Andrea Laffranchi Corriere della Sera 3/1/2015, 3 gennaio 2015
Nell’alfabeto di Bono, il 2014 dalla «A» alla «Z», la sorpresa arriva alla lettera «I». Titolo: «Irish pride», ovvero orgoglio irlandese
Nell’alfabeto di Bono, il 2014 dalla «A» alla «Z», la sorpresa arriva alla lettera «I». Titolo: «Irish pride», ovvero orgoglio irlandese. Quell’orgoglio che, scrive la rockstar in un post sul sito della band, è stato colpito duramente dall’incidente in bicicletta a New York dello scorso novembre. Non tanto perché «mi sono rotto mano, gomito e faccia» ma perché dalle foto scattate si è visto che indossava dei pantaloncini in Lycra. «Esatto, Lycra. Non è molto rock‘n’ roll», scrive. Per compensare, però, c’è la scena del ricovero: «Non ricordo come sia finito al New York Presbiterian (l’ospedale ndr ) con l’omero che usciva dal mio giaccone di pelle: molto punk rock». Nel post Bono racconta delle conseguenze della caduta: «La convalescenza è stata molto più difficile di quanto pensassi... non è ancora chiaro se potrò mai tornare a suonare la chitarra. La band mi ha comunque fatto presente che né loro né la civiltà occidentale dipendono da questo. Personalmente mi mancherebbe molto sfiorare i tasti della mia Irish Falcon verde o della mia (RED) Gretsch. Anche solo per il piacere, al di là dello scrivere i pezzi». Gli U2 non sono quello che sono per come Bono suona la chitarra, è compito di The Edge, ma se le sei corde servono a comporre... Sui social network la reazione va dal sarcasmo del «Perché, suonava la chitarra?», alle disquisizioni tecniche fra fan se sia meglio perdere la chitarra di Bono o le seconde voci di The Edge, agli auguri sinceri per il pieno recupero in vista del tour che partirà, lo conferma la stessa lettera, in maggio. «Mi dovrò concentrare molto per essere pronto, in termini fisici, al tour. Di conseguenza ho cancellato ogni apparizione pubblica e ho deciso che questa missiva è tutto quanto comunicherò in questi primi mesi dell’anno». L’incidente, oltre a prendersi anche la lettera «X» del Bono-alfabeto, i raggi X con tanto di radiografia con le viti in titanio, è stato anche il motore delle riflessioni: l’immobilità fisica cui è costretto, racconta, gli ha fatto venire voglia di viaggiare con la mente. Ed ecco i suoi pensieri. La «A» è dedicata alla moglie Ali «perché tutto parte da lei». E anche il resto della famiglia trova posto nell’elenco, come i tre compagni di band. Affetti personali e professionali sistemati, Bono si dedica ai suoi temi preferiti. Le sue campagne benefico-umanitarie con (RED) e One, i sui pensieri sui macro-temi cui dedica la «D» spiegando che la sua partecipazione al World Economic Forum di Davos e i contatti coi big del pianeta siano un modo per capire dove vanno «le forze che danno forma al mondo della politica», per capire cosa accade «al di fuori della vita sotto aria condizionata degli U2». La religione arriva alla «J» di Jesus con le considerazioni sul Natale: «Per me non è una fiaba, ma una sfida». Ma anche alla «U» di «Unholy Trinity», la trinità profana che Bono, parlando della linea geografica che congiunge Isis, Boko Haram, Mali e Afghanistan, disegna così: «Clima estremo, povertà estrema e ideologia estrema». Conclusione: il futuro del mondo dipende da come verrà trattata. La lettera «M» è divisa fra Nelson Mandela e Malala, la studentessa pakistana premio Nobel per la pace. Ci sono altre persone che Bono vuole ricordare e che riunisce alla «Y», che in inglese si pronuncia allo stesso modo di perché: «Peaches Geldof. Robin Williams. Philip Seymour Hoffman. RIP». L’alfabeto si chiude con una ventata di ottimismo grazie alla «generazione zeta», i teenager di oggi che «magari non ascolteranno la musica degli U2», ma che Bono spera «cambierà il mondo in meglio». Andrea Laffranchi