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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

PERISCOPIO

C’è un Renzi di destra e un Renzi di sinistra, quello di sinistra fa il Papa. Jena. La Stampa.

Vandali distruggono la sede Pd di Apignano. Renzi: «Dilettanti, di questo passo ci mettono una vita». MF.

Ma tutti questi mercantili di profughi davanti alla Puglia? Sicuri che non stiano organizzando le primarie di Fitto? Maurizio Crippa. Il Foglio.

Ebola, il medico italiano guarisce grazie a una cura sperimentale. Ora verrà testata sui vigili di Roma. Spinoza.it

Si investe negli F35, ma i militari sono ancora decorati a mano. Massimo Bucchi. ilvenerdì.

Amato Giuliano. È il prediletto di Napolitano e Berlusconi (infatti ha due pensioni). Potrebbero essergli fatali l’inesperienza politica (ha avuto solo 76 incarichi) e la tenera età (appena 76 anni). Cassese Sabino. Leggermente più maturo (79 anni), piace molto a Re Giorgio e soprattutto all’infanto Giulio. L’altra sera sparava cassate da Floris. Ieri ha scritto sul Corriere che il nuovo presidente «tornerà al modello einaudiano». Tradotto: se eleggete me, non rompo i coglioni, dove mi mettete sto. S’offre parecchio. Marco Travaglio. il Fatto.

Si era detto una donna al Colle? Perché no? Resto ferma alla campagna Emma for president, di molti anni fa (2008). Da qualche parte devo avere anche una maglietta con la scritta... Chi meglio della Bonino, primo ingresso a Montecitorio datato 1976? Erano gli anni in cui i Radicali erano gli unici a parlare di libertà di antenna, per esempio. Quando ricordiamo le loro battaglie, pensiamo sempre a divorzio e aborto e ci dimentichiamo che se oggi radio e tv sono liberissime, lo si deve anche alle loro costanti manifestazioni, imbavagliati. Sigillavano gli apparecchi tv per denunciare l’abuso del canone e per stimolare un pubblico nuovo a pretendere pluralismo. Oggi diamo tutto per scontato, ma chi c’era si ricorda bene quale cappa di piombo (nel vero senso della parola) circondasse la politica. Se una notizia non la dava l’Ansa di Montecitorio e non la riprendevano i Tg ufficiali, quel fatto semplicemente non esisteva. La giornata di Camera e Senato, imbrigliata dai pastoni, era una successione di luoghi comuni per addetti ai lavori. Barbara Palombelli. Il Foglio.

L’uomo nuovo, Matteo Renzi, ha agitato molte speranze, ma per ora i fatti sono pochi. Riporto un suo tweet di aprile: «#municipalizzate, sfoltire da ottomila a mille.» Sono ancora ottomila. La Grande Mangiatoia. Massimo Gramellini. La Stampa.

Per la politica attiva non sono tagliato. Checché se ne dica, sono troppo buono. Giuliano Ferrara. Il Foglio.

La vicenda degli assenteisti finirà forse nel nulla, all’indignazione seguirà la rassegnazione. È la Roma statale e parastatale, con i suoi privilegi quasi intoccabili, difesi dalla compiacenza dei sindaci e dalla complicità dei sindacati. È la «Roma di mezzo», la Roma della mezza-porzione, la Roma dove persino la criminalità organizzata pare cialtrona e millantatrice. È Roma-Italia mezza «ladrona». Otello Celletti (L’Alberto Sordi de Il vigile di Luigi Zampa, 1963) non farà crollare nessuno. Dovrà solo decidersi, «tra una guera e n’antra, de fà quarcosa ». Anche solo assentarsi dal lavoro. Aldo Grasso. Corsera.

Non so se Napule è è un capolavoro, di sicuro non me n’ero accorto quando l’abbiamo composta a casa di Rino Zurzolo, lui aveva quattordici anni e suonava il contrabbasso, io sedici e mi arrangiavo da autodidatta con la chitarra. Eravamo tutti e due innamorati di Luigi Tenco, ci scambiavamo poesie per divertimento, scritte in italiano, tra i banchi di scuola, all’Istituto tecnico commerciale Diaz. Diàz, come si dice a Napoli. Se ci sta il genio e fai qualcosa che rimane, te ne rendi conto solo dopo, quando vedi che una canzone come quella entra nella vita delle persone, nel quotidiano, e non ne esce più. Io allora non pensavo che avrei fatto il cantante e tanto meno che avrei inciso un disco. La certezza che questa passione sarebbe potuta diventare un mestiere l’ho avuta solo dopo il secondo elleppì, dopo il successo di Je so’ pazzo. Lì ho capito che potevo guadagnarmici da vivere. Solo a quel punto ho anche iniziato a studiare seriamente la chitarra. E non ho ancora finito. Pino Daniele, musicista. la Repubblica (Emilio Marrese).

Avendo lavorato tanto tempo da noi, in Italia, Petersson, a.d. di Ikea Italia (classe 1959, buon suonatore di basso e armonica) conosce perfettamente tutti i nostri difetti. Qualche volta li snocciola. «I genitori non aiutano i ragazzi a uscire dalla famiglia e a conquistare il mondo. E non c’è una struttura sociale che sia capace di valorizzare il merito e i talenti». Dario Di Vico, Corsera.

Albert Einstein conosce l’imminente fine di Hitler. Medita lungamente e poi scrive una lettera manoscritta in tedesco a Roosevelt, presidente degli Stati Uniti. Il suo messaggio: Hitler è perso, bisogna arrestare i lavoro per la costruzione delle bomba atomica, distruggere gli archivi, dimenticare i piani. Niente, nemmeno la necessaria spedizione contro il Giappone giustifica la minaccia nucleare. Roosevelt riceve la lettera. La guarda. Conosce il tedesco. Capisce che è un testo importante. Decide di concedersi qualche istante di riposo, per poter decidere con le idee più chiare. Mette la lettera alla sua destra. Passano pochi minuti. Porta la mano alla sua testa. Dice, saranno le sue ultime parole: «Oh, come ho male alla testa...». E subito il capo si piega sul suo petto. Embolia cerebrale fulminante. Il presidente è morto. Servan-Schreiber, Passions. Fixot, 1991.

Atroce come una donna che ha smesso di amare. Gabriel Matzneff, Galop d’enfer. La table ronde,1985.

Si voltò a guardare il grosso cofano del camion, quadrato, grigio, sussultante per il motore accesso, con i fari tondi simili ad occhi di batrace, le sporchissime ruote (alte e dai pneumatici profondamente incisi) messe un po’ di sbieco. Gli parve il più brutto veicolo che avesse visto mai. Italo Alighiero Chiusano, La derrota. Rusconi, 1982.

Ti vedo nell’ombra dei ricordi / una mattina nebbiosa novembrina / sul treno a mezzo la pianura, / in dormiveglia - già stanco prima di partire - / avvolto nel pastrano marrone / pesante infeltrito quasi militare. / Il breve saluto fuori la stazione / la distanza si allunga / dopo la curva, in opposte direzioni, / verso inconciliabili orizzonti. Giovanni Zilioli, La compassione dei vinti. Nephos edizioni, 2004.

Il popolo in piazza è un gregge ruggibondo. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/1/2015