadour. Nella scena chiave del romanzo, il protagonista si presenta davanti alla Vergine. « Possedeva la sovranità, la potenza, ma a poco a poco sentivo che perdevo il contatto, che lei si allontanava nello spazio e nei secoli mentre io mi stringevo sul mio banco, rattrappito. Dopo mezz’ora mi alzai, definitivamente abbandonato dallo Spirito, ridotto al mio corpo danneggiato, deperibile, e scesi tristemente i gradini in direzione del parcheggio».
Dove non è riuscita la cappella di Rocamadour, hanno più successo gli argomenti tra cosmogonia celeste, donne e carriera di Robert Rediger, che ha abbracciato l’islam dieci anni prima e ora, nel 2022, è il rettore della nuova università islamica della Sorbona. Rediger (paradossale strizzata d’occhio di Houellebecq a Robert Redeker, il docente di filosofia nel 2006 minacciato di morte per frasi anti islam) promette a François uno stipendio favoloso e gli assicura che sarà la facoltà a preoccuparsi di trovargli le mogli più adatte ai suoi gusti. In cambio, deve solo convertirsi all’islam.
Il destino della donna prefigurato da Houellebecq è inaccettabile, le critiche hanno già cominciato a colpirlo evocando uno spirito provocatorio ma lui si difende, con la consueta flemma, in una prima intervista accordata all’amico Sylvain Bourmeau per la «Paris Review» . «Procedo a un’accelerazione della Storia ma no, la mia non è una provocazione. Non dico delle cose che reputo fondamentalmente false giusto per destare scandalo. Condenso un’evoluzione a mio avviso verosimile». La fine della società fondata sull’Illuminismo è, per Houellebecq, senza appello: «Assistiamo alla distruzione della filosofia prodotta dal secolo dei Lumi, che non ha più senso per nessuno, o almeno per pochissime persone». A trionfare è la religione, e proprio quella che nel 2001 Houellebecq definì «la più stupida del mondo».
STEFANO MONTEFIORI, CORRIERE DELLA SERA 5/1/2015
Il nuovo romanzo di Michel Houellebecq, Sottomissione , immagina una Francia del 2022 governata da un presidente musulmano e un nuovo ordine sociale che prevede poligamia e donne che restano a casa a occuparsi di mariti e figli in omaggio a una religione — l’islam — che ha trionfato sulla civiltà dell’Illuminismo. Prima ancora dell’uscita (il 7 gennaio in Francia per Flammarion e il 15 gennaio in Italia per Bompiani) il libro scatena polemiche e discussioni, tra riconoscimento del valore letterario e critiche a una presunta voglia di provocazione. Il «Corriere» ha sollecitato l’opinione di Michel Onfray, uno dei più noti intellettuali francesi, autore di decine di opere tra le quali il celebre Trattato di ateologia e una Controstoria della filosofia (Ponte alle Grazie); un pensatore ateo che ha letto — e amato — il romanzo del momento.
Visto che «Sottomissione» è un romanzo e non un saggio, è possibile separare il valore letterario dal contenuto profetico?
«È un esercizio di stile, una fiction politica ma anche metafisica: un romanzo sull’ignavia delle persone, degli universitari in particolare. Un romanzo molto anarchico di destra. Un libro sulla collaborazione, vecchia passione… francese! Come un universitario specialista di Huysmans può convertirsi all’islam? Ne scopriamo le ragioni poco alla volta: la promozione sociale in seno all’istituzione riccamente finanziata dai Paesi arabi, gli stipendi mirabolanti dei convertiti, la possibilità della poligamia, una ragazza per il sesso, un’altra meno giovane per la cucina, una terza se si vuole, il tutto continuando a bere alcool… Questo libro è meno un romanzo sull’islam che un libro sulla collaborazione, la fiacchezza, il cinismo, l’opportunismo degli uomini…».
La parte più scioccante è forse il destino riservato alle donne. Qual è la sua opinione? È concepibile nella nostra società un’evoluzione simile?
«La nostra epoca è schizofrenica: bracca il minimo peccato contro le donne e, per fare questo, milita per la femminilizzazione dell’ortografia delle funzioni, la parità nelle assemblee, la teoria di genere, il colore dei giocattoli nelle bancarelle di Natale; la nostra epoca prevede che ci si arrabbi se si continua a rifiutare auteure o professeure (femminili di autore e professore ), ma fa dell’islam una religione di pace, di tolleranza e di amore, quando invece il Corano è un libro misogino quanto può esserlo la Bibbia o il Talmud. Se si vuole continuare a essere misogini con la benedizione dei sostenitori del politicamente corretto, l’islam alla Houellebecq è la soluzione!».
In una sua prima intervista alla «Paris Review», Houellebecq decreta la fine dell’Illuminismo e il grande ritorno della religione (l’islam, ma non solo). In quanto pensatore ateo, qual è la sua reazione?
«Credo che abbia ragione. I suoi romanzi colgono quel che fa l’attualità del nostro tempo: il nichilismo consustanziale alla nostra fine di civiltà, la prospettiva millenarista delle biotecnologie, l’arte contemporanea fabbricata dai mercati, le previsioni fantasticate della clonazione, il turismo sessuale di massa, i corpi ridotti a cose, la loro mercificazione, la tirannia democratica, la sessualità fine a se stessa, l’obbligo di un corpo performante, il consumismo sessuale, eccetera. Quindi, utilizzare i progressi incontestabilmente compiuti dall’islam in terra d’Europa per farne una fiction sull’avvenire della Francia è un buon modo per pensare a quel che è già».
Houellebecq descrive una società francese ed europea stanca, affaticata dalla perdita di valori tradizionali. Cosa pensa? L’Europa è condannata, come dicevano i neocon americani?
