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 2015  gennaio 04 Domenica calendario

NAZIONALE - 04 gennaio 2015 CERCA 20/21 di 64 Economia RMDom Crisi Carige senza fine l’ennesimo aumento travolge la Fondazione La partecipazione del 19% dell’Ente nella banca non riesce a coprire i debiti scesi a 120 milioni CARLOTTA SCOZZARI MILANO

NAZIONALE - 04 gennaio 2015 CERCA 20/21 di 64 Economia RMDom Crisi Carige senza fine l’ennesimo aumento travolge la Fondazione La partecipazione del 19% dell’Ente nella banca non riesce a coprire i debiti scesi a 120 milioni CARLOTTA SCOZZARI MILANO . Il 2015 passerà alla storia come uno degli anni più complessi nella storia sia di Carige sia dell’omonima Fondazione prima azionista. Se, da una parte, la banca genovese, a seguito del verdetto sugli stress test, dovrà avviare un nuovo aumento di capitale, dopo quello da 800 milioni concluso appena l’estate scorsa, dall’altra, la Fondazione Carige deve fare tornare i conti. E non è facile: con il crollo di Borsa delle azioni, che nel 2014 hanno perso qualcosa come il 70%, e una capitalizzazione di 572 milioni, ormai il 19,18% in mano all’ente presieduto da Paolo Momigliano non vale nemmeno 110 milioni. In altri termini, meno del debito della stessa Fondazione, che alla fine del 2013 sfiorava i 186 milioni e comprendeva l’esposizione verso Mediobanca, per 95 milioni, e quella da 83,4 milioni relativa allo scoperto di conto corrente con la stessa Carige, senza contare i 6,24 milioni da restituire al ministero dell’Economia per la conversione delle azioni della Cassa Depositi e Prestiti (l’ente ha lo 0,6 per cento). A oggi, però, grazie soprattutto al rimborso di 30 milioni a Mediobanca risalente a giugno, l’indebitamento dovrebbe essere sceso fino a 120 milioni. Ancora troppo rispetto ai 110 milioni scarsi che la Fondazione potrebbe raggranellare vendendo sul mercato tutta la propria partecipazione. E anche la strada, pure ipotizzata dall’ente, di richiedere un premio di maggioranza in caso di cessione appare difficile da percorrere con il nuovo aumento di capitale della banca alle porte. Eppure, scendendo dal 46,5% di fine 2013 all’attuale 19% di Carige, la Fondazione ha già racimolato ben 250 milioni. Ma quel denaro è già stato impiegato per prendere parte all’aumento di capitale della banca dell’estate scorsa (152 milioni), mentre il resto è servito soprattutto a ripagare il debito in scadenza nel 2014. Se poi si tiene conto che dal bilancio del 2013 dell’ente emergono 207 milioni di fondi «per l’attività d’istituto», ossia le erogazioni, che non è escluso un domani la comunità locale possa in qualche modo rivendicare, si capisce perché la Fondazione Carige sia al momento in un vicolo cieco. In tale contesto, pare che l’amministratore delegato della banca, Piero Montani, si stia ponendo il problema di come chiedere all’ente il rientro di quell’ottantina di milioni di debiti. A complicare la posizione della Fondazione, poi, è l’aumento di capitale che Carige si appresta ad avviare a maggio o giugno, una volta giunto, a febbraio, il via libera della Bce al piano messo a punto per colmare l’ammanco da 814 milioni individuato dagli stress test. Con l’operazione, l’ente, non essendo in grado di fare la propria parte, abdicherà al ruolo di primo socio: un cambiamento storico per la banca e per Genova. A sostituirlo potrebbero essere la famiglia ligure Malacalza e/o il finanziere Andrea Bonomi. Nel frattempo, come rivela il supplemento al prospetto di alcune obbligazioni emesse dalla banca nel 2014, il consorzio per la ricapitalizzazione, guidato da Mediobanca, ha alzato da 650 a 700 milioni la quota di aumento di capitale garantita. Si tratterebbe di una correzione chiesta dalla Bce, che non conteggia ancora l’effetto positivo della vendita delle attività assicurative al fondo Apollo, che dovrebbe perfezionarsi a marzo. A seconda che si chiuda o meno questa cessione, l’ammontare della ricapitalizzazione potrebbe variare tra 650 e 700 milioni. Non solo: Carige, nel supplemento sulle obbligazioni pubblicato il 29 dicembre, mette in guardia gli investitori sui possibili effetti di un “bail in”, cioè un salvataggio gestito dall’interno. In pratica, con l’entrata in vigore della normativa europea entro il 2016, se per Carige dovesse scattare il “bail in”, gli obbligazionisti rischierebbero di vedere i propri titoli se non azzerati almeno convertiti in azioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA