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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

SE UN PASSAGGIO VALE UNA RISSA

Si può dare di più, senza essere eroi. Lo sa bene Pablo Osvaldo. Lo imparerà prima o poi anche Mauro Icardi, uno che tra passaggi sbagliati e relazioni pericolose, non è in cima alle preferenze dei colleghi e dei compagni di squadra. Ecco, appunto,la squadra: «Così non si costruisce nulla» ha sibilato martedì sera Roberto Mancini, dopo il tentativo di «chiarimento ravvicinato» tra i due attaccanti dell’Inter. Al massimo ci si costruisce una reputazione, pessima, come quella dell’azzurro.
Osvaldo non ama troppo i riflettori e infatti allo Stadium non ci è andato giù troppo pesante contro il compagno che non gli ha passato la palla. Lo screzio è proseguito nel tunnel ma senza raggiungere i livelli di quello, al Southampton, con José Fonte, ricoverato con «gravi lesioni facciali» dopo uno scambio di opinioni con Pablito in allenamento. Anche Erik Lamela, nella quiete dello spogliatoio di Udine si è preso uno schiaffone da lui, sempre per un passaggio sbagliato. Ma in quel caso il compagno più giovane aveva reagito a parole ai primi insulti. Icardi se n’è stato zitto e a fine partita ha ammesso l’errore: un comportamento professionale, non consono al premiato club dei rissaioli, così affollato che tocca per forza fare a pugni per entrare.
Presidente e vice-presidente vicario sono due giocatori inglesi, più noti alla polizia che al grande pubblico: nel 2005, Lee Bowyer e Kieron Dyer, compagni nel Newcastle, si prendono per il collo nel pieno di un’azione d’attacco contro l’Aston Villa. La rissa in famiglia è in grande stile e vale la doppia espulsione. Considerato che Dyer è uno che ha dovuto pagare 1,5 milioni di euro di spese processuali per un pestaggio razzista, queste sono solo ragazzate, anche se fanno scena.
Perché tutti sono capaci di picchiarsi in allenamento: Ibrahimovic-Onyewu al Milan, con costola rotta per lo svedese – confessata solo nella sua autobiografia – resta un caposaldo del genere, assieme alla faccia di Ousmane Dabo gonfiata dai pugni di quel soggetto di Joey Barton (al City) o al contatto ravvicinato Mancini-Balotelli, sempre a Manchester.
Ma in partita (e tra compagni, perché l’allenatore, come insegna il caso Delio Rossi-Ljajic alla Fiorentina, è un capitolo a parte) è tutta un’altra faccenda. La testata di Adebayor al compagno Bendtner ai tempi dell’Arsenal è una variazione sul tema dello schiaffo per un semplice passaggio maldestro, che da Altobelli-Hansi Müller, passando per Messi-David Villa (solo «pensato» e non dato) o Balotelli-Ibrahimovic, ha fatto scuola. Nel caso di Adebayor c’è l’aggravante dei futili motivi: il danese non si presentava mai nello spogliatoio con le scarpe d’ordinanza – previste dal regolamento – e questo mandava su tutte le furie il togolese.
Anche Arjen Robben è un tipo preciso, tanto da diventare nemico per la pelle di Thomas Müller al Bayern per un errore di troppo, colpendolo al volto con una manata. Ma anche un giocatore creativo come l’olandese ha scritto, in questo caso sul proprio zigomo esibito nelle interviste post partita, una pagina tutta nuova: zuffa nello spogliatoio, ma nell’intervallo di una partita, la semifinale Champions del 2012 contro il Real Madrid, con un altro piccolo lord come Ribéry. Motivo? Robben aveva fatto calciare una punizione a Kross e non al francese, permalosetto.
Perché gli avversari si battono sul campo (quel Bayern andò in finale col Chelsea), i compagni si battono dove capita: il 31 maggio 2014 la Ternana affronta la prestigiosa finale del campionato Berretti (17-18 anni) contro il Torino. La società ci tiene a vincere e schiera alcuni giocatori più anziani, della formazione Primavera. Gli esclusi si ribellano, tifano contro dalla tribuna, scatenando una mega rissa, con sospensione di otto minuti e il faticoso intervento degli steward e della Digos. Solo la sconfitta ai rigori rovina i piani per un frizzante dopo partita, tra compagni di scazzottate.
Paolo Tomaselli