Sergio Romano, Corriere della Sera 3/1/2015, 3 gennaio 2015
Recentemente sono venuto a conoscenza dei fatti avvenuti a Parigi il 17 ottobre 1961, in piena guerra d’Algeria
Recentemente sono venuto a conoscenza dei fatti avvenuti a Parigi il 17 ottobre 1961, in piena guerra d’Algeria. Mi sto riferendo a una pacifica manifestazione di protesta degli algerini che fu brutalmente repressa, con decine di morti. Potrebbe darmi maggiori informazioni e anche una spiegazione di quella repressione così violenta? Perché è stata cosi a lungo ignorata in Francia? Da quel che ho appreso, soltanto dagli Anni 80 si è aperto un (timido) dibattito su questi fatti. Davide Lorenzini davidelorenzini97@virgilio.it Caro Lorenzini, L a manifestazione fu brutalmente repressa e vi furono sanguinose «cacce all’algerino» nei viali della capitale e sui ponti della Senna. Ma vi è un antefatto che spiega meglio di qualsiasi analisi quale fosse il clima politico della Francia in quei mesi. Un anno prima il generale De Gaulle aveva parlato di una «Algeria algerina» che avrebbe avuto «il suo governo, le sue istituzioni e le sue leggi». Queste parole non avevano ancora convinto la direzione politica della resistenza algerina, ma avevano suscitato malumore in alcuni ambienti militari francesi e molta inquietudine nel mondo dei «pieds-noirs», come erano chiamati gli abitanti europei (prevalentemente francesi, ma anche italiani e spagnoli) della vecchia colonia. Quando De Gaulle passò quattro giorni ad Algeri dal 9 al 13 dicembre del 1960 vi furono scontri che provocarono la morte di 100 persone. Tornato in patria, il generale non esitò ad annunciare che avrebbe consultato la nazione con un referendum sull’autodeterminazione algerina e avrebbe chiesto contemporaneamente ai francesi un nuovo voto di fiducia. Quando si votò, l’8 gennaio 1961, i sì furono più di 15 milioni, i no quasi 5 milioni. Ma gli astenuti furono il 40% e la grande maggioranza degli europei residenti in Algeria votò contro la proposta del generale. Sul piano formale De Gaulle aveva vinto, sul piano sostanziale la battaglia non era ancora finita. In aprile il generale sfidò i suoi avversari dichiarando pubblicamente, nel corso di una conferenza stampa, che era giunta l’ora di accettare una situazione in cui l’Algeria avrebbe smesso di appartenere alla Francia. Furono queste le parole che provocarono il colpo di Stato militare del 22 aprile, stroncato in un paio di giorni, la nascita di una organizzazione segreta (l’Oas), gli attentati contro il generale e le manifestazioni degli opposti schieramenti, tutte destinate a provocare i duri interventi della polizia. Quella dell’ottobre 1961 rientra, per l’appunto, in questa categoria. Erano cominciate nel frattempo le trattative, dapprima ufficiose poi ufficiali, tra i rappresentanti delle autorità francesi e quelle del Fronte algerino di liberazione nazionale. Dopo la conclusione degli accordi di Evian nel marzo 1962, vi fu un nuovo referendum l’8 aprile, che li approvò con una maggioranza del 64,86%. Nelle sue memorie il generale dette l’impressione di essere stato convinto, sin dall’inizio, che la sola soluzione possibile fosse l’indipendenza dell’Algeria. È probabile invece che abbia progressivamente modificato la sua linea sino ad accettare ciò che era diventato ormai inevitabile. Ma non vi è dubbio che soltanto De Gaulle aveva l’autorità morale necessaria per pilotare il Paese attraverso una delle più difficili prove della sua storia.