«Houellebecq continua a dipingere il ritratto di una Francia post-68. E ha ragione di vedervi un esaurimento, meno in rapporto con il breve termine del Maggio 68 che con il lungo periodo della civiltà giudaico-cristiana che crolla. Questa civiltà è nata con la conversione di Costantino all’inizio del IV secolo, il Rinascimento intacca la sua vitalità, la Rivoluzione francese abolisce la teocrazia, il Maggio 68 si accontenta di registrarne lo sfinimento. Siamo in questo stato mentale, fisico, ontologico, storico. Houellebecq è il ritrattista terribile di questo Basso Impero che è diventata l’Europa dei pieni poteri consegnati ai mercati. L’Europa è morta, ecco perché i politici vogliono farla!».
La mia impressione, leggendo il libro, è che si finisca per credere alla profezia. In questo sta l’abilità di scrittore di Houellebecq? O la sua previsione è davvero plausibile?
«È in effetti uno dei talenti di questo libro: il racconto è estremamente filosofico perché è estremamente credibile… Sottomissione rivaleggia con 1984 di Orwell, Fahrenheit 451 di Bradbury, Il mondo nuovo di Huxley. Per me è il migliore libro di Houellebecq, e di gran lunga. La sottomissione di cui diamo prova nei confronti di ciò che ci sottomette è attualmente sbalorditiva. È un altro sintomo del nichilismo nel quale ci troviamo».
Evocando l’islam, Houellebecq agita un fantasma molto presente nella Francia di oggi, come dimostrano i libri di Alain Finkielkraut e Éric Zemmour. È giustificata, questa preoccupazione dell’identità?
«Ricorrere alla parola fantasma è già un modo di prendere una posizione ideologica. Esiste una realtà che non è un fantasma e che coloro che ci governano nascondono: divieto di statistiche etniche sotto pena di farsi trattare da razzisti ancor prima di avere detto alcunché su queste cifre, divieto di rendere note le percentuali di musulmani in carcere sotto pena di farsi trattare da islamofobi al di fuori di qualsiasi interpretazione di queste famose cifre, eccetera. Non appena si nasconde qualcosa, si attira l’attenzione su quel che è nascosto: se non esiste che un fantasma, allora che si diano le cifre, saranno loro a parlare…».
EMANUEL CARRERE, CORRIERE DELLA SERA 6/1/2015
D ue romanzi profetici hanno segnato il secolo scorso — 1984 e Il mondo nuovo. Erano profetici non perché predicessero il futuro, che li ha smentiti, ma perché enunciavano una verità sul presente. Le anticipazioni di Michel Houellebecq appartengono alla stessa famiglia. Con Aldous Huxley egli condivide una curiosità affascinata per i fenomeni religiosi; con George Orwell l’orrore della correttezza politica e un senso acuto — di cui raramente gli si dà credito — della common decency. Per di più, e Dio sa quanto mi piacciono Huxley e Orwell, è un romanziere più possente di loro. L’avvenire non sarà forse quello descritto in Particelle elementari , La possibilità di un’isola o, oggi, in Sottomissione , ma se attualmente c’è qualcuno, nella letteratura mondiale e non solo francese, che pensa questa sorta di enorme mutazione che tutti noi sentiamo essere in corso senza avere i mezzi di analizzarla, e che non concerne soltanto la civiltà occidentale ma lo status dell’umanità, questi è lui.
Sottomissione , dunque. E’, ancora una volta, la cronaca di una mutazione. Il cronista è un universitario, specialista di Huysmans, e uno degli abituali portavoce dell’autore: si scalda, da solo, piatti al microonde; ossessionato dalla nostalgia e dall’impossibilità della coppia, sfiora l’amore vero con una ragazza intelligente, simpatica, bella e che oltretutto lo ama ma che la sua onestà patologica gli impedisce di amare; non aspira che ad andare a dormire verso le quattro del pomeriggio con una bottiglia di alcol forte, una stecca di sigarette, una pila di buoni libri che non molti ormai leggono, e la prospettiva a questo ritmo di morire rapidamente, infelice e solo. Inutile dire che per tutta la vita questo misantropo se ne è infischiato abbastanza della politica, ma ecco che le cose cambiano e che la politica comincia a interessarlo.
Il libro comincia con l’elezione presidenziale del 2020. Nella precedente, quella del 2017, François Hollande è stato rieletto per sbarrare la strada a Marine Le Pen, ma durante il secondo mandato, catastrofico, del presidente socialista, si manifesta una nuova e potente forza politica: la Fratellanza musulmana. Il suo leader, Mohammed Ben Abbes, è un islamista moderato, dal fisico rassicurante del «vecchio droghiere tunisino di quartiere», che evita l’antisemitismo imbarazzante, sostiene la causa palestinese ma con circospezione, recluta i suoi seguaci ben al di là delle popolazioni musulmane. La situazione è quindi totalmente nuova: i due grandi partiti, di centro-destra e di centro-sinistra, attorno ai quali si strutturava la vita politica del Paese dalla fine della Seconda guerra mondiale, sono del tutto screditati, emarginati. Le forze presenti sono ormai il Front National (Fn) e la Fratellanza musulmana. Entrambi sono partiti democratici, che hanno scelto il ricorso alle urne, e ciascuno di essi ha un bel da fare con i propri estremisti rispettivi: movimenti identitari da un lato, jihadisti dall’altro. Gli editorialisti virtuosi si sgolano a denunciare le «Cassandre» che predicono l’inevitabile guerra civile fra immigrati musulmani e popolazioni autoctone dell’Europa occidentale; Houellebecq ne approfitta per raccontare il mito di Cassandra e meravigliarsi di come viene di solito usato allorché le predizioni pessimistiche di questa profetessa hanno come particolarità di essersi sempre realizzate. Al primo turno, il Fn si ritrova come previsto in testa, ma la Fratellanza è in seconda posizione. Inizia il gioco delle trattative e delle coalizioni: ultima possibilità di avere un piccolo ruolo per i partiti tradizionali guidati da Jean-François Copé e Manuel Valls. Alla fin fine, chi ha la meglio è ancora una volta un’alleanza contro il Fn: un Fronte repubblicano allargato in cui Ump e Ps aderiscono alla candidatura di Ben Abbes. Questi promette che, se verrà eletto, nominerà François Bayrou primo ministro e che, nel formare il governo, esigerà per gli islamisti solo il ministero dell’Educazione. Il fatto è che egli si preoccupa poco dell’economia e anche della geopolitica: per lui, la vera posta in gioco sono i bambini e la loro educazione. Che siano musulmane, ebree o cristiane — spiega — le famiglie desiderano per i loro figli una educazione che non si limiti alla trasmissione di conoscenze, ma integri una formazione spirituale, che corrisponda alla loro tradizione. A questo discorso mellifluo Marine Le Pen replica con toni accesi, e sul terreno dell’intransigenza laica e repubblicana. Tre milioni di elettori nazionalisti sfilano in Place de la Concorde rivendicando, contro l’oscurantismo religioso, l’eredità dei Lumi. Malgrado ciò, Ben Abbes viene eletto. E tutto va bene.
