Guido Andruetto, la Repubblica 3/1/2015, 3 gennaio 2015
NAZIONALE - 03 gennaio 2015 CERCA 32/33 di 56 R2 Club Cristina Comencini “Crescendo con tre sorelle e una mamma ho imparato a non dipendere dagli uomini” “Come vivere in un mondo di donne” “Eravamo, e siamo, un piccolo gruppo con una parola d’ordine: solidarietà” GUIDO ANDRUETTO NELL’ALBUM di famiglia conserva le fotografie in bianco e nero scattate dal papà, Luigi Comencini
NAZIONALE - 03 gennaio 2015 CERCA 32/33 di 56 R2 Club Cristina Comencini “Crescendo con tre sorelle e una mamma ho imparato a non dipendere dagli uomini” “Come vivere in un mondo di donne” “Eravamo, e siamo, un piccolo gruppo con una parola d’ordine: solidarietà” GUIDO ANDRUETTO NELL’ALBUM di famiglia conserva le fotografie in bianco e nero scattate dal papà, Luigi Comencini. Cristina le sfoglia con garbo e amore e spiega che quelle immagini raccontano un mondo quasi esclusivamente femminile, abitato da cinque donne che sono state la ragione di vita del regista di Pane, amore e fantasia e de La donna della domenica . «Sono cresciuta in una famiglia di quattro sorelle molto unite e con una mamma sempre presente — racconta la Comencini, anche lei regista, in un accogliente ufficio che si affaccia su via Cantore nel quartiere Prati, a Roma —. Magari non abbiamo sperimentato proprio una dimensione utopica popolata di sole donne, ma certamente tra di noi, nella quotidianità, si è creata la consapevolezza che le donne hanno una grande forza, che non sono subalterne agli uomini». È la storia di quattro piccole donne — Cristina, Paola, Francesca ed Eleonora — che sono diventate grandi insieme arrivando a lavorare tutte nel cinema e nel teatro sotto la spinta dell’esempio paterno e della passione per l’arte e la cultura che ha segnato tutto il loro cammino. SEGUE A PAGINA 34 FOTO © DOUGLAS KIRKLAND / LUZPHOTO IO E MIO SORELLA Cristina e Francesca Comencini in un’immagine d’infanzia CONTINUA DA PAGINA 33 «MIO padre e mia madre si sentivano molto coppia, nel senso classico. La mamma stava a casa perché non lavorava e ha cresciuto noi quattro figlie. Quindi da un lato c’era il mondo dei genitori e dall’altro quello di noi figlie e delle cugine, c’era un piccolo distacco che portava all’interno del gruppo femminile una grande solidarietà. Non c’erano sempre i genitori di mezzo, insomma, ma eravamo parecchio libere e ci piaceva passare il tempo da sole. Un’unione che sentiamo ancora forte oggi. Magari può succedere che non ci si veda per lunghi periodi ma se c’è un problema ognuna di noi sa che può contare sull’altra, che un appoggio non mancherà mai, per nessuna ragione. È sempre stato così nella nostra infanzia e nella nostra giovinezza, anche quando si è trat- tato di crescere i nostri figli il confronto tra noi è sempre stato determinante». La Comencini, che è anche un’affermata autrice di romanzi, ha ricavato da queste esperienze un ricco campionario sentimentale e una galleria di ritratti femminili con cui ha costruito molte delle storie che lei racconta al cinema e nei suoi libri. «È vero, in Passione di famiglia ci sono addirittura due sorelle, dieci figlie e cinquanta nipoti, uno spaccato da cui emerge l’estrema ricchezza ma anche la fragilità di queste relazioni femminili. Anche nella mia vita il desiderio di stare insieme tra donne è andato di pari passo con quello di uscire fuori da quel contesto, di incontrare gli uomini, la vita, la diversità, come se mancasse un pezzo nel nostro puzzle. Ho capito che se non c’è la compresenza dei due generi, se manca l’uomo, ci si chiude in forme autoreferenziali e non si compie l’incontro con il diverso, con chi non conosci così bene e in cui non ti specchi completamente, ma che genera curiosità in te». Conversando, i ricordi della Comencini riaffiorano velocemente. «Quando ero bambina, nella nostra casa a Ischia che è il luogo d’origine della mamma (Giulia Grifeo di Partanna, ndr) mi divertivo a mettere in scena delle commedie per intrattenere cugine, sorelle e gli altri membri della famiglia. Eravamo davvero una grande