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 2015  gennaio 06 Martedì calendario

I VESCOVI USA A BOCCA ASCIUTTA

Città del Vaticano
Papa Francesco snobba la Chiesa italiana con due nomine da due diocesi che non sono sede cardinalizia (Agrigento ed Ancona, nelle persone di Francesco Montenegro ed Edoardo Menichelli), per un Sacro Collegio che dovrà scegliere il successore di Jorge Mario Bergoglio in un mondo più globalizzato e con un occhio terzomondista.
La «linea Bergoglio», ossia quella di scegliere persone di fiducia e che abbiano esperienza pastorale più che di maneggio delle cose ecclesiastiche, emerge dalle scelte che il Pontefice ha fatto.
È da segnalare una certa irritazione, si dice Oltretevere, da parte dei vescovi americani che non hanno visto l’assegnazione di alcuna berretta: una scelta che ha lasciato perplessi non pochi nei Sacri Palazzi, visto che – si dice – il loro approccio pragmatico, in tema di omosessualità, non avrebbe convinto del tutto il Santo Padre. Per quanto riguarda invece l’emersione di piccole realtà come ad esempio Tonga, appena 13 mila fedeli e 967 kmq di estensione (cioè quasi quanto la sola città di Roma), c’è chi osserva che queste scelte, se da un lato aprono alle periferie, dall’altro manca quell’incremento della sinodalità (ossia della partecipazione dei vescovi al governo della Chiesa) che – allo scemare del potere curiale – dovrebbe bilanciare il ruolo e l’esercizio del primato romano. A proposito di Curia: tra i nominati c’è solo un uomo della macchina vaticana, e cioè Dominique Mamberti, diplomatico già al servizio della Segreteria di Stato come Ministro degli Esteri vaticano e poi trasferito di recente alla Segnatura Apostolica, la Cassazione papale.
E veniamo alle nomine italiane. Bergoglio lascia ancora una volta Torino e Venezia in attesa di promozione al cardinalato, mentre Palermo e Bologna sono scadute e vanno rinnovate. Si conferma però il modus operandi di Francesco: il vescovo di Agrigento, monsignor Montenegro, è piaciuto al Papa quando si è recato in visita a Lampedusa nell’estate di due anni fa (Montenegro è anche presidente della commissione CEI per le migrazioni). Il nuovo principe della Chiesa è in sintonia, nel modo di parlare e predicare, con quello che dice il Papa: se Bergoglio parla di «cristiani da salotto», Montenegro dice che: «Non possiamo accettare l’idea di una Chiesa ipocrita che magari cura a perfezione le tradizioni del passato mentre trascura gli eventi del presente». Alla gente piace, lo chiamano «don Franco» perché è sullo stile pontificio. E chissà che, essendo classe 1946, non divenga Arcivescovo di Palermo dove monsignor Paolo Romeo è in attesa di sostituzione da due anni circa.
A proposito: nel marzo 2017 scade il mandato di Angelo Bagnasco alla guida della Cei, Montenegro – perché no? - potrebbe raccogliere simpatie. Menichelli riceve la berretta ma, avendo ormai 75 anni ed essendosi dimesso dalla guida della Diocesi di Ancona, questa appare più come un riconoscimento papale che come una possibile promozione curiale. Pensate invece al vescovo di Tonga, monsignor Soane Patita Paini Mafi: ha davanti a sé, avendo 53 anni appena compiuti, altri 27, se si mantiene i salute, da elettore in Conclave. Auguri.
Antonino D’Anna, ItaliaOggi 6/1/2015