Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

RESTI TRA NOI


Ad Accra, in Ghana, l’eterno riposo può cominciare in curiose bare a forma di aereo o di Ferrari. Per quelli – tanti – che nel resto del mondo optano invece per la cremazione c’è solo l’imbarazzo della scelta: si può finire nello spazio, sul fondo dell’oceano, in un diamante o nei fuochi d’artificio. E se per tenere sempre con sé il caro estinto gli Yanomami dell’Amazzonia ne masticano le ceneri, in Svezia c’è chi ha trovato il modo di chiudere il ciclo vitale dell’uomo trasformando i corpi in compost. Insomma, anche se il modo di trattare le salme è cambiato nel tempo, la scelta continua a essere molto varia, secondo le culture e le religioni.

CENERE ALLA CENERE. La cremazione in Europa è in costante aumento. In Svizzera segue il 90% dei decessi; in Danimarca e Svezia il 77%; in Inghilterra il 73%. In Giappone è addirittura obbligatoria! Si tratta di una pratica antica. Era in voga fra gli Etruschi, i Greci e i Romani, in accordo con le idee platoniche secondo le quali l’anima doveva separarsi dal corpo corruttibile per salire pura nell’Iperuranio, dove dimenticare e reincarnarsi. Poi, in epoca cristiana, fu vietata: poiché con la resurrezione il corpo si sarebbe ripresentato, ne andava rispettata l’integrità. La cremazione era ancora tabù e vista come una trovata massonica ai tempi di Garibaldi (che, contro il suo volere, finì seppellito) e venne liberalizzata solo nel 1888 dal governo Crispi.
Nel 1963 la Chiesa consentì formalmente questa pratica, pur continuando a raccomandare l’inumazione. Le ultime statistiche italiane disponibili riguardano il 2012: 102 mila cremati (il 16,62% dei defunti), l’anno precedente erano 88 mila. Segno che quest’abitudine sta prendendo piede anche da noi. E, infatti, sempre più sacerdoti celebrano il servizio funebre nei crematori. Un po’ più complicata la gestione delle ceneri. Se in Inghilterra la dispersione è comunissima (solo l’1% dei cremati, infatti, finisce nei loculi e tutti i cimiteri hanno un “campo delle rimembranze” preposto alla dispersione), in Italia è permessa solo dal 2011, in un luogo a piacimento, purché si avvisi il Comune e si rispetti la distanza dalle abitazioni prevista dai regolamenti municipali. Le ceneri possono anche essere tenute in casa. La Chiesa, invece, non consente né la dispersione, né la detenzione in casa. Ma regole e regolamenti a parte, resta il fatto che per i più estrosi le soluzioni per “il dopo” si stanno moltiplicando.

UN DIAMANTE È PER SEMPRE. Una destinazione molto ambita, per esempio, sta diventando il ciclo. In Italia è possibile disperdere le ceneri nei fuochi artificiali grazie ai servizi di un’impresa veneta, negli Stati Uniti alcune agenzie funebri garantiscono lo spargimento in volo nel Grand Canyon o sulle Hawaii. Ma le ceneri possono persino essere spedite nello spazio. Fra i primi 24 uomini... in polvere lanciati in orbita figurano lo psichiatra inventore dell’Lsd, Timothy Leary, il fisico spaziale Gerard O’Neill e il creatore di Star Trek, Gene Roddenberry. Chi invece vuole tenersi vicino i resti del proprio caro può sempre rivolgersi a una delle (ormai) numerose aziende che sanno trasformare le ceneri, ricche di carbonio, in diamanti. Non ha pensato invece al valore economico ma all’impatto ambientale la biologa svedese Susanne Wiigh-Mäsak, che ha brevettato un procedimento per trasformare il cadavere in compost: un apposito macchinario porta il corpo a -18 °C per poi abbassare di colpo la temperatura a -196° C con l’azoto liquido. La salma, fragile come il vetro, viene ridotta in polvere da onde sonore. Infine una camera a vuoto estrae i liquidi mentre un separatore di metalli elimina i corpi estranei. Alla fine, un corpo di 75 kg si riduce a 25 kg di granulato completamente organico, pronto per essere seppellito in una scatola biodegradabile: nell’arco di un anno il corpo torna a essere terra. E dove non arriva la tecnologia, può la tradizione: gli Yanomami dell’Amazzonia mischiano una parte della cenere del loro morto con del tabacco e ne ricavano un bolo da masticare. Una forma di endocannibalismo: si assume qualcosa del defunto per interiorizzarlo.

