Camilla Conti, il Fatto Quotidiano 7/1/2015, 7 gennaio 2015
ANDREA BONOMI, DOPO LO SCHIAFFO CINESE GIOCA UN POKER CHIAMATO CARIGE
Rien ne va plus, les jeux sont faits. Andrea Bonomi ha abbandonato il campo di una battaglia andata avanti per quasi un anno a colpi di rialzi con i cinesi di Fosun: venerdì 2 gennaio ha infatti ritirato la propria offerta per comprare il Club Méditerranée. Il gioco non valeva più la candela per il quasi cinquantenne imprenditore milanese, che ha dovuto fare i conti anche con l’ostilità dei manager francesi guidati da Henri Giscard d’Estaing, figlio dell’ex presidente. La sensazione di Bonomi era che la controparte avrebbe continuato a tirar su il prezzo, meglio quindi lasciare. Incassando per altro una mini-plusvalenza di 5-10 milioni.
Finita la campagna di Francia, il mercato si è subito chiesto dove dirotterà i circa 600 milioni da investire. Le scommesse si sono concentrate su Carige, alle prese con la ricapitalizzazione imposta dalla Bce. Bonomi non ha mai nascosto il suo interesse per l’istituto genovese, ma ha sempre posto alcune condizioni: in primis quella di diventare il socio principale e quindi scegliere la governance. Evitando così di ricadere in un nuovo “Vietnam” come quello della Bpm, altra battaglia campale nel 2013 che lo ha visto combattere contro gli “Amici” della Popolare meneghina.
L’eventuale ingresso di Bonomi potrebbe liberare la strada ad altri investitori, come i Malacalza. E magari portare a una fusione con Bpm, se il governo varerà la legge per trasformare le Popolari in Spa. Un film che per adesso viene visto solo in Borsa. Perché la situazione in Carige è ancora confusa soprattutto per quanto riguarda il futuro ruolo della Fondazione che ha messo in vendita il 20% della banca. Le incognite sono tante, forse troppe per Bonomi che può anche permettersi di fermarsi un giro (nel 2014 ha già portato nel carniere di Investindustrial le lampade di Flos e la società chimica Ccp Composites comprata dalla francese Total). Fino a qualche tempo fa il suo regalo di Natale ai nuovi arrivati in azienda era il libro The Education of a Poker Player scritto da un crittologo americano che nel ’22 violò i codici diplomatici giapponesi. Non ci si può sedere al tavolo di poker con la paura di perdere. E Bonomi lo sa.