Addirittura benissimo. All’inizio, si è leggermente turbati nel non vedere più, da nessuna parte, donne che indossino la gonna né, ben presto, donne che frequentino i luoghi pubblici, ma la Francia ritrova un ottimismo che aveva perso dalle «Trente glorieuses» (i trenta gloriosi anni di crescita economica dalla fine della Seconda guerra allo choc petrolifero, ndr ). Visto che le donne escono dal mercato del lavoro, la curva della disoccupazione si inverte. La previdenza sociale è sostituita dalla solidarietà familiare. Lo Stato smette di aiutare l’industria, comunque disastrata, a vantaggio dell’artigianato e della piccola impresa individuale. La sharia regola una società ridiventata patriarcale, meno libera ma più sicura e più felice. L’asse della costruzione europea si sposta verso il Sud. Mohammed Ben Abbes vuole diventare, e diventerà, il primo presidente eletto dell’Europa: un’Europa allargata ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, e che presto avrà di nuovo un peso nel mondo. Egli soltanto ha un progetto di civiltà, che non è difensivo e nostalgico come quello degli identitari, ma dinamico e visionario. La laicità, il secolarismo, il materialismo ateo hanno fatto il loro tempo: quello dell’islam è giunto, ed è la seconda chance dell’Europa, la prospettiva di una nuova età dell’oro per il vecchio continente. Happy end.
Mi rendo conto che questo riassunto per sommi capi può dare l’impressione di una satira canzonatoria, di una fantapolitica a breve termine e che non guarda molto lontano. Ma parliamo di un libro di Michel Houellebecq, cioè di un libro di straordinaria consistenza romanzesca in cui, insieme all’anticipazione, troviamo pagine magnifiche su Huysmans, sugli scrittori cattolici della fine del XIX secolo, sulla letteratura in generale. Specialità tradizionali della casa, come gli incontri di sesso con escort girls chiamate Nadiabeurette o Babeth la salope. Osservazioni sociologiche di un’acutezza sbalorditiva. Ma lì dove il libro vola alto e raggiunge quella strana posizione sovrastante, quasi extraterrestre, che rende Houellebecq unico, è verso la fine, quando il narratore si converte. Lo fa per ragioni opportunistiche: perché così potrà fare ritorno alla Sorbona, facoltà ormai coranica, con un bell’appartamento di funzione e tre mogli, due giovani per il sesso, una vecchia per la cucina (sono anche loro contente? La questione non viene affrontata).
Tuttavia, non è un cinico, e il punto culminante del libro è la sua conversazione con un seducente personaggio che, anch’esso universitario, autore di una tesi su «René Guénon, lettore di Nietzsche», passato attraverso gli ambienti identitari poi convertitosi all’islam, è diventato un potente apparatchik del nuovo regime. E’ una conversazione che mi ha fatto pensare a quella di Winston Smith, l’eroe di 1984 , con l’ufficiale incaricato di torturarlo e non solo di sottometterlo a Big Brother, ma di farglielo amare. Mi ha fatto pensare anche alla Leggenda del Grande inquisitore nei Fratelli Karamazov. Essa si svolge nella casa del Tentatore, che è quella in cui ha vissuto Jean Paulhan, in rue des Arènes.
Né il narratore né Houellebecq hanno la minima stima per l’eminenza grigia della Nrf (Nouvelle revue française), ma stimano Dominique Aury, che per amore di Paulhan ha scritto Histoire d’O . Un libro kitsch quanto si vuole, ma sublime, trascinato dall’intuizione che il sommo della felicità umana risiede nella sottomissione: al padrone nell’erotismo, a Dio nell’islam. E’ quello che significa, letteralmente, la parola islam: sottomissione. La si potrebbe anche tradurre, a ragione: accordo, assenso, consenso; e Houellebecq vi acconsente: diversamente dal buddismo, che considera il mondo come un tessuto di sofferenza e di illusione, o anche dal cristianesimo, che lo vede come una valle di lacrime, l’islam lo accetta tale e quale. Reputa perfetta, e dunque non perfettibile, la creazione di Dio. Siamo lontani dalla «religione più stupida» denunciata dall’autore ai tempi di Piattaforma. Al contrario, una religione più semplice, e più vera di qualsiasi altra: a condizione di prenderla in blocco, così com’è, e di non cercarvi l’unica cosa che non vi si può trovare, quella da cui precisamente essa ci emancipa: la libertà.
