Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 4/1/2015, 4 gennaio 2015
MOLTI SOLDI, POCHI AUTOMOBILISTI: L’AFFARE BREBEMI (SOLO PER GAVIO)
Milano
Quando il 23 luglio 2014 il presidente del Consiglio Matteo Renzi tagliò il nastro, in un clima da cinegiornale Luce, aggiunse una nuova promessa: “Faremo crescere di un punto il Pil!”. Il presidente della Regione Roberto Maroni incalzò: “Questa è l’eccellenza lombarda che risponde a un decennale bisogno collettivo di trasporto”. Franco Bettoni, presidente della Brebemi inaugurata quel giorno, aveva gli occhi umidi e alzando due dita al cielo nel segno della vittoria gridò: “Non ci credeva nessuno, ma ce l’abbiamo fatta!”. Per poi aggiungere, in anglo-lombardo: “Abbiamo realizzato la prima opera tangent-free”. Chissà se è vero. Certamente falso, invece, l’altro suo vanto: quello della “prima infrastruttura autostradale italiana realizzata in completo autofinanziamento senza oneri per lo Stato”. Cinque mesi dopo, è un disastro. Pochi utenti, servizio pessimo, tariffe altissime, conti che non tornano. E soldi pubblici in arrivo, per evitare il fallimento di un’impresa comunque fin dall’inizio finanziata solo per un quarto dai privati.
La Brebemi è l’ultima arrivata delle autostrade italiane. Con la sigla A35 unisce Brescia a Milano, correndo sotto alla A4, la Milano-Venezia. È l’unica promessa mantenuta (finora) di Expo. Perché, annunciata 18 anni fa, è stata poi inserita nell’infinito elenco delle opere connesse all’esposizione universale 2015. Inaugurata in pompa magna a luglio, non è mai decollata. Il traffico previsto era di 60mila autoveicoli al giorno. La prima settimana sono stati soltanto 18mila. Ora sono cresciuti a 20mila, sempre ben lontani dagli obiettivi che farebbero quadrare i conti. Ecco allora il soccorso pubblico: grazie all’intervento del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, l’articolo 299 della Legge di stabilità mette sul piatto 300 milioni di euro, 20 milioni l’anno dal 2017 al 2031, per la “realizzazione di opere di interconnessione di tratte autostradali per le quali è necessario un concorso finanziario per assicurare l’equilibrio del piano economico e finanziario”.
Insomma: un consistente aiuto di Stato (che cosa ne dirà l’Unione europea?) per salvare dal crac la Brebemi. Che tutta privata non è mai stata: i soci industriali – il gruppo Gavio (12,75%), Pizzarotti (6,4%), Unieco (5,78%), la famiglia Mattioda (5,3%), – ci hanno messo meno di un quarto dei costi, saliti negli anni da 800 milioni a 1,6 miliardi (dunque raddoppiati) e diventati 2,4 miliardi con gli oneri finanziari. I 520 milioni dei soci privati sono quadruplicati grazie all’intervento della Cassa depositi e prestiti (che è controllata dal Tesoro) e della Bei (la banca europea), oltre che delle Camere di commercio, di una miriade di enti locali e delle banche italiane, innanzitutto Intesa-Sanpaolo, primo azionista con il 42,51%. Falsa fin dall’inizio, dunque, la favola dell’autostrada tutta finanziata dai privati. E ora, dopo i primi cinque mesi d’attività (fallimentari), le lacrime di commozione del presidente Bettoni sono diventate pianto di disperazione e accorata richiesta d’aiuto pubblico. La società Brebemi, per rientrare nei costi, ha chiesto di prolungare la concessione, già di vent’anni, fino a trenta. Non solo: ha fatto richiesta di una defiscalizzazione Iva, Ires, Irap da 500 milioni. Maroni sta pensando a un finanziamento regionale da 60 milioni. Poi è arrivata la legge di Stabilità, che con i suoi 300 milioni ha fatto di più, per un’opera sostanzialmente inutile e mal progettata. A Brescia non è raccordata con la A4 e alle porte di Milano finisce nel nulla dell’hinterland cittadino. Così chi deve percorrere il tratto Brescia-Milano può correre come un matto per i 62,1 chilometri del tracciato autostradale (senza autovelox, ma anche senza cartelli, senza pompe di benzina, senza autogrill), poi però deve rallentare e perdersi nelle strade provinciali per entrare a Milano. Pagando il doppio rispetto alla A4: da Brescia ovest a Milano est, il pedaggio è di 12,40 euro contro 6,30 per un’auto; 33,60 contro 15,30 per un Tir. Oggi è l’autostrada più cara – e più inutile – d’Italia. Da domani potrebbe avere anche il record di essere la più assistita d’Europa.
Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 4/1/2015