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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

IFO: LA GRECIA DEVE USCIRE DALL’EURO

Potrà sorprendere ma Alexis Tsipras, il leader del partito di opposizione greco Syriza, può contare su autorevoli estimatori in Germania. E non si tratta degli esponenti della Linke, il terzo partito tedesco composto in buona parte da ex comunisti della Germania Est. Qui si parla di esponenti dell’establishment molto ascoltati a Berlino e saldamente ancorati ai valori del liberismo. Per esempio secondo Hans Werner Sinn, presidente dell’Ifo, l’istituto di ricerca che elabora l’omonimo indice di fiducia delle imprese tedesche, Tsipras è uno dei pochi politici greci «che hanno capito la natura del problema» ed è disposto a prendersi i relativi rischi. In un’intervista pubblicata ieri da Handelsblatt, Sinn ha dichiarato che «con un forte taglio del debito, palese o dissimulato, ci sarebbe un’altra bancarotta» della Grecia, «alla quale seguirebbero nuovi prestiti e nuovi tagli del debito, ancora e ancora per i prossimi anni». L’unico modo per uscire da questo vicolo cieco, secondo Sinn, è «ristabilire la competitività della Grecia attraverso la svalutazione della sua moneta, quindi una graduale uscita dall’euro che ha come condizione un nuovo taglio del debito. Tutto questo va deciso e coordinato a livello internazionale». Il presidente dell’Ifo vede il bisogno di un’azione urgente perché «la situazione è insopportabile per la popolazione». Lo dimostra il fatto che la disoccupazione è raddoppiata al 26% dal maggio 2010, quando venne dato il via alla prima tranche di prestiti al Paese con il contestuale arrivo della Troika (in totale i prestiti ammontano a 240 miliardi di euro), mentre la produzione industriale è inferiore del 30% rispetto ai livelli pre-crisi. Per non parlare dei salari, che sono ancora il doppio di quelli polacchi. Una differenza che non può essere colmata da nessun genere di riforma strutturale del mercato del lavoro, ma solo da un nuovo taglio del 50% degli stipendi. Una pretesa che si può immaginare poco digeribile dai lavoratori greci. In definitiva, Sinn è convinto che in ogni modo la Grecia non sia in grado di ripagare i suoi debiti (probabilmente tutti gli attori coinvolti nella vicenda sono dello stesso avviso). Per il capo dell’Ifo, se la Grecia uscisse dall’euro la Germania accuserebbe perdite al massimo per 76 miliardi di euro. Stesso risultato se si insistesse con i prestiti, che alla fine non verrebbero comunque restituiti. Tanto vale, allora, rompere il circolo vizioso, consentendo così alla Grecia di avere una possibilità di ripresa economica. Una posizione, quella di Sinn, che non dovrebbe stupire nessuno, visto che il governo tedesco non ha smentito in maniera inequivocabile le indiscrezioni di sabato scorso del settimanale Der Spiegel, secondo cui la cancelliera tedesca Angela Merkel e il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, si sono convinti che Eurolandia sia assolutamente in grado di sopravvivere all’uscita della Grecia dalla moneta unica. Vista però la reazione delle borse a questa prospettiva (due giorni fa piazza Affari ha perso il 4,9% e ieri lo 0,2%, fallendo così il tentativo di rimbalzo), parrebbe invece che i mercati non siano affatto convinti che l’uscita della Grecia sarebbe indolore. Anzi. Per spiegare questa contraddizione non è il caso di fare dietrologie. Però bisogna ricordare una cosa che spesso viene dimenticata: la Germania, intesa come una parte consistente della sua élite (per non parlare dei pensionati tedeschi, i cui risparmi non rendono niente a causa della politica dei tassi zero adottata dalla Bce dell’italiano Mario Draghi), non ha mai sopportato l’euro: la moneta unica è stata infatti imposta dalla Francia in cambio del via libera alla riunificazione tedesca. La Germania è poi stata abilissima nello sfruttare tutte le possibilità offertele dalla moneta unica (qualcuno sostiene che l’euro non è stato fatto per impedire all’Italia di svalutare, ma per consentire alla Germania di farlo). Con il riacutizzarsi della crisi greca l’unione monetaria è però tornata a un punto morto. Dopo aver spremuto fino in fondo il limone dell’euro, ora la Germania è sull’orlo della recessione e della deflazione. A Berlino sanno che l’unico modo efficace per superare l’impasse è quello di aprire il portafoglio. Cosa che da quelle parti non vuole fare nessuno. L’alternativa è buttare via il limone spremuto. E allora l’uscita di Sinn potrebbe essere strumentale al raggiungimento di questo obiettivo non dichiarato.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 7/1/2015