A questo punto della lettura mi sono chiesto cosa pensasse davvero Houellebecq, e quello che io stesso pensavo, di tutto ciò. Comincio da me, non perché sia più semplice — in realtà non so bene cosa penso su questo argomento scivoloso —, ma perché ho comunque trascorso gli ultimi sette anni a scrivere un grosso volume ( Il regno , che uscirà in Italia a marzo per Adelphi) sugli inizi del cristianesimo, e mi ha colpito che il mondo antico, fra il I e il IV secolo, si fosse sentito gravemente minacciato da una religione orientale intollerante, fanatica, i cui valori erano interamente opposti ai suoi. Le menti migliori temevano qualcosa come una «grande sostituzione». Ebbene, questa «grande sostituzione», questa mescolanza contro natura dello spirito della ragione greco-romano e della strana superstizione giudeo-cristiana, c’è stata davvero. Ciò che ne è risultato è quella cosa non così insignificante chiamata civiltà europea. Molti intelletti, di nuovo, credono che oggi questa civiltà sia minacciata, e io ritengo tale minaccia reale, ma non è impossibile che sia anche feconda, che l’islam più o meno a lungo termine non rappresenti il disastro ma l’avvenire dell’Europa, come il giudeo-cristianesimo fu l’avvenire dell’Antichità. Per quanto mi riguarda, mi piacerebbe pensare che ciò implichi un adattamento dell’islam alla libertà di pensiero europea: è qui che mi allontano da Houellebecq, che deve considerare «l’islam dei Lumi» come una contraddizione in termini, una pia fantasticheria da utile idiota o da umanista (parola che, come egli dice, gli dà «leggermente voglia di vomitare»). La grandezza dell’islam, se ho letto bene, non è di essere compatibile con la libertà ma di sbarazzarcene. E appunto, che liberazione!
«Mi chiedevo se facesse dell’ironia — dice il narratore del suo tentatore —, ma in realtà no, non credo». Forse mi sbaglio, ma nemmeno io credo che Houellebecq sia ironico. Né il suo eroe quando considera la propria conversione come «la possibilità di una seconda vita, senza un gran rapporto con la precedente», e certamente migliore. «Non avrei avuto niente da rimpiangere»: è l’ultima frase del libro, e la trovo altrettanto memorabile dell’ultima frase di 1984 : «Amava il Grande Fratello». Invece il senso è totalmente diverso: Winston Smith si è arreso, ma Orwell continua a resistere per lui. La resistenza non interessa a Houellebecq. Egli ritiene che l’Occidente sia spacciato, talmente spacciato che non c’è più niente da rimpiangere. Che la libertà, l’autonomia, l’individualismo democratico ci abbiano immersi in uno sconforto assoluto; sconforto che nessuno ha descritto meglio di lui. Se rimane una speranza al di fuori della pura estinzione (alla quale si capisce che Houellebecq non sarebbe ostile) essa scaturirà da quelle che secondo noi rappresentano le peggiori minacce per la nostra civiltà e per l’idea che ci facciamo dell’umanità: la clonazione nelle Particelle elementari e La possibilità di un’isola , e l’islamismo. Quello che temevamo di più è ciò che, una volta passati dall’altra parte, ci sembrerà più desiderabile, al punto che ci stupiremo di non averlo desiderato prima. Tale capovolgimento radicale delle prospettive è quello che in termini religiosi si chiama conversione e, in termini storici, cambiamento di paradigma. E’ di questo che parla Houellebecq, non parla mai di altro, è praticamente l’unico a parlarne, per lo meno a parlarne così, come se potesse accedere ai libri di storia del futuro — supponendo che ci siano ancora libri di storia, e un futuro —, ed è per questo che lo leggiamo tutti, sbigottiti.
Emmanuel Carrère
(traduzione di Daniela Maggioni)
GIAN ARTURO FERRARI, CORRIERE DELLA SERA 7/1/2015
C’è un antico vezzo (o un antico vizio?) tutto francese e russoiano nella tesi di Sottomissione , il romanzo di Michel Houellebecq dove si prefigura un’Europa tra pochi anni serenamente sottomessa all’islam.
Rousseau si era guadagnato la fama nel 1750 con il Discorso sulle scienze e le arti , dove arditamente capovolgeva l’assunto dei buoni accademici di Digione che avevano bandito un concorso per magnificare la purificazione dei costumi prodotta, secondo loro, da scienze e arti. Rousseau aveva invece sostenuto che arti e scienze — ossia per estensione il progresso e la civiltà — corrompono i costumi, in quanto allontanano gli uomini dallo stato di natura, innocente e incorrotto. Quest’attitudine insieme provocatoria e foriera di corposi successi è stata poi ripresa infinite volte nella cultura francese: una propensione acrobatica, un buttarsi nel vuoto con una serie di capriole nella speranza di riuscire alla fine ad afferrare il trapezio. E di sicuro oggi il più mortale tra i salti mortali è quello che riguarda l’islam e per converso l’Europa.
Non è questo l’unico tratto, l’unico marchio di fabbrica francese del romanzo di Houellebecq. Un altro, ancor più accentuato e quasi ridicolo, è l’assoluta certezza che al centro dell’Europa ci sia la Francia, al centro della Francia ci sia Parigi, al centro di Parigi ci sia la Sorbona, al centro della Sorbona ci siano gli studi filosofico-letterari e al centro di questi ultimi ci sia il nichilismo. Un paralogismo ereditato dritto dritto dal Cyrano , ma praticato dall’autore con un candore inconsapevole, quasi commovente.
Non bastano però né la mossetta russoiana né l’assorta contemplazione del proprio ombelico a liquidare le tesi di fondo di Houellebecq, che riguardano l’islam che verrà e l’Europa che c’è. Non bastano soprattutto a velare il suo maggiore, incontestabile, merito. Che è quello di aver messo il dito nella piaga, nei pensieri combattuti che attraversano tutti i giorni le nostre menti, nel tambureggiare quotidiano delle news , nei mille indizi rivelatori o inesplicabili che ci colgono ogni volta di sorpresa. E con quel dito, e in quella piaga, di rovistare a fondo.
