Filippo Facci, Libero 8/1/2015, 8 gennaio 2015
NOI NO
Già mette nausea la pubblica baruffa tra ex, poi c’è la disputa geografica sui funerali, poi l’immancabile inchiesta giudiziaria: dopodiché, chiarito che Pino Daniele è parte insostituibile dell’adolescenza di molti di noi, come dire, aderire a questa improbabilissima elaborazione nazionale del lutto non è per niente obbligatorio, anzi. Vi rivelo che molti di noi - che hanno amato e cantato e persino suonato Pino Daniele - certa napoletanità retorica la rimandano volentieri al mittente. Vi rivelo, poi, che cos’è successo nei giorni scorsi: è morto un musicista, un grande musicista, un grandissimo musicista: niente di più e niente di meno. Ma questo è accaduto in un Paese confuso e infelice che ogni tanto abbozza delle inverosimili riunificazioni nazionali che non riunificano un bel niente: si ammassano attorno alla salma di attori e cantanti (eccetera) purché non si parli di politica, di coloro che - esistono - cercano di cambiare le cose laddove le cose si cambiano, e non solo suonando una chitarra. E’ morto un musicista, ma un politico suo amico - un D’Alema, per dire - non ha potuto entrare nella camera ardente perché degli scalmanati gridavano "vergogna": era la stessa società civile che poco prima aveva avuto il buon gusto di fotografare la salma. Napule è.