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 2015  gennaio 03 Sabato calendario

Lo Stato è nemico del calcio Il mio Palermo quasi perfetto»– Maurizio Zamparini, ci dà un voto al suo Palermo? «Direi 98 su 100

Lo Stato è nemico del calcio Il mio Palermo quasi perfetto»– Maurizio Zamparini, ci dà un voto al suo Palermo? «Direi 98 su 100. Promossi in A con tutti i record, adesso siamo noni dopo la disastrosa partenza che abbiamo avuto... ». E per arrivare a 100? «100 vuol dire scudetto». Palermo è una piazza da scudetto? «Palermo città sì, il Palermo Calcio no. Oggi gli scudetti dipendono dal fatturato. Guardate la Spagna. Real Madrid, Barcellona, ogni tanto l’Atletico, che assomiglia al nostro Napoli: vincono sempre loro perché hanno il fatturato dieci volte più alto dell’Atletico e 50 più delle altre. In Italia ci sono Juve, Milan o Inter, che ora sono in difficoltà ma solo perché hanno speso molto negli anni precedenti. La butto là: il Milan avrà 250 milioni di entrate, il Palermo 50, mi spiega come facciamo a vincere lo scudetto?». È un problemino... «No, è impossibile». A proposito di ricavi, nel 2011 avevate presentato al Comune il progetto del nuovo stadio da realizzare nell’area del Velodromo... «Ma non abbiamo avuto ancora risposta. Paradossale. Una struttura che io ritengo un’opera pubblica, fatta non per lucro ma per dare alla città e alla squadra un impianto di livello internazionale, che produce posti di lavoro, entrate per lo Stato... È un classico di questo Paese stupido e amministrato in maniera indegna». Dunque più che politica è una questione di capacità? «In questo caso direi incapacità. È sempre stata premiata la filosofia del non-fare e quelli come me, che fanno, non sono chiamati imprenditori, ma speculatori». La sua visione è cambiata da quando ha fondato il Movimento per la gente? «Ho visto ancora più chiaramente che lo Stato non è il nostro protettore ma il nostro nemico numero uno. I negozi chiudono, le aziende chiudono, gli artigiani si suicidano e loro continuano a parlare di riforma del Senato e di quel cavolo di Jobs Act. Sembra un complotto per distruggere l’Italia. Io sto lavorando ancora per presentarci eventualmente alle prossime elezioni con un movimento fatto di gente che vuole veramente cambiare il Paese. Io non farò mai il politico ma ho avvicinato diversi politici, ultimamente, compreso Renzi, dicendogli quello che va fatto riguardo a sviluppo, investimenti, creare ricchezza: ma ho paura che siano così cretini da non aver capito niente. L’unico obiettivo loro è prendere per il culo la gente?». Lo Stato è nemico anche del calcio? «Nemicissimo. Quando uno come Renzi viene a dirci di pagare la sicurezza al di fuori degli stadi è follia pura». Lei ha nemici nel pallone? «No, solo gente insofferente alla mia pulizia di pensiero, alla mia etica e alla mia correttezza, di cui sono orgoglioso». Però qualche giorno fa, su Radio Sportiva, ha attaccato il Milan perché, a suo dire, stava parlando con alcuni suoi giocatori per invitarli a non rinnovare il contratto. «In Inghilterra non succede che un club prima si accordi con i giocatori in scadenza e poi vada a parlare col club. Da noi invece è prassi, la furbizia ha preso il sopravvento. Ho parlato del Milan ma potrei dirlo di molti altri, anche se non ce l’ho con nessuno. Ho combattuto per molti anni dall’interno del Palazzo una Lega che non è Lega, una Figc che non è Figc, questo è l’esempio di come anche le istituzioni del calcio non funzionino affatto: del resto, basta vedere che porcile è la Fifa». Ha mai immaginato di diventare presidente Figc? «No, ma di certo farei un gran bene, perché la mia Figc sarebbe come la mia famiglia». Lei ha appoggiato Tavecchio alle ultime elezioni. «Se mi avessero chiesto quale sarebbe stato il mio presidente ideale non avrei detto né Tavecchio, né Albertini, avrei detto Andrea Cardinaletti, il mio amministratore delegato. Avevo due opzioni e ho pensato da imprenditore: Albertini ha fatto il giocatore, è un carissimo ragazzo ma da