La piaga in questione non è con ogni evidenza la profezia (utopia? distopia?) sul nostro futuro prossimo, la prossima dominazione islamica e la nostra altrettanto prossima sottomissione. Bensì il nostro atteggiamento nei confronti dell’islam o, per essere più precisi, la nostra capacità di comprendere l’atteggiamento dell’islam nei confronti nostri. Certo, la rappresentazione del futuro leader islamico, bonario e pacioccone, delle gioie (saranno poi solo gioie?) della poligamia, della serenità non competitiva è talmente accentuata da apparirci ironica. Ma non c’è dubbio che l’islam di Houellebecq sia roseo. Assai diverso comunque da quello che le cronache ci descrivono ogni giorno. E non tanto per le efferatezze, quanto per l’incomprensione, per il muro di risentimento inestinguibile che sentiamo eretto contro di noi. Quasi che noi, noi stessi, fossimo i responsabili di colpe che non abbiamo commesso, di soprusi che non abbiamo esercitato.
Dimentichiamo il colonialismo. I lumi — dice Houellebecq — i lumi, cioè la civiltà nostra ma per lui soprattutto francese, i lumi si sono spenti. Ma per loro, per l’islam e per tutti gli altri, non si sono mai accesi. Questo è il peccato originale, questa è la colpa terribile degli europei. La falsità. Aver predicato i lumi, i valori universali, un’idea onnicomprensiva di umanità, e aver praticato la schiavitù, il servaggio, l’umiliazione. Questo è il risentimento, questa è l’accusa rivolta all’Europa da tutti, ora anche dal Papa cattolico.
Altro che islam! Se l’Europa avesse forza e dignità (ma la forza di sicuro non ce l’ha e quanto alla dignità lasciamo correre…) saprebbe far fronte, pagare i propri debiti, darsi una propria identità. Non all’indietro, cercando con il lanternino le radici, ma in avanti, dicendo dove vuole andare. Ma l’Europa non c’è, non c’è più. È ridotta nelle condizioni di uno Stato di Ancien régime , frammentata in staterelli, preda di liti da assemblea condominiale, con la corte ( alias le istituzioni europee) in perenne spostamento tra Strasburgo e Bruxelles, come ai tempi di Carlo V, che, infatti, in Belgio era nato.
Sarebbe occorsa, e forse ancora occorrerebbe, una grande visione, un’unificazione politica accelerata, contro gli ostacoli non dei popoli, che sono pronti, ma di tutti gli interessi particolari coalizzati. Purtroppo la politica, il senso della politica come sintesi ultima della realtà, la maggiore invenzione della sua storia, è forse quel che l’Europa ha perduto. Se così fosse — e Dio non voglia — avrebbe ragione Houellebecq. Resterebbe solo la sottomissione.
Il dibattito intorno all’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, «Sottomissione» (che esce oggi in Francia e il 15 in Italia per Bompiani) è iniziato sulle pagine del Corriere con una intervista allo stesso Houellebecq (4 gennaio) ed è proseguito con un’intervista al filosofo Michel Onfray (5 gennaio) e un intervento dello scrittore Emmanuel Carrère (6 gennaio)
ANAIS GINORI, LA REPUBBLICA 7/1/2015
Come un extraterrestre, incurante delle polemiche e forse anzi soddisfatto del clamore che lo precede, Michel Houllebecq appare nello studio del principale telegiornale della sera. «La République è morta» ha decretato qualche ora prima lo scrittore in un’intervista all’Obs. Il romanziere profetizza una Francia che abbandona i suoi valori, cancella la laicità e si sottomette volontariamente all’Islam ma in una variante «moderata» e che «non fa paura», puntualizza in diretta televisiva. Il suo nuovo romanzo Sottomissione (oggi esce in Francia, il 15 in Italia da Bompiani) non è una crociata contro la religione musulmana piuttosto, spiega, una «semplice constatazione». Un regalo a Marine Le Pen e alle paure sventolate dall’estrema destra? «Le Pen non ha bisogno di me» risponde flemmatico lo scrittore, camicia azzurra e lunghi capelli spettinati.
L’idea di una Francia governata nel 2022 dal fantomatico partito dei Fratelli Musulmani, guidato da Mohammed Ben Abbes, avrebbe effetti benefici spiega con sottile ironia Houellebecq: la fine della guerriglia nelle banlieue, il calo della disoccupazione grazie al divieto per le donne di lavorare, l’afflusso dei petrodollari da Qatar e Arabia Saudita.
Quattro anni dopo La Carta e il Territorio, il romanziere è accompagnato da un enorme battage mediatico con quello che definisce un «libro di anticipazione». Il successo annunciato del romanzo, anche grazie alle abbondanti polemiche, è temperato dalle critiche. «Il più deludente dei romanzi di Houellebecq» secondo Le Monde, che definisce Sottomissione mediocre dal punto di vista letterario e sbagliato politicamente in nome della presunta “neutralità” rivendicata dallo scrittore che fa dire al suo protagonista: «Mi sentivo politicizzato quanto un rotolo di carta igienica». Una «favola moderna che gioca con le paure francesi» secondo il direttore di Libération, Laurent Joffrin, che ci vede «l’irruzione – o il ritorno – delle tesi dell’estrema destra nell’alta letteratura». Il romanzo dello scrittore francese più tradotto sta suscitando reazioni anche all’estero. Un libro “terrificante” secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung che si augura che i manifestanti del movimento anti-Islam che si radunano da settimane a Dresda non leggano il libro.
