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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

B. POTREBBE VOTARE ANCHE PRODI

[Intervista a Giovanni Orsina] –
Giovanni Orsina, politologo e storico contemporaneo della Luiss di Roma, sta ultimando la presentazione di un progetto europeo ma accetta di buon grado di parlare delle elezioni per il Quirinale, «così faccio un pausa perché sono abbastanza frollato», ci scherza sopra.
Questo romano classe 1967 è uno degli studiosi più autorevoli del berlusconismo in Italia, avendo dedicato all’ascesa (e alla discesa) del Cavaliere saggi ed articoli. Cavaliere che sarà fondamentale anche in questa elezione del presidente della Repubblica.
Domanda. Professore che cosa vede dal suo osservatorio?
Risposta. Un’enorme partita a poker e quindi, come tutti, vedo ancora poco. Una mano che giocano in molti, bene attenti a non scoprire le carte e anche bluffando un po’.
D. Chi dà le carte?
R. Innanzitutto Matteo Renzi, certo. E tutti gli altri stanno aspettando di vedere che tipo di carte ha in mano.
D.Che obiettivi ha il premier?
R. A mio avviso almeno due e non troppo compatibili l’uno con l’altro.
D. Vale a dire?
R. Il primo è certamente quello di chiudere in fretta. Più le cose si trascinano e peggio va per lui.
D. Perché, professore?
R. Perché lui viene visto come quello che fa marciare le istituzioni. Se però le cose non vanno, se le istituzioni appunto non marciano, qual è la sua utilità?
D. Il secondo obiettivo?
R. Mandare al Colle qualcuno che non gli dia ombra. Insomma, Renzi deve puntare sul «quando» e il «chi».
D. Obiettivi difficilmente compatibili, notava un attimo fa. E, dovendo scegliere, Renzi cosa farà?
R. Dovendo mollare qualcosa, credo che cederà sul nome. Perché se Renzi si impuntasse sul «chi» e i tempi si allungassero, aumenterebbe anche il rischio di perdere anche il secondo obiettivo.
D. Cioè che dopo un’estenuante battaglia uscisse anche un personaggio sgradito...
R. Esatto. Per questo, credo che lui cercherà un compromesso su una personalità con un certo grado di autonomia ma certamente non antirenziana. E i nomi sempre quelli...
D. Rifacciamoli...
R. Beh, Giuliano Amato, Walter Veltroni...
D. Impensabile qualcuno del giro più stretto, come Graziano Delrio o Roberta Pinotti?
R. No, non sarebbero un compromesso e gli oppositori non glieli farebbero mai passare perché, un secondo dopo essere stati eletti, potrebbero sciogliere le camere, se a Renzi facesse comodo.
D. In ogni scenario risulta decisivo il «suo» Berlusconi. Ma allora, anche la casella del Quirinale era dentro questo Patto del Nazareno, di cui molti hanno rintracciato la prova provata nel decreto fiscale congelato in questi giorni?
R. Secondo me sì, il Colle fa parte di quell’accordo ma per un fatto puramente logico.
D. Vale a dire?
R. Non avrebbe avuto senso fare accordi disgiunti per le riforme istituzionali e per le elezioni del presidente della Repubblica, ossia dividere il piano istituzionale e quello politico. Perché il capo dello Stato sta nel primo. E oltre alla logica politica, c’è quella che Renzi stesso ha mostrato sin qui.
D. Ossia?
R. Di provare innanzitutto con l’interlocutore più affidabile. E fra le opposizioni il Cavaliere lo è per certo. In più, l’accordo con B. è in grado di reggere quasi 200 franchi tiratori, nel senso che registra tanti voti oltre il quorum che scatta dalla quinta votazione in avanti. Significa tenere fino a 150 dissenti piddini e 30-40 ribelli forzisti.
D. Però un paio di settimana fa, il premier aveva dato l’impressione di voler smontare l’intesa stabilità nella sede del Pd, minacciando di cercare alleanza persino col M5s.
R. Da una parte è tattica. Quando uno va a contrattare deve innanzitutto dimostrarsi forte, facendo capire di esser pronto a vendere il tappeto nel negozio a fianco, se il prezzo non è accettato.
D. E dall’altra?
R. Un’opzione reale perché, se si arrivasse alla 50ma votazione, e Forza Italia si smontasse, Renzi sarebbe obbligato ad andare a trovarsi i voti altrove.
D. Gran brutto guaio, insomma, se il Nazareno non funzionasse...
R. Queste elezioni sono per Renzi la trappola peggiore, perché tutti lo aspettano al varco e perché qui lo scrutinio segreto è una garanzia costituzionale.
D. Il franco tiratore qui ha il suo buon diritto_
R. Sarebbe anche sbagliato evocare il concetto stesso, qui il grande elettore esercita una sua prerogativa, una libertà sancita, e non sta fregando nessuno. In ogni caso, se lei va a vedere, le maggiori difficoltà del governo Renzi, le troverà sempre negli scrutini segreti , dal senato al Jobs act. Se il premier scavalla questo erto passo, le riforme da fare, dal completamento del Senato, al Titolo V, allo stesso Italicum, saranno più facili.
D. Lo aspettano al varco come fu per Amintore Fanfani esattamente 60 anni fa, come ricordano molti. È d’accordo?
R. Il richiamo a quella elezione calza a pennello: Fanfani voleva fare eleggere Cesare Merzagora, gli fu imposto Giovanni Gronchi.
D. E il Merzagora di Renzi chi potrebbe essere?
R. Non ce l’abbiamo ancora. Come, del resto, non si vede il Gronchi.
D. Romano Prodi potrebbe essere uno dei due?
R. Perché no? Ma Prodi potrebbe essere sia il Merzagora sia il Gronchi. Nella prima ipotesi ci sarebbe però da farlo accettare a Berlusconi.
D. Parrebbe che Augusto Minzolini ci stesse provando, ma in un’ottica gronchiana cioè antirenziana.
R. Berlusconi potrebbe accettare Prodi. Più difficile farlo accettare ai suoi elettori che, invece, lo detestano.
D. Perché B. potrebbe accettare il suo vecchio avversario?
R. Perché Prodi, più di chiunque altro, potrebbe fare cose berlusconiane, nel senso di provvedimenti, anche arditi, che intervengano sulle vicende giudiziarie di B.. Con la storia che ha, nessuno gli potrebbe rinfacciare d’essere un mero esecutore del Patto del Nazareno.
D. Prodi potrebbe concedere la grazia, insomma. Ma il professore potrebbe anche essere il Gronchi della situazione...
R. Certo, potrebbe essere candidato dalla sinistra del Pd, su cui convergano magari i grillini.
D. Beppe Grillo potrebbe farli scendere dall’Aventino, per interrompere la curva discendente del suo consenso?
D. Sì, potrebbe farlo, a patto di non ripetere l’errore fatto nelle scorse elezioni, candidando Stefano Rodotà, ossia proponendo un nome su cui pretendere che gli altri si accodino. Il M5s potrebbe fare ciò che missini e comunisti fecero appunto con Gronchi.
D. E se fosse un Prodi-Gronchi come si metterebbe per il Renzi-Fanfani?
R. Chiunque sia il Gronchi, per Renzi sarebbe un colpo serio. Vorrebbe dire continuare a utilizzare il voto palese e qualche fiducia per far marciare il treno. Ne uscirebbe molto indebolito politicamente.
twitter @pistelligoffr
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 7/1/2015