Andrea Secchi, ItaliaOggi 8/1/2015, 8 gennaio 2015
GIORNALISMO, IL FUTURO È QUI
Dai droni per fare reportage ai servizi giornalistici realizzati come videogame. Nel gioco delle previsioni per il 2015 non potevano mancare anche quelle sul giornalismo, una raccolta di consigli degli esperti del settore e di esperimenti già cominciati, alcuni con un futuro certo, altri un po’ meno.
Di sicuro, quello che emerge con più forza è la necessità di coinvolgere i lettori, soprattutto i più giovani, che rischiano di sfuggire ai prodotti giornalistici tradizionali.
Realtà virtuale. Dentro un reportage come in un videogioco, con la possibilità di volgere lo sguardo dove si vuole, attivando pezzi del racconto di conseguenza. È la realtà virtuale applicata al giornalismo, un modo, secondo l’editore americano Gannet che l’ha sperimentata, per colpire e attrarre i giovani fra i 12 e i 29 anni, la cosiddetta generazione Minecraft, dal nome di un famoso videogioco lanciato nel 2009. Le ipotesi sono tante, per esempio anche la possibilità di inserire pubblicità attraverso il product placement all’interno delle storie che si raccontano. Alcuni tipi di giornalismo potrebbero essere adatti alla realtà virtuale: racconti di guerra, per esempio, così come servizi scientifici o sociali. Ci sono però anche gli scettici: impegnativo e costoso realizzare prodotti di questo tipo.
Uno Spotify delle news.
Gli utenti cambiano più volte nella giornata i dispositivi con i quali accedono alla rete e questo può voler dire perdere un lettore che invece al primo accesso ha trovato interessanti le news e gli approfondimenti del sito. Secondo gli analisti di Webbmedia Group una soluzione potrebbe essere quella di permettere di fare playlist degli articoli da leggere durante la giornata direttamente dal sito di informazione. In questo modo l’editore potrebbe trattenere per più tempo l’utente e avere il suo contatto più volte al giorno, evitando che altri servizi di archiviazione (del tipo «leggi più tardi» stile Getpocket), si approprino di questa funzione.
Stessa notizia, più confezioni. Il viaggio in treno o in metro, le pause davanti al pc del lavoro, l’attesa alle poste, un momento di relax guardando la tv. Il focus delle redazioni e degli editori in futuro non dovrà essere sui singoli dispositivi, ma sull’audience e su quello che si fa durante la giornata. E allora lo stesso contenuto dovrà essere riconfezionato pensando alle differenti situazioni oltre che ai differenti mezzi su cui sarà fruito. Ma non sarà un lavoro soltanto umano: algoritmi sempre più sofisticati ormai aiutano a combinare diversamente ciò che già esiste.
Il giornalismo col mobile. Più che un trend per il futuro è ormai una realtà affermata. Non sono poche le testate che utilizzano contributi mobile dai propri redattori, sia che si tratti di articoli scritti che, soprattutto, di video e immagini.
E non si parla solo di web: Sky News ha utilizzato spesso i suoi reporter, dotati di iPhone con speciali applicazioni, per coprire eventi con maggiore velocità in attesa dell’arrivo di una troupe. Così come Al Jazeera ha utilizzato gli smartphone per produrre reportage dalla Siria, in zone dove era sconsigliato arrivare con le telecamere. Ovvio che anche semplici cittadini hanno ormai da tempo cominciato a fornire i propri contributi, spesso esclusivi.
Un occhio volante. Di sicuro avrà un futuro il giornalismo con l’ausilio dei droni, i piccoli velivoli radiocomandati dotati di videocamera. Negli Stati Uniti già dal 2011 esiste il Drone Journalism Lab all’Università del Nebraska, così come il Drone Journalism Program dell’Università del Missouri. I droni consentono di avere immagini altrimenti difficili di ottenere, di «spiare» all’interno di recinti e persino di avvicinarsi alle finestre e vedere all’interno. Un esempio di giornalismo con i droni che ha fatto il giro del mondo è il servizio fotografico di Cernobyl, teatro del disastro nucleare del 1986. Philip Grossman di The Weather Channel ha utilizzato un drone per avere immagini esclusive della zona più radioattiva al mondo.
Non mancano le incognite. Il fenomeno è infatti relativamente recente, e nei vari paesi non è regolamentato né dal punto di vista della sicurezza né da quello della deontologia.
Andrea Secchi, ItaliaOggi 8/1/2015