In soccorso di Houellebecq si sono già schierati altri scrittori. «Un libro di straordinaria consistenza romanzesca in cui, insieme all’anticipazione, troviamo pagine magnifiche» dice Emmanuel Carrère. Il romanziere che ha firmato Il Regno sugli albori della civiltà cristiana, in uscita per Adelphi, vede un parallelo tra lo scenario profetizzato in Sottomissione e il passaggio tra la civiltà greco-romana e quella giudeo-cristiana. «Non è un islamofobo» sostiene il filosofo Alain Finkielkraut che definisce il romanzo una “pochade” ma concorda con il pericolo della fine della République e della laicità. Houellebecq è convinto di aver immaginato una fiction “verosimile”. «Forse ho solo accelerato gli eventi, il 2022 forse è troppo presto». Uno scenario che, sostiene, non ricalca i sogni dell’estrema destra. Il presidente Ben Abbes vuole costituire una grande potenza islamica occidentale e mediterranea moderata, sul modello dell’impero romano, di cui la Francia sarebbe il fulcro. «Questa politica di alleanza con i paesi arabi non sarebbe dispiaciuta a De Gaulle» chiosa il romanziere. La pensa diversamente François Hollande che figura nel libro alla fine di un disastroso secondo mandato, battuto dal fantomatico leader del partito islamico. «Leggerò il libro perché provoca un dibattito. La letteratura è libertà» ha ricordato il Presidente aggiungendo però: «Non lasciamoci divorare dalle paure, dall’angoscia ». Com’era prevedibile, Marine Le Pen si è invece dimostrata favorevole alle tesi del libro. «È una finzione che potrebbe diventare realtà» ha commentato la leader del Front National, puntando in particolare sull’alleanza tra Ps e Ump descritta nel libro, suo cavallo di battaglia.
Il romanziere si difende dall’aver scritto un testo contro l’immigrazione che favorisce la xenofobia. «Marine Le Pen può fermare l’immigrazione ma non può fermare l’islamizzazione: è un processo spirituale, un cambiamento di paradigma, il ritorno della religione». Come aveva già fatto nei suoi precedenti libri, ma qui con un approccio definitivo, Houllebecq dipinge un Occidente in rovina, autodistrutto dalla cultura materialista e individualista. «La corrente di idee nata con il protestantesimo, che ha culminato nel secolo dei Lumi e prodotto la Rivoluzione, sta morendo. Tutto ciò rimarrà una parentesi nella storia dell’umanità». L’ateismo, osserva Houellebecq, è “perdente” perché “troppo triste”. Un decennio fa, il romanziere aveva definito l’Islam come una reli- gione per “stupidi”, poi denunciato da associazioni musulmane. Questa volta si mostra più benevolo, sia nella trama del romanzo – il protagonista si converte – sia nelle interviste che sta rilasciando. «L’Islam è in una fase ascendente» nota Houellebecq parlando con il Figaro.
«Una religione che non cerca di conquistare nuovi adepti – aggiunge – è una religione tribale, di tipo antico». I musulmani, continua Houellebecq, si trovano in una situazione politicamente “insostenibile”. «Dal punto di vista sociale sono più vicini alla destra e all’estrema destra che però li rifiutano con violenza».
Alcuni commentatori hanno paragonato il suo libro a un altro bestseller contro l’immigrazione e il declino della République, Le Suicide Français di Eric Zemmour. Lo scrittore non si riconosce nel paragone. «In mezzo a un continente che si suicida ho l’impressione che la Francia sia il solo paese a combattere disperatamente per sopravvivere». Il suicidio semmai, prosegue, è dell’Occidente. «Un suicidio economico, demografico e soprattutto spirituale». Il narratore del libro, François, 44 anni, professore universitario alla Sorbona, cede lentamente al fascino della religione per mantenere il suo posto di lavoro in un’università islamica, ma anche perché, conclude Houellebecq, «si accorge dell’impossibilità di vivere senza Dio». La “perdita di senso” delle nostre società occidentali è qualcosa che tocca lo scrittore-rockstar, abituato agli eccessi, che ora svela un’inedita vocazione spirituale. «Ho profondo rispetto per chi crede», confessa aprendo così un nuovo enigma nella sua controversa figura.
STEFANO MONTEFIORI, CORRIERE DELLA SERA 8/1/2015
Michel Houellebecq è scoppiato in singhiozzi, ieri, quando ha saputo che tra i morti c’era il suo amico Bernard Maris, economista alla Banca di Francia ed editorialista a Charlie Hebdo. Sul numero della rivista uscito poche ore prima della strage, Maris conclude con queste parole quello che sarà l’ultimo articolo della sua vita: «Ancora un romanzo magnifico. Ancora un colpo da maestro». Si riferisce a Sottomissione, il libro di Houellebecq che negli stessi momenti cominciava finalmente a essere venduto nelle librerie, dopo settimane di indiscrezioni, distribuzioni illegali su Internet e polemiche che, come solo in Francia può accadere, passano rapidamente dalla letteratura alla politica.
È stata una giornata spaventosa per tutti. Michel Houellebecq non ha potuto che viverla in modo ancora più drammatico, per le persone colpite a lui vicine e perché quella, fino alle 11 e 30 era la «sua» giornata, quella dell’uscita del libro più atteso dell’anno, da giorni sulle prime pagine di tutti i giornali. Una giornata preceduta la sera prima da un suo intervento al tg delle 20 sul canale pubblico France 2, in cui lo scrittore di tanti romanzi tra analisi della società e profezia aveva risposto con la consueta flemma alle domande del conduttore David Pujadas. «Non sente di avere una responsabilità particolare, lei che è uno scrittore così importante e seguito?», chiedeva Pujadas. «No – aveva risposto Houellebecq —, forse un saggio può cambiare la storia, non un romanzo». Il giornalista alludeva a una voglia di provocazione – tante volte negata – di Houellebecq, che in Sottomissione mette in scena il fantasma più angosciante per la società francese di questi giorni: un Islam trionfante, che ha ragione per vie democratiche di una civiltà giudaico-cristiana ormai estenuata, spossata dall’Illuminismo e dal fardello di libertà che pesa su ogni essere umano. Meglio la sottomissione, allora, suggerisce François, il protagonista del romanzo: delle donne all’uomo (la poligamia viene incoraggiata, più mogli smettono di lavorare e restano a casa ad accudire un unico marito), e di tutta la società a Dio. Anzi, ad Allah.
