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gennaio 2015
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CRONACA
“Tutta colpa di Martina ora temo che ci tolgano anche il nostro bimbo”
Ragazzo sfregiato con l’acido, Boettcher si difende dal carcere “Ho rovinato la vita a tante persone ma non sono un manipolatore”
SANDRO DE RICCARDIS
MILANO .
«Mi hanno dipinto come un manipolatore e un violento, ma sono innocente. Martina ha confessato, si è assunta tutta la responsabilità. Io sono tranquillo, sono sicuro che uscirò presto. Ho letto tutte le carte dell’inchiesta. Voglio essere pronto per l’udienza. Lo ripeto: sono innocente. Anche gli altri detenuti me lo dicono: “Se lei ha detto che non c’entri niente, perché ti tengono ancora in carcere?”».
Alexander Boettcher, 30 anni, sposato da sette anni con Gorana Bulog, ex miss Croazia, è a San Vittore dalla notte del 28 dicembre scorso. Quasi dieci giorni da quel pomeriggio di follia, in via Carcano, quando lui e Martina Levato, 23 anni, che lui continua a chiamare «la mia fidanzata», attirano in una trappola Pietro Barbini, 22 anni, ex della bocconiana, e lanciano un piccolo secchio d’acido contro il ragazzo, che ora rischia di perdere un occhio e l’olfatto.
Ieri mattina, nel carcere milanese di San Vittore, Alexander ha ricevuto la visita del suo legale e di un consigliere regionale lombardo. È apparso tranquillo, rilassato, anche carico di un ottimismo un po’ eccessivo per uno fermato in strada con un martello in mano, mentre Martina tentava di rovinare irrimediabilmente il volto e la vita di Pietro. «Sono convinto di uscire presto», continua a dire.
Tuta Hollister a coprire i tatuaggi che riproducono finte ferite sul petto, scarpe da ginnastica Nike, barba incolta e capelli arruffati come nella foto segnaletica subito dopo l’arresto, Alexander appare nella sala colloqui del carcere con il braccio destro bloccato dal tutore, dopo un’altra lussazione alla spalla. «Mi è uscita fuori quando sono stato bloccato in strada dalla polizia. Mi è successo già tre volte facendo kayak con mia moglie Gorana».
Di lei, della ex modella croata con cui è sposato da sette anni e convive da dieci, parla poco. «Con mia moglie era finita. Martina sapeva di Gorana, ma Gorana no, era all’oscuro di tutto. Mi dispiace per lei. Ho visto che dice che le ho distrutto la vita. Ma io volevo rivelarle che avevo una nuova fidanzata, e le avrei anche detto che Martina aspettava un bambino. Ma l’ho saputo soltanto quando sono stato arrestato, me l’hanno detto i poliziotti in questura: “Lo sa che Martina è incinta di un mese?”». Quello che davvero lo preoccupa è proprio il destino di quel figlio che nascerà a settembre. «Ho paura di non vederlo mai. Cercheranno di far passare Martina per pazza e glielo toglieranno. Rischio di perderlo, anche se non ho fatto nulla».
La prima persona che è andata a trovarlo in carcere è stata la madre. Dopo la visita ha avuto un leggero malore ed è svenuta. «Mi dispiace per Gorana, per mia suocera che mi ha sempre mostrato affetto, a Natale siamo stati tutti insieme. Mia madre mi ha porta- to la tuta e le scarpe, poi mi ha detto: “Tua moglie non la rivedrai più”. Mi fa male pensare di aver rovinato la vita a delle persone che mi volevano bene. Qui ho molto tempo per pensare, rifletto su tutto». In carcere Alexander dice di essere stato trattato bene. «La spalla mi fa male, ma non mi lamento. Oltre al kayak, ho fatto in passato diverse settimane a contatto con la natura, nelle foreste. Sono abituato a vivere in situazioni estreme».
In questi giorni pensa molto a Martina. Una storia nata «non più di due anni fa», nel 2013. «Una normale frequentazione tra amici, poi da maggio ci siamo messi insieme». Quello che il ragazzo contesta è di essere stato lui a «manovrare» la studentessa della Bocconi. «Dai telegiornali ho sentito che i suoi parenti mi accusano di averla traviata, ma la verità è che erano loro a chiedermi di starle accanto, di andare a trovarla a casa e aiutare la figlia. Spesso mi invitavano a pranzo. Avevo un ottimo rapporto con loro, ma Martina non voleva che dicessi del mio matrimonio. Erano i suoi genitori a chiedermi di sostenerla ». Alexander ricorda, per esempio, quando Martina avrebbe tentato, «in Grecia», il suicidio. «Io non ero con lei, e me l’hanno fatto pesare». In realtà, dice ancora, «quando ho conosciuto Martina, lei era grassa e mi ha chiesto di aiutarla a dimagrire, visto che andavo in palestra. Ora sta bene, è dimagrita. Ma non ho fatto nient’altro».
Alexander ha voglia di parlare, di studiare con i suoi legali la propria strategia difensiva, in modo da poter spiegare tutto questo nel processo. «Mi hanno definito un “Rambo”, hanno detto che incido sulla pelle delle ragazze. La scarnificazione — Alexander usa proprio questa parola per riferirsi alla A, l’iniziale del suo nome tatuata sulla guancia di Martina — l’ha voluta lei». Nega però di avergliela fatta lui. «Ho anche un video che mostra chi gliel’ha incisa, l’unico a Milano che lo sa fare. Hanno detto che custodivo un arsenale in casa. Ma i coltelli che hanno sequestrato sono da collezione. Il cloroformio, invece, l’ho comprato al Carrefour Express, per pulirli. E poi quel ragazzo, Pietro, io non lo conosco nemmeno. Prima di quella sera, non l’avevo mai visto».
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È stata lei a volere la “A” di Alexander tatuata sulla guancia ma non sono stato io a inciderla. Ho un video che può dimostrare tutto