SULLA PIRA. Nel nostro virtuale giro del mondo dei riti funebri non può mancare l’India con le sue caratteristiche pire funebri. L’usanza è legata al principio induista della reincarnazione: il corpo non ha valore poiché si rinasce numerose volte. A Benares, sul fiume Gange, accanto alla cremazione con le fascine sono comparsi moderni forni crematori che riducono in cenere anche le ossa. In affluenti come il Bagnati, che solca Kathmandu, le pire denunciano le differenze di classe: su una sponda ardono vivaci le spoglie dei ricchi, nell’altra quelle modeste dei poveri. Poiché le fascine costano, spesso i corpi dei meno abbienti vengono cremati male. Appartiene perlopiù al passato la tradizione della “sati”, in cui la vedova si gettava sulla pira del marito per morire con lui. Il rito, vietato nel 1827, riguardava soprattutto le caste più alte. Con un effetto pratico: se moriva anche la vedova, i beni restavano alla famiglia del marito. Giustificata dagli integralisti indù (garantirebbe 35 milioni di anni in paradiso alla sposa in felice unione con il marito), la sati è stata solo sporadicamente praticata in tempi recenti. L’Indian Commission of Sati Prevention Act registra nel 1999, nell’Uttar Pradesh, il sacrificio di una donna di 54 anni; nel 2006 la sati di una signora di 35 anni; nel 2008 si è immolata una vedova 75enne.

DORMI SEPOLTO. L’inumazione è un obbligo per oltre un miliardo di musulmani: per andare in paradiso il corpo deve essere conservato possibilmente integro. Idem per gli ebrei. Entrambe le religioni prescrivono di evitare contatti fisici con il morto, considerato impuro, ma a lui vanno poi riservate le massime cure cimiteriali. In Africa, la tradizione animista prevede invece la cura del corpo da parte dei parenti, incluse effusioni fisiche come baci e abbracci alla salma (e questo è uno dei motivi della diffusione di Ebola). Nel Nord del Camerun, prima della sepoltura, nella tribù dei Rumsiki il defunto viene portato, sollevato a braccetto, nei luoghi che più amava quando era in vita (campo di calcio, case di amici, piazza del villaggio); dopodiché viene fatto partecipare a una grande festa in suo onore. In quasi tutti i Paesi dell’Africa subsahariana alcune malattie sono interpretate dai guaritori come conseguenza dalla trascuratezza verso il defunto. Guai, quindi, se un parente non si occupa della tomba del suo caro.

SEMBRARE VIVI. La mummia di Lenin fu voluta da Stalin. Il dittatore si ispirò alla tradizione della Chiesa ortodossa russa che prescriveva l’imbalsamazione per gli ecclesiastici più importanti. Con buona pace del materialismo, Stalin era ben conscio della forza del rito cristiano e lo utilizzò per costruire il culto comunista della personalità. Oggi l’imbalsamazione è praticata, per rispetto o narcisismo, negli Stati Uniti: si mette la salma, ben vestita e truccata, nelle condizioni di ricevere al meglio e per molto tempo amici e parenti, prima di essere sepolta e durare a lungo nella bara. A New Orleans si può essere imbalsamati in moto, in poltrona, nell’atto di fare jogging o di bere una birra.

IL CRANIO DEL NONNO. Se le tribù ancora esistenti di cacciatori raccoglitori, come gli Hazdabe della Tanzania, lasciano il corpo agli elementi atmosferici e agli animali selvatici, diverse etnie della Nuova Guinea conservano i crani dei defunti, adornandoli con perle e piume, in edifici chiamati “case degli uomini”. Al loro interno i ragazzi imparano la genealogia del clan, un po’ come facevano i giovani patrizi a Roma, nella stanza delle maschere di cera degli antenati, accompagnati dal pater familias. In Camerun, la tribù dei Bamilike, pur integrata alla modernità e alla globalizzazione, conserva il culto del cranio, di probabile provenienza preistorica. I teschi degli anziani possono essere conservati sia in apposite strutture del villaggio, sia nelle singole case. Questo culto dei morti sostituisce nei Bamilike ogni forma di devozione ad altre divinità. Fatto, questo, che ha indotto gli studiosi a formulare un’ipotesi sull’origine delle religioni. E cioè: la devozione verso gli antenati potrebbe essere alla base dei culti politeisti. Le società più complesse sarebbero ricorse alla codificazione di divinità collettive, astratte e riconoscibili da tutti, solo in un secondo tempo.
Franco Capone