Per questo, Houellebecq è stato accusato di soffiare sul fuoco, di usare la paura per vendere libri. Ma Houellebecq è uno scrittore, di sicuro il più celebre e forse il migliore scrittore francese contemporaneo, non un opinionista né tantomeno un uomo politico. Ha il diritto di descrivere la realtà, e anche di offrirci la sua idea di quel che la realtà potrà diventare tra qualche anno, «esagerando e velocizzando», come dice lui stesso. Da quando in autunno si è saputo che il suo prossimo romanzo avrebbe dipinto questa Francia del 2022 in mano all’Islam, l’Islam per certi versi rassicurante (donne a parte) del nuovo presidente della Repubblica Mohammed Ben Abbes, il dibattito culturale – e politico – francese ha cominciato a incentrarsi su Sottomissione, fino a esserne completamente monopolizzato.
L’azione militare dei terroristi è stata talmente efficace da essere probabilmente pianificata da mesi, dicono le fonti di polizia: l’uscita di Sottomissione e l’ultimo numero della rivista non c’entrano nulla. I piani si sovrappongono perché c’è la coincidenza dell’uscita nelle librerie, e perché l’ultimo Charlie Hebdo esibisce in copertina una splendida vignetta firmata Luz, almeno lui per fortuna scampato al massacro, che dipinge Houellebecq con l’eterna sigaretta e un ridicolo cappello con stelle e pianeti. Titolo: «Le predizioni del mago Houellebecq», e lo scrittore che dice «Nel 2015 perdo i denti…» (i suoi problemi odontoiatrici sono noti) e «Nel 2022, faccio il Ramadan!».
Nell’ultima pagina di Charlie Hebdo, come sempre, «le copertine alle quali siete scampati»: e riecco Michel Houellebecq in braccio a una Marine Le Pen sognante che canta «Sarai il mio Malraux», disegnato da Cabu, morto nell’attentato; Houellebecq in ginocchio che sniffa una pista di cocaina stesa per strada e il titolo «Houellebecq convertito all’Islam?», disegnato da Coco, alias Corinne Rey, la donna che sotto la minaccia delle armi ha aperto la porta della redazione ai terroristi; infine, ecco un ritratto poco avvenente di Houellebecq, lo strillo «Scandalo!» e il titolo «Allah ha creato Houellebecq a sua immagine!». La firma è di Charb, il direttore, l’uomo che più di tutti gli assassini volevano uccidere.
Michel Houellebecq è ovviamente sotto la protezione della polizia, come lo sono le redazioni di tutti i giornali e i locali della casa editrice Flammarion, che ieri sono rimasti chiusi. Nel romanzo, gli islamici prendono il potere vincendo le elezioni grazie a un’alleanza con gli esangui partiti di centrosinistra e di centrodestra. Prima che l’ordine coranico regni sovrano sulla Francia e l’Europa, in base al sogno di Ben Abbes di rifondare un impero romano con l’Islam al posto del Cristianesimo, in Sottomissione (uscirà in Italia il 15 gennaio per Bompiani) ci sono scontri, un timido debutto di guerra civile. E la guerra civile, il caos, sono evocati nelle dichiarazioni di mesi fa di Éric Zemmour, l’opinionista che con il bestseller Le suicide français ha generato furiose polemiche su razzismo e islamofobia, con la sua accusa rivolta ai musulmani di Francia di essere «un popolo nel popolo».
Negli ultimi giorni i migliori intellettuali e scrittori francesi, da Michel Onfray a Emmanuel Carrère, si sono pronunciati sulla polemica Houellebecq. Era un dibattito avvincente, toccava tutti. Il massacro a Charlie Hebdo lo rende ancora più centrale ma tutto è già cambiato, la Francia non sarà più la stessa. Michel Houellebecq, atteso stasera alla trasmissione di punta a Canal Plus, dovrà decidere se, e come, partecipare.
Stefano Montefiori
FABIO GAMBARO, LA REPUBBLICA 8/1/2015
Doveva essere il giorno dell’appuntamento con i lettori e invece per Michel Houellebecq si è trasformata in una giornata da dimenticare. Ieri infatti è arrivato nelle librerie francesi — con una tiratura di 150.000 copie — il suo ultimo romanzo, Sottomissione ( in Italia arriva il 15 da Bompiani). Ma dopo la notizia del tragico assalto alla redazione di Charlie Hebdo , lo scrittore è stato messo sotto scorta dalla polizia. È un bersaglio mobile. «Sono sconvolto», ha detto ai collaboratori di Flammarion. Senza però rinnegare le sue idee: «Non credo che il mio romanzo avrà effetti di alcun tipo», aveva detto, ora ribadisce che «non è razzista né islamofobo ». Ma la sua vita è rivoluzionata, da ieri è diventato un fantasma. Le sedi della sua casa editrice, nel sesto e tredicesimo arrondissement sono state chiuse per precauzione e presidiate, gli impiegati fatti uscire. I visitatori bloccati. Chi voleva rientrare doveva chiedere prima il permesso al telefono e farsi accompagnare dalla polizia. Houellebecq è rimasto invisibile tutta la giornata, in serata ha annullato la sua presenza a una trasmissione televisiva in cui avrebbe dovuto parlare del suo libro. E per il momento non si sa se nei prossimi giorni parteciperà alle numerose trasmissioni radio e tv già programmate per il lancio del nuovo romanzo. Già primo su Amazon, al termine della convulsa e terribile giornata dall’assalto. Per molti osservatori non è casuale che l’attacco contro il giornale satirico sia avvenuto proprio il giorno della pubblicazione di Sottomissione : mettendo in scena la conquista del potere da parte di un ipotetico partito islamico di Francia, il romanziere sapeva certamente che stava dando corpo ai fantasmi di una parte dell’opinione pubblica francese, motivo per cui alcuni commentatori lo hanno accusato di diffondere la paura dell’islam e le tesi del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Per esempio Edwy Plenel, l’ex direttore di Le Monde e oggi direttore del sito d’informazione Mediapart, il quale ha pubblicamente dichiarato che «da molti anni Houellebecq dà voce all’islamofobia».
