Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 03 Sabato calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 2

(L’autobiografia di Christian Dior)

Vedi biblioteca in scheda: 2292251
Vedi database in scheda: 2291493

DIOR, INVENTARE UNO STILE SENZA VOLERLO –

Mannequin. «La mannequin arriva puntualmente in ritardo».

Poltrona. Durante la prova generale, Christian Dior, in poltrona, indicava con una bacchetta cerchiata d’oro i punti incriminati di ciascun abito.

Sguardo. «Mi dicono che quando guardo le donne, le donne si sentono svestite. Ma i miei occhi non vogliono spogliarle, vogliono soltanto vestirle in un altro modo!».

Nomi. Nomi di alcuni modelli delle collezioni Dior: San Francisco, Virevolte, Ecosse, France, Paris, Londre, Plaza, Ritz, Maxim’s. Il tailleur si chiamava sempre Bobby. Per la collezione del 1950 Dior si sbizzarrì con i musicisti, per quella del 1952 con gli autori teatrali. Una cliente, perciò, si diceva innamorata di André Roussin, e poco dopo di Jean-Paul Sartre. Una mannequin gridava alla collega: «Attenta, mi stai sgualcendo Maurice Rostand!».

Battesimo. Battezzare gli abiti non è cosa da poco. «Se vi chiedono perché si chiama così, dite che non lo sapete. Non lo so nemmeno io» (Christian Dior).

Presentazioni. Le presentazioni andavano avanti per cinque mesi, tutti i giorni. Nelle due sfilate del primo giorno venivano prima i giornalisti e poi i responsabili delle grandi catene americane (pagavano una cauzione, che poi si defalcava dal conto finale).
Il secondo giorno si presentavano i delegati delle industrie manifatturiere e i rappresentanti dei grandi magazzini. Il terzo giorno era la volta dell’Europa e dell’Onu («a questa sfilata i miei abiti sembravano schiavi condotti al mercato!»). Poi le parigine, quindi la clientela cosmopolita, infine i semplici turisti curiosi.

Russo. Tania, la modella che insultava in russo gli spettatori.

Portacipria. A metà sfilata tutte le donne tiravano fuori contemporaneamente il portacipria. Per sessanta minuti si erano accontentate di guardare e ora si ricordavano che potevano anche essere guardate. «Così si affrettavano a correggere con un velo di cipria i piccoli cedimenti».

Commercio. Dior non ha mai voluto rivedere una sua collezione dopo una sfilata: «È come se il commercio trasformasse gli abiti fino a non farmeli più riconoscere».

Prezzi. Ogni abito aveva una scheda sulla quale venivano riportati il numero di ore di lavoro, il costo della manodopera e quello delle materie prime. Poi si aggiungevano, in percentuale, le spese generali, le tasse, i contributi e la parte del guadagno. In questo modo si otteneva il prezzo al quale doveva essere venduto ciascun vestito.
Dior: «Un abito apparentemente semplice può richiedere un numero di ore di lavoro infinitamente maggiore rispetto a un altro che sembra molto più elegante. Spesso per gli abitini di lana o i vestiti sportivi ci vuole più lavoro. Ma come posso far accettare a una cliente che una cosa da nulla sia per noi molto più onerosa di un abito da sera drappeggiato? Così, mi trovo costretto a diminuire il prezzo del primo e ad aumentare quello del secondo».

Cappello. «Le mannequin, anche con gli abiti più belli del mondo, senza cappello mi sembrano nude».

Seno. Nella collezione d’esordio, la New Look, Dior esaltò il seno, al punto che certe modelle troppo magre dovettero infilarsi nel corsetto dei seni finti.
Una di queste però – inglese – svenne per il troppo stress tra le braccia dello stilista. E questi si ritrovò in mano, inopinatamente, i suoi seni finti.

Stile. «L’indomani venni a sapere dalla stampa e dall’ufficio vendite di aver creato, senza volerlo, lo stile Dior».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 3/1/2015