Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano 4/1/2015, 4 gennaio 2015
“IO E IL PIZZARDONE, UN GIORNO DA CANI SUL LUNGOTEVERE”
[Intervista a Carlo Verdone] –
Questa storia dei vigili urbani? Glielo dico subito, non voglio entrare nel merito di chi ha ragione o torto. Sono cose delicate, complesse, e io sono pure un po’ ammalato...”. In un freddo pomeriggio romano, il febbricitante Carlo Verdone lo ripete più volte: non ha voglia di dare giudizi sul pasticcio dell’83,5 per cento dei pizzardoni (per dirla alla trasteverina) assenti per malattia il 31 dicembre. “A Roma sono tutti sfiancati, sia i cittadini che i vigili: bisogna mediare”. Ma lui, l’attore che la capitale la rappresenta e la vive tutti i giorni, ha tanto da raccontare sui tutori del traffico. Una delle sue migliori incarnazioni è proprio uno strampalato vigile, in uno sketch del 1982. Da un palchetto, il Verdone in divisa invita le auto a muoversi a colpi di “daje”. Poi cerca di spiegare a un arabo la strada per piazza San Pietro: “Prenda via dei Mille, come i Mille”. E per rinforzare il concetto tira fuori una banconota di vecchie lire. Ovviamente da mille.
Verdone, sono passati quasi 35 anni da quella scena. Ma il vigile per eccellenza rimane quello del suo mentore, Alberto Sordi.
Certo, ma nel cinema il vigile l’hanno recitato in tanti: ricordo il Tognazzi che ne I mostri si nascondeva per fare le multe.
Perché è un figura così ripresa?
Perché in questo Paese tutto diventa una maschera da commedia dell’arte, comprese le persone in divisa. Pensi ai carabinieri. La verità è che in Italia cerchiamo sempre la benevolenza di tutti, nessuno vuole farsi mettere sotto da una persona autorevole. Gli unici che fanno paura sono quelli della Tributaria, della Finanza.
Le è mai capitato che le suonassero al campanello?
Ma come no, lei forse pensa che noi artisti non siamo controllati dal Fisco? L’ultima volta mi hanno fatto una verifica durata un anno ed è andato tutto bene, perché io sono onesto. Solo che pochi giorni dopo si è presentata a casa mia un’altra squadra di finanzieri. Erano in due, hanno suonato all’ora di pranzo, e io mi sono spaventato a morte: “Oddio, cosa avrò fatto?”.
Si è agitato?
Mi ha preso un attacco di tachicardia, tanto che mi ha dovuto reggere il finanziere. Avevo perso lucidità, non mi arrivava più ossigeno. Stavo cadendo.
Verdone retto dal finanziere.
Era entrato con un volto severissimo, ma vedendomi così ha subito cambiato faccia, mi ha rassicurato mostrandomi un foglio: “Ma no Verdone, non è niente, il giudice vuole solo parlare con lei”. Dovevo andare a testimoniare come persona informata sui fatti.
Torniamo ai vigili. Come è cambiato il rapporto tra pizzardoni e cittadini nel corso degli anni?
Beh, è peggiorato. C’è più diffidenza reciproca, si vede.
Come potrebbe migliorare? Con più dialogo magari?
Non c’è il tempo di parlare, andiamo tutti di corsa, come si fa?
Sincero: quante volte ha litigato con un vigile?
Mai, davvero. Mi sono sempre preso le multe senza fiatare.
Non hanno mai chiuso un occhio con lei?
Un paio di volte mi hanno perdonato colpe veniali. Ma più che altro c’è stata una scena che sarebbe stata benissimo in un film.
Racconti nel dettaglio.
Roma, Lungotevere: sono in moto e piove, non si cammina da venti minuti. Salgo sul marciapiede per sorpassare un pullman e mi trovo di fronte un vigile. “Mi dispiace Verdò, devo farle la multa”.
Giusto.
Per carità, io non faccio una piega. Lui comincia a scrivere, senonché per farlo ha appoggiato la mia carta d’identità e il contrassegno dell’assicurazione sulla colonnina del ponte. Arriva una folata di vento, e vola tutto in acqua.
Disperazione.
“Che fa?”, gli dico. E lui: “Oddio, oddio, che ho fatto. Scusa, scusa”. Stiamo così per un po’, mentre tutti gli automobilisti guardano verso il vigile, in attesa di un segnale.
Terribile.
“E ora che facciamo?” gli chiedo. Lui: “Mi dispiace, chieda il duplicato della carta, ora le scrivo il numero”. Prende un pezzo di carta, per poco non gli vola via pure quello. A quel punto me ne vado: “Faccio tutto da solo, si segni la targa”.
Finale amaro.
Ma no. Alle dieci di sera suonano alla mia porta, io sono già in pigiama. Vado ad aprire e trovo il vigile, con la mia assicurazione: non so come l’avesse recuperata.
Anche i vigili hanno un cuore.
Guardi, io per Roma giro tutti i giorni, e mi rendo conto che sono pochi per quello che serve. Con tutto il traffico che c’è, i problemi come la manutenzione delle strade.
Il caso dei tanti assenti però lascerà strascichi. Come si ricuce tra cittadini e Municipale?
Con il tempo, acquisendo più rispetto per le regole su entrambi i fronti. Le persone non devono parcheggiare in seconda fila o buttare la carta in terra. Ma anche i vigili devono essere rigidi sul rispetto delle regole, senza ostentare eccessiva severità. Ci si deve venire incontro.
È l’unica via.
Lo scontro non serve. Piuttosto, spero che da questa storia dell’assenteismo prendano spunto i politici. Ci sono parlamentari che non si vedono mai al lavoro. Ma che fanno questi?
Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano 4/1/2015