E la sorte ha voluto che al nome di Houellebecq fosse anche legata una delle vittime della strage, l’economista e collaboratore del settimanale Bernard Maris, che proprio qualche mese fa aveva pubblicato un saggio intitolato Houellebecq écomomiste .
Fabio Gambaro
CATERINA SOFFICI, IL FATTO QUOTIDIANO 8/1/2015
Caterina Soffici
Michel Houellebecq è stato messo sotto alta protezione. Ieri è uscito il suo ultimo romanzo Sottomissione (in Italia per Bompiani il 15 gennaio), che ha infiammato la Francia prima ancora di raggiungere le librerie. Lo scrittore francese più amato e odiato, 56 anni, vero nome Michel Thomas, lo stesso che finì sotto processo nel 2011 per aver definito l’Islam “la più stupida delle religioni”, ipotizza ora l’avvento di un partito delle Fratellanza Musulmana che vince le elezioni francesi nel 2022. Una satira e una fiction politica accusata già di razzismo e islamofobia, di cui si discute da settimane nel dibattito tra identità nazionale, integrazione e immigrazione. Ma nessuno poteva immaginare che sarebbe finita così.
EPPURE Sottomissione, che è la traduzione della parola araba “Islam”, è lo stesso titolo del cortometraggio realizzato nel 2004 da Theo van Gogh, il regista assassinato da un musulmano olandese. Il titolo non è certo una coincidenza, ma una chiara citazione: allora la sceneggiatrice Ayan Hirsi Ali voleva denunciare la sottomissione e il maltrattamento delle donne nella società musulmana. Nel libro di Houellebecq sotto accusa è invece la sottomissione dell’Occidente che ha rinunciato a difendere i suoi valori e ha ceduto all’Islam. “L’ateismo e il secolarismo sono morti. E lo stesso può dirsi della Repubblica francese” ha detto Houellebecq al Nouvel Observateur. Lo scrittore più provocatorio di Francia è il protagonista della vignetta sulla copertina dell’ultimo numero di Charlie Hebdo, in edicola da ieri. Sotto il titolo “Le previsioni del mago Houellebecq” dice: “Nel 2015 perdo i denti, nel 2022 farò il Ramadan”, perché alla fine del romanzo il protagonista, che è un po’ anche l’alter ego dell’autore, si converte all’Islam. Così ieri, anche gli uffici della casa editrice Flammarion sono stati evacuati per precauzione. In qualche modo il mago Houellebecq, dopo quelle sul terrorismo di massa, il turismo sessuale e la clonazione, ha centrato anche questa previsione: la reazione francese all’attentato è a suo modo una sconfitta della società laica e del secolarismo francese e una forma di sottomissione a una cultura del terrore e dell’assolutismo religioso. “È fantapolitica, un racconto moderno che gioca sulle paure francesi” ha dichiarato ieri Houellebecq al tg di France2. “Non mi vengono in mente romanzi che abbiano cambiato il corso della storia. Sono altre cose che cambiano il corso della storia, come alcuni saggi, tipo Il Manifesto del Partito comunista. Ma non i romanzi. Quando scrivo non evito di trattare un argomento solo perché so che sarà polemico”.
POI HA AMMESSO che l’idea di un partito islamico al potere non ècosìperegrina,anchesenonsarà nel 2022. Per completare la provocazione ha aggiunto: “Sono convinto che Napoleone, arrivando in Egitto, non avrebbe esitato a convertirsi all’Islam se l’avesse ritenuto utile ai suoi interessi”. Il protagonista di Sottomissione è un 44enne professore frustrato, nichilista e attratto dal sesso con donne della metà dei suoi anni. È lui il narratore dell’ascesa al potere di Mohammed Ben Abbes, che sconfigge il Front National di Marine Le Pen, grazie a un accordo elettorale con Ump e Ps. Per gli islamisti Abbes rivendica solo il ministero dell’Educazione: scompaiono le gonne e appaiono i veli, le donne smettono di lavorare, il che risolve il problema delle disoccupazione e del welfare. Alla fine la Francia islamizzata sarà più felice. E lo stesso protagonista deciderà che gli conviene convertirsi: così avrà un posto alla Sorbona (divenuta università coranica) e tre mogli, due giovani per il sesso, e una più vecchia per i lavori domestici. Il protagonista, come la cultura occidentale ormai corrotta, è pronto ad accettare l’islamizzazione senza resistenza. “Ancora nessun attentato in Francia?”, ironizza l’ultimo Charlie Hebdo; il terrorista risponde: “Pazientate. Abbiamo ancora fino alla fine di gennaio per presentare i nostri auguri”. Sulla copertina del Nouvel Obs in edicola oggi Houellebecq afferma: “Sono sopravvissuto a tutti gli attacchi”. Previsioni inquietanti.