Tonia Mastrobuoni, La Stampa 3/1/2015, 3 gennaio 2015
Il pericolo, al momento, non è che la Grecia esca dall’euro, piuttosto che qualcuno, in Europa, sia tentato di buttarla fuori
Il pericolo, al momento, non è che la Grecia esca dall’euro, piuttosto che qualcuno, in Europa, sia tentato di buttarla fuori. Dall’inizio della crisi Alexis Tsipras non ha mai minacciato un ritorno alla dracma ed ha imposto questa linea anche alla minoranza di sinistra del suo partito, capeggiata dall’euroscettico Panagiotis Lafazanis. Se vincerà le elezioni chiederà, tuttavia, la fine dei sacrifici chiesti dalla troika e di poter rinegoziare il debito, «se non un taglio, almeno un allungamento delle scadenze», come spiega una fonte vicina al leader di Syriza. Il partito promette di finanziare un piano ambizioso di rilancio con le coperture necessarie, ma in pochi credono nella possibilità che Tsipras possa intaccare seriamente la piaga dell’evasione fiscale e molte voci hanno l’aria di essere piuttosto inconsistenti. Ma al di là di questi dettagli, i pericoli, per la Grecia, sono due. Il primo è che è già cominciato, ad Atene ma anche in Europa, il gioco dei ricatti incrociati. Se dalle file di Syriza qualcuno nei giorni scorsi ha cominciato a minacciare che Atene potrebbe non ripagare il debito, da Berlino è arrivato prontamente il primo altolà di un deputato del partito della Merkel, che ha avvertito i greci che l’Europa può fare a meno di loro. Dall’entourage di Tsipras anche ieri ribadivano la linea ufficiale: «non saranno prese decisioni unilaterali», ma il rischio che alzate di testa tra i suoi possano suscitare reazioni forti in Europa o tra gli investitori internazionali, esiste. Tanto più che la situazione, dalle ultime elezioni anticipate nel 2012, è cambiata: lo scudo anti spread Omt fa da ombrello a tutti, la situazione in molti Paesi è meno emergenziale e il rischio di un contagio è stato ridotto. La tentazione di accompagnare Atene all’uscita, se Tsipras dovesse mostrarsi troppo rigido, c’è. D’altra parte, è miope trattare il leader della sinistra radicale come se fosse ancora un eroe delle piazze. Lo hanno capito persino gli analisti internazionali. Krishna Guha, di Evercore Isi, riassume l’umore di molti: «pensiamo che Tsipras si mostrerà più pragmatico rispetto alla retorica di Syriza del passato. Ha canali aperti con Berlino, Parigi e Francoforte e ha tutto l’interesse a trattare cambiamenti “cosmetici” del programma e a cavalcare la flebile ripresa dell’economia, piuttosto che affogarla». Ma c’è un secondo nodo che complica il quadro. Oggi l’ex premier Giorgos Papandreou annuncerà il nome del suo nuovo partito. Fatto fuori da una manovra di palazzo due anni fa, l’ex leader del Pasok ha proposto mesi fa all’attuale numero uno dei socialisti greci, Venizelos, un congresso per decidere il nuovo segretario, ma l’attuale ministro degli Esteri avrebbe rifiutato. Da qui, la decisione di fondare un nuovo partito. In ogni caso, il 4 o 5% di voti che Papandreou può attirare da Syriza e Pasok sono sufficienti per gettare nuovamente Atene nell’incertezza: il testa a testa tra i primi due partiti, Syriza e Nea Demokratia, sarà più duro.