me non lo prenderei neanche a fare il giardiniere, che esperienza ha di amministrazione? Tavecchio viene da 20 anni a capo dei dilettanti, c’è poco da dire. Certo, lo ritengo un presidente di transito, ma era il meno peggio». Un successore? «Dovrebbe essere un manager con esperienza ed etica, cosa che oggi è rarissima. Racconto sempre di quando Mantovani portò Lombardo alla Samp dalla Cremonese: prima andò a parlare con Luzzara, dopo col giocatore. Questa è etica. Ma oggi uno che agisce così viene chiamato stupido». E dunque dopo 30 anni di calcio, cosa vuol dire fare il presidente? «Passione, essere innamorati di se stessi e della propria immagine, guardarsi allo specchio e darsi del coglione per i soldi buttati. Ma fa parte del nostro destino e io lo faccio con gioia. Il giorno più triste sarà quello in cui dirò basta». Lei è un po’ vanitoso? «Come tutti. Parto già con un consiglio al presidente che un giorno verrà a Palermo al posto mio: siccome cercherò un personaggio che non viene dal calcio e quindi non è mai sui giornali, lo avvertirò che le prime volte che finirà in copertina perderà la testa». Sta facendo il ritratto del doriano Ferrero? «È simpatico, indecifrabile. Gli ho detto che oltre ad essersi ritrovato Mihajlovic, uno dei migliori mister, ha avuto culo perché ha fatto subito grandi colpi: chi al suo posto si terrebbe a freno? Con poca spesa, fra risultati e ritorno d’immagine è finito in paradiso». A propostito di allenatori, lei che ne ha esonerati 44, si aspettava di iniziare il 2015 ancora con Iachini? «Sì, malgrado tutti quelli che me lo avevano sconsigliato, perché poi alla fine l’ho inventato io come allenatore. Per esperienza sapevo che poteva starci. Gente come Prandelli, Ventura, Zaccheroni, Novellino, Spalletti li ho inventati io. Quando ero al Venezia andavo a prendere gli allenatori vincenti nelle serie minori e li lanciavo. Uno che vince quattro campionati di B ha le palle per fare bene anche in A». E sta lavorando sui talenti che ha a disposizione. A Dybala, per esempio, dà “ripetizioni” di tattica dopo ogni allenamento... «Esatto, perché uno dei problemi di Dybala è capire la posizione migliore. Prima non puntava mai la porta, andava sull’esterno e perdeva palla». Dybala come lo ha pescato? «Potrei fare l’osservatore. Quando mi hanno portato i suoi filmati ho subito ripensato a Pastore, a Cavani: diventerà un campione, mi son detto. Ci vuole l’occhio e io ne ho viste di tutti i colori: ho giocato da attaccante fino a 20 anni, poi ho mollato per fare l’imprenditore ma avevo i piedi buoni». E quelli di Dybala, o magari anche Vazquez, quanto valgono: 40 milioni? «Non è questo il punto, io vorrei avere la forza di tenere uno come Dybala, però il Palermo ha il proprio bilancio e deve farcela coi propri mezzi. Sto cercando un investitore straniero che abbia bisogno di un ritorno d’immagine per poter continuare a sfornare talenti». A proposito, l’accordo con gli sceicchi che fine ha fatto? «Erano dei broker venuti per sondare la situazione. Pensavano portare investitori, poi hanno conosciuto l’Italia e si sono spaventati. Pensate che le banche straniere concedano prestiti a chi investe qua con uno Stato che si inventa leggi retroattive in mezza giornata?». Calcio e business, ma anche passione. Chi sono i suoi calciatori più amati? «Ho voluto bene a tutti, nessuna distinzione, per i miei giocatori sono come un secondo padre, do loro affetto e amore». Con Gattuso cosa è successo? «È stato un errore mio, l’ho voluto buttare senza esperienza in questo calcio e penso di avergli fatto un po’ del male. Anche lui forse ha un po’ di colpa, ma ha capito che deve fare gavetta: però ha i numeri. E come uomo invece ne sono innamorato, lo stimo moltissimo». Per il mercato si è già innamorato di qualcuno? «La nostra politica è chiara. I gioielli restano qui, parte chi non gioca. Magari arriverà qualcos’altro, ma se porto un giocatore, deve essere di qualità. Se scovo il nuovo Dybala lo porto subito». L’ha già trovato? «Non glielo direi mai».