truppa e una volta allestii una specie di risveglio di primavera: tutte noi bambine eravamo dei fiori e c’era un solo povero maschietto, mio cugino, l’unico, che era sinceramente disperato perché non sapeva quale ruolo impersonare. Alla fine gli feci fare l’albero e mi sembrò contento, ma diciamo che questa era la proporzione, il rapporto di forza in casa tra donne e uomini. Per fortuna le classi a scuola erano miste! I maschi ci mancavano proprio». Quanto le manca, invece, la figura di suo padre? «Mi manca molto. Papà era un giudice severo, di sé stesso prima di tutto. Mi manca come padre e come regista, mi mancano la sua intelligenza, la sua creatività, la sua umanità e cultura. Ma anche il modo in cui costruiva la trama e i personaggi, l’essenzialità dei movimenti di macchina. Tutto quello che faceva lui appariva semplice ma era frutto di una grande sapienza». Le fotografie che scattò alle sue cinque donne sono talmente belle e piene di grazia che rivelano subito il suo amore immenso per loro. In una si vedono Francesca (oggi regista) e Cristina da bambine che si abbracciano dolcemente, in un’altra la mamma Giulia e Cristina che si guardano negli occhi sorridendo. «La formazione tra donne mi ha resa molto forte — aggiunge la Comencini — e ci ha rese forti tutte naturalmente. Al contrario di ciò che può accadere nelle famiglie in cui ci sono tanti maschi e dove le donne possono sentirsi limitate, noi avevamo la sensazione di poter fare tutto. Non ci sono mai stati limiti. Anche mio padre con il suo modo di educarci ci ha sempre spinte ad essere autonome, e questa forza che abbiamo accumulato stando insieme da ragazze ci ha portate a non avere paura di fare le cose e di fare cose nuove soprattutto. Sentivamo di avere sotto di noi una rete che ci rendeva sicure perché ci proteggeva». Nel rapporto tra amiche, almeno secondo la Comencini, le cose possono invece funzionare diversamente. «L’amicizia tra donne è il terreno dello scambio ed è molto profondo, ma può esserci anche una grandissima aggressività. La stessa bellezza di questa forza di passione e calore che nasce stando insieme si rovescia a volte nel suo opposto che è il sentimento di essere tradite. Tra amiche l’amore e l’avversione sono sentimenti molto vicini. Per questo può succedere che un’amicizia anche solida a un certo punto si spezzi senza capire il motivo». Fuori dall’ambiente familiare sono comunque tante le donne con cui la regista del pluripremiato La bestia nel cuore ha condiviso e vissuto momenti irripetibili. «Conservo una foto di me bambina con Claudia Cardinale. Ero con mio papà e una mia amichetta sul set de La ragazza di Bube, e una mattina andai per i campi a raccogliere dei fiori per la Cardinale. Vedendola da vicino, lei era a piedi scalzi, bellissima, ne rimasi incantata. Aveva una sensualità e un fascino semplice e vero, un tratto comune anche ad attrici come la Loren o la Mangano, in cui si mischiava la bellezza e il popolare, che era poi il segno di quel cinema. Poi ho lavorato tanto con Virna Lisi, la cui perdita lascia un vuoto incolmabile. Era una donna e un’attrice unica. Ha recitato anche nel mio ultimo film Latin lover ed è stata straordinaria. È una storia in cui si respira grande gioia, allegria ed energia femminile, anche se gira intorno a un uomo, un divo del cinema italiano per il cui decennale della morte si riuniscono in un paesino della Puglia le sue cinque figlie e le due vedove». L’uomo come tassello mancante e anello di congiunzione. «Non voglio enfatizzare la dimensione dell’harem. A volte si prova anche un senso di soffocamento e la voglia di uscire e di respirare. Lì fuori ci sono gli uomini che abbiamo desiderato». © RIPRODUZIONE RISERVATA “Anche mio padre, con il suo modo di educarci, ci ha spinte ad essere autonome” FOTO © GIOVANNI TROILO / LUZ IN TEATRO “La scena”, nuovo spettacolo teatrale di Cristina Comencini sarà al Teatro Goldoni di Venezia (8-11 gennaio), al Comunale di Bolzano (5-8 febbraio), al Verdi di Firenze (19-22 febbraio) e al Nuovo di Milano (24 febbraio-1 marzo)