Federico Fubini, la Repubblica 3/1/2015, 3 gennaio 2015
NAZIONALE - 03 gennaio 2015 CERCA 30/31 di 56 Commenti I MUSCOLI DI EUROTOWER FEDERICO FUBINI MARIO Draghi ha dichiarato a un quotidiano tedesco che non ha nessuna intenzione di diventare un uomo politico
NAZIONALE - 03 gennaio 2015 CERCA 30/31 di 56 Commenti I MUSCOLI DI EUROTOWER FEDERICO FUBINI MARIO Draghi ha dichiarato a un quotidiano tedesco che non ha nessuna intenzione di diventare un uomo politico. IN PRIVATO lo ripeteva da tempo e nelle prossime settimane i grandi elettori del presidente della Repubblica in Italia non potranno che prenderne atto. Dove l’aspirazione puramente da tecnico del presidente della Bce rischia invece di finire frustrata, è nel mondo che gli è più congeniale: l’area euro e il futuro di una moneta della quale la crisi finanziaria ha esposto tutta la fragilità. È in Europa, non in Italia, che la forza delle cose ha spinto Draghi ad assumere un ruolo (anche) politico. In parte era già accaduto al suo predecessore, il francese Jean-Claude Trichet, perché la Bce ha il potere determinante di creare moneta e impiegarla sui mercati del debito sovrano. Draghi in questo ruolo si è poi ritrovato quando, nel 2012, arginò la crisi con l’impegno a comprare potenzialmente senza limiti i bond dei Paesi che accettino la guida della troika. Bastò la parola, per trasformare la psicologia degli investitori. Dietro però c’e- rano mesi di lavoro, tanto del governo italiano quanto di Draghi stesso con Angela Merkel per guadagnarsi il sostegno della cancelliera. Non è dunque una novità che Draghi in Europa sia un tecnico-politico, in supplenza di altre istituzioni che sarebbero indispensabili ma non funzionano o non ci sono. Quello che sta succedendo in questo inizio del 2015 è però un salto di qualità. Draghi osserva: «Al fine di completare l’unione monetaria bisognerà rafforzare ulteriormente l’unione politica, definendone diritti e doveri in un rinnovato assetto istituzionale». Non sono parole vuote, è un pensiero strategico tutt’altro che improvvisato. In un’intervista rilasciata l’11 dicembre il belga Peter Praet, uno degli uomini più vicini a Draghi nell’esecutivo dell’Eurotower, aveva detto che l’area euro è afflitta da “difetti” perché «abbiamo una banca centrale molto forte, ma altre istituzioni sono rimaste troppo deboli ». Di conseguenza, aveva aggiunto Praet, «non siamo certo alla fine del percorso» di costruzione dell’unione monetaria. La Bce sta chiedendo di non essere lasciata sola. Il suo messaggio fra le righe è che questo tipo di architettura dell’euro rischia di non servire l’interesse dei cittadini né resistere ai colpi della prossima recessione. Se c’è qualcosa che questi anni hanno dimostrato è che Eurolandia manca degli strumenti perché i Paesi colpiti da uno choc economico possano reagire senza svalutazioni. La Bce non poteva essere più esplicita nel chiedere ai governi di riaprire il libro della costituzione europea e completarlo. Serve un governo comune più credibile in tutte le scelte di fondo che determinano la competitività e la prosperità di un’economia a moneta stabile. Più Europa politica, e un passo indietro di tante piccole “sovranità” nazionali che non si sono dimostrate davvero tali. Se Draghi arriva a chiedere una nuova costituente per l’euro, è perché ritiene che questa sua richiesta possa essere in qualche misura ascoltata. In una direzione o nell’altra, ne consegue che il 2015 sarà comunque un anno di svolta. E se questa è la scelta della Bce, la banca centrale dovrebbe restarvi coerente nelle prossime settimane quando metterà a punto il suo piano di acquisti di titoli di Stato da almeno 500 miliardi per combattere la deflazione. È noto che, quanto a questo, esistono almeno due opzioni: l’Eurotower compra quelle obbligazioni, poi potrà mantenere in comune il rischio di insolvenza che esse rappresentano o scaricarlo sulle banche centrali nazionali per i rispettivi bond. Se passa la seconda opzione, il rischio d’insolvenza sui Btp italiani andrebbe tutto a carico della Banca d’Italia e il governo dovrebbe ricapitalizzarla in caso di (ipotetico) default. Qualora la Bce scegliesse questa modalità, l’Italia di Matteo Renzi arriverebbe alla riscrittura dei Trattato europeo più sola, più debole e meno in grado di contare. Ma soprattutto, alzare nuovi compartimenti stagni fra nazioni nel mercato del debito pubblico sarebbe in contraddizione con ciò che la Bce stessa chiede ai governi: passi avanti, non passi indietro in Europa. “ Non è una novità che Draghi in Europa sia un tecnicopolitico, in supplenza di altri. Ma quello che sta succedendo ora è un salto di qualità © RIPRODUZIONE RISERVATA