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 2015  gennaio 06 Martedì calendario

Il presidente Paolo Momigliano avrebbe voluto definire la strategia di Fondazione Carige entro la fine dell’anno appena concluso ma troppe sono le partite aperte sul tavolo e i tempi inevitabilmente scivolano verso la fine di gennaio

Il presidente Paolo Momigliano avrebbe voluto definire la strategia di Fondazione Carige entro la fine dell’anno appena concluso ma troppe sono le partite aperte sul tavolo e i tempi inevitabilmente scivolano verso la fine di gennaio. I margini però sono strettissimi. Il 4 febbraio è attesa — anche se la data non è confermata ufficialmente — la risposta definitiva della Banca centrale europea a Carige sul «capital plan»: aumento di capitale da 800 milioni di euro, 650-700 garantiti da un consorzio guidato da Mediobanca, alcune cessioni (nel pacchetto, per ora, anche il private banking Cesare Ponti), riorganizzazione del lavoro e taglio delle agenzie. Gli incroci fra gli sforzi della Fondazione per non scomparire quasi completamente dalla banca («Non vogliamo controllare la banca — ripete Momigliano — ma vogliamo difendere il territorio») e quelli della banca per far fronte alle richieste della Bce e per risollevarsi da un anno terribile sono diventati incroci pericolosi. Entrambi i vertici sono alle prese con i numeri: Banca Carige ha in sospeso il conteggio della cessione del ramo assicurativo al fondo americano Apollo (per ora la Bce non l’ha considerato ai fini dell’ aumento di capitale), Fondazione paga pesantemente il crollo delle azioni in Borsa. Non solo non ha le risorse per sottoscrivere l’aumento di capitale — che ha cercato in ogni modo di stoppare, frenare, rinviare, in uno scambio di lettere non proprio cortesissime con il board di Banca Carige — ma ha più debiti che capitale: le azioni in suo possesso, il 19,18 per cento, valgono oggi 110 milioni di lire a fronte di un debito di poco maggiore dove pesano però 80 milioni di euro di scoperto proprio con Banca Carige. La quale fa trapelare che di quei soldi non si può scordare, sono affidamenti e con i bilanci sotto il mirino della Bce sia pur «gentilmente» ma bisognerà cominciare a parlarne. Fondazione è a un bivio: o trova, e rapidamente, il cavaliere bianco, un partner imprenditoriale con il quale fare patti di governance (l’idea perseguita da Momigliano) riuscendo a mantenere un certo ruolo oppure deve vendere sul mercato. L’ipotesi di un’aggregazione prima dell’aumento di capitale alla quale Banca Carige aveva risposto picche si è andata spegnendo per mancanza di interesse. A quel bivio sta per il momento l’imprenditore Andrea Bonomi in attesa di capire che strada prenderà Fondazione. Dopo il ritiro di Global Resorts dalla corsa testa a testa con i cinesi di Fosun per aggiudicarsi Club Med, i rumors danno Bonomi nuovamente interessato attraverso Investindustrial alla piazza genovese e a rilevare quote di Fondazione. Per il momento ha scelto una strategia di basso profilo, più brutalmente lascia Fondazione cuocere nel suo brodo. Una guerra di nervi nella quale non bisogna sottovalutare la flemma superlativa di Paolo Momigliano. Intanto ieri in Borsa, in una giornata altrimenti pesante per il listino, Carige ha chiuso con un balzo del 4,11%. Rimangono sullo sfondo altri soggetti che potrebbero essere interessati, ritorna il nome di Malacalza ma l’imprenditore concretamente non ha mai fatto un passo e si propone il nome del fondo Apollo che — dopo aver acquistato le assicurazioni di Carige — potrebbe considerare la possibilità di allargare l’investimento. Da Fondazione arrivano segnali sulla presenza di «diversi soggetti interessati» ma nulla più. Intanto lunedì prossimo la commissione dello statuto si riunirà per decidere ulteriori tagli al risparmio: il cda diventerà di soli tre membri compreso il presidente, il consiglio di indirizzo si ridurrà a 12 membri e dei sette cooptati attuali ne resterà solo uno per far posto — idea di Momigliano — a esponenti del mondo del volontariato e dell’associazionismo. Una strategia di avvicinamento al territorio per ottenere appoggio, anche politico, nella lunga battaglia per la sopravvivenza che Fondazione dovrà sostenere. Erika Dellacasa