Lea Mattarella, la Repubblica 4/1/2015, 4 gennaio 2015
NAZIONALE - 04 gennaio 2015 CERCA 46/47 di 64 R2 CULT-Cultura La mostra al Madre. Un visionario che creò una vera agenzia culturale in città Lucio Amelio Il gallerista che cambiò Napoli e seppe unire Warhol e Beuys LEA MATTARELLA NAPOLI SEN’Èandato vent’anni fa, dopo aver trasformato Napoli
NAZIONALE - 04 gennaio 2015 CERCA 46/47 di 64 R2 CULT-Cultura La mostra al Madre. Un visionario che creò una vera agenzia culturale in città Lucio Amelio Il gallerista che cambiò Napoli e seppe unire Warhol e Beuys LEA MATTARELLA NAPOLI SEN’Èandato vent’anni fa, dopo aver trasformato Napoli. Lucio Amelio, celeberrimo gallerista ha portato nella sua città i più importanti artisti internazionali e ha fatto viaggiare fuori da confini che prima di lui erano ben più ristretti, la creatività cresciuta all’ombra del Vesuvio. Un’appassionante mostra aperta al Madre – Lucio Amelio. Dalla Modern Art Agency alla genesi di Terrae Motus. Documenti, opere, una storia… aperta fino al 9 marzo, curata da Andrea Viliani in collaborazione con Paola Santamaria dell’Archivio Amelio – ne ricostruisce con intelligenza e passione l’avventura. E chi la vede, avendo ben presente il sistema dell’arte da cui siamo dominati oggi, non può che aprire il proprio cuore alla nostalgia. È il critico Michele Buonomo, che è stato stretto collaboratore di Amelio, a rivelare un punto fondamentale di tutta la straordinaria vicenda: «Non c’erano soldi, a nessuno veniva in mente che le opere potessero fare arricchire, si vendeva quasi per sbaglio. E questo permetteva la più grande libertà. Mi ricordo quando, nel 1975, arrivò Kounellis che doveva fare una mostra in galleria e non aveva le opere con sé. Eravamo tutti in allarme, ma lui ricoprì d’oro una parete dello spazio espositivo, vi installò davanti un appendiabiti, un cappotto, un cappello e una lampada a petrolio. Nacque così, in uno spirito che prevedeva qualsiasi possibilità, un’opera fondamentale come Tragedia civile ». Kounellis era stato traghettato – è proprio il caso di dire – a Napoli da Amelio nel 1969 per inaugurare la sua seconda galleria in piazza dei Martiri. Tra queste sale sono esposte le opere presentate in quella occasione: dominano il ferro, la juta, il carbone, sono sospese alcune bilancine che ospitano fiammelle ma anche polvere di caffè. È la trasfigurazione della materia in una ritualità primordiale, laica e potente. A rendere ancora più forte l’idea del viaggio, del rito di passaggio di tutta l’operazione, è la traversata del golfo di Napoli intrapresa dall’artista su un peschereccio. Testimoni e complici lo stesso Amelio e Mimmo Jodice, munito di macchina fotografica a immortalare l’evento. La prima galleria, la Modern Art Agency, Amelio l’aveva aperta quattro anni prima. Lui la raccontava così: «Nel ’65 prendo un appartamento al Parco Margherita: in cucina mangio, vivo e dormo, le altre due stanze le dedico all’arte. Lì cominciai con un berlinese, Heiner Dilly. Faceva Scripturelle Malerei, come degli appunti di viaggio. Vendo due quadri, uno a Marcello Rumma e uno a Filiberto Menna. Poi un altro berlinese, poi uno jugoslavo, poi Napoli mi scoprì». Una scoperta reciproca. Amelio, ribelle e seduttore, radicale e dandy, porta Napoli in giro, scova artisti come Carlo Alfano, Ernesto Tatafiore, Nino Longobardi, Re- nato Barisani, ma anche Mimmo Paladino e Francesco Clemente, oppure fotografi come Jodice, Fabio Donato, Luciano D’Alessandro. E intanto espone artisti internazionali del calibro di Tony Cragg, Gerard Richter, Cy Twombly, Robert Rauschenberg, Gilbert & George, Bernd e Hilla Becher, Daniel Buren e molti altri. Tutti, italiani e stranieri, sono in mostra con opere bellissime selezionate esclusivamente tra quelle passate in Piazza dei Martiri. Basti elencare i lavori dei protagonisti dell’Arte Povera. Ecco L’Apoteosi di Omero di Giulio Paolini, spettacolare e poetica messa in scena su cavalletti di attori nei panni dei loro personaggi: una riflessione sull’identità dedicata ad Ingres. E poi il Pugno fosforescente di Zorio, la scomposizione della chiesa del Redentore a Venezia di Fabro, un piccolo incantato capolavoro della tessitrice Marisa Merz. A Napoli, nella banda Amelio, arrivano pure Andy Warhol e Joseph Beuys. E il cortocircuito è che la tenacia visionaria del gallerista (ma quanto sta stretta questa definizione a uno così!) li ha voluti insieme. Impossibile immaginare due artisti più distanti: l’americano che fa della superficialità e dell’apparenza i suoi idoli; il tedesco, tutto ideologia, convinto assertore proprio qui a Napoli, «dove c’è ancora l’idea di popolo, a differenza di tanti paesi europei dove questo è stato distrutto dall’egoismo capitalista, dall’americanizzazione e dall’industrializzazione», che La rivoluzione siamo noi. L’incontro tra questi opposti guru, nel 1980, fu dirompente. Napoli era ormai definitivamente un luogo in cui stava accadendo qualcosa che avrebbe segnato il corso dell’arte internazionale. Ma se parli con chi c’era – artisti, galleristi, collezionisti, critici, semplici spettatori – sono tutti concordi nel ricordare soprattutto l’energia vitale e il divertimento. Si faceva la storia con leggerezza, in maniera inconsapevole. E la mostra ha il grande pregio di saperlo raccontare, di ricostruire quel clima e quell’atmosfera, senza ingessarli, lasciando che le cose scorrano. È come se il Madre volesse rivendicare la sua appartenenza a quella stagione, riconoscendo proprio lì la propria genesi. Non è un caso, infatti, che Viliani abbia voluto esporre, all’inizio e alla fine del percorso, i progetti di Amelio per il suo museo mai nato. Emozionante è la raccolta di circa 500 documenti tra lettere, bozzetti, inviti, brochure che permettono di immaginare la costruzione stessa degli eventi. Intanto Amelio porta i suoi artisti alla Reggia di Capodimonte (prima di tutti Burri) e a Villa Pignatelli. E in galleria arrivano i gruppi femministi e il teatro, i primi passi di Martone e di Servillo. Quando, nel 1980, la terra trema in Irpinia ecco arrivare la sua risposta alla distruzione, il suo esorcismo nel segno dell’arte. Chiama gli artisti a raccolta e crea la collezione Terrae Motus. Ma la mostra napoletana, giustamente, si ferma al 1982 e si concentra su ciò che ha preceduto questa gigantesca iniziativa, rivelando un Amelio meno noto. Ci sono due opere straordinarie di Warhol e Beuys a darne un assaggio. Il resto della raccolta è alla Reggia di Caserta. Da visitare subito dopo il Madre per chiudere un cerchio perfetto. © RIPRODUZIONE RISERVATA LO SPAZIO In alto a sinistra due immagini dell’allestimento della mostra dedicata a Lucio Amelio al Madre IL RITRATTO Sopra, Amelio ritratto da Warhol; sotto, davanti all’opera di Warhol che riproduce la prima pagina del Mattino sul terremoto dell’80