Marco Buso, Oggi 31/12/2014, 31 dicembre 2014
«SIAMO SOLDATI CATTOLICI»
La Guardia Svizzera Pontificia è tutt’altro che folclore. Dietro la divisa che tutti conosciamo, c’è un Corpo addestrato in modo impeccabile per garantire la sicurezza del Santo Padre e accompagnarlo nei suoi viaggi. A svelarci tutti i segreti delle guardie che sono «il biglietto da visita del Vaticano» è il colonnello Daniel Rudolf Anrig, il comandante che guida la GSP dal 2008 e che terminerà il suo mandato il 31 gennaio 2015.
Colonnello Anrig, qual è il ruolo della Guardia Svizzera Pontifìcia?
«Abbiamo una lunga tradizione, visto che da oltre 500 anni siamo il Corpo che garantisce la sicurezza delle "Residenze" dove alloggia il Santo Padre. Siamo, quindi, responsabili della sua sicurezza. Nel nostro Corpo si possono distinguere due gruppi: gli "anziani", cioè i più esperti in servizio. e i "giovani"’ che costituiscono due terzi della Guardia complessiva e per i quali il servizio, anche in senso fisico, è abbastanza impegnativo. Necessitano di addestramento e formazione continua. In questo modo, anche i più anziani in servizio rimangono sempre attivi».
Il comandante ha anche l’incarico di selezionare le nuove reclute. Come si selezionano?
«Ci sono criteri formali, quali l’altezza, la buona salute, l’avere una professione, aver fatto il militare, essere cattolico. Tutti questi sono aspetti di base fondamentali. Oggigiorno non si può dire che ci siano un mare di candidati, anche se l’arruolamento tre volte l’anno funziona bene. Quali i requisiti necessari? Sono i valori: per alcuni la fede può essere una motivazione forte, altri sono alla ricerca di ’’qualcosa" di importante nella propria vita. Tanti giovani vengono soprattutto per capire se stessi. Alcuni di loro rimangono, altri ritornano in patria e altri ancora si indirizzano verso una vocazione spirituale. Abbiamo, infatti, ogni anno vocazioni sacerdotali o monastiche. Tanti tornano in Svizzera e lavorano nel settore della sicurezza con una motivazione in più. Il comandante ha un compito importante: valutare le reclute, facendo attenzione a chi proviene o meno da una famiglia cattolica e con sani principi. Un giovane che fa parte di una famiglia con tre o quattro figli, ad esempio, è, normalmente, meno problematico. Sono i genitori che fanno crescere i bravi soldati. Abbiamo, ad esempio, una guardia il cui fratello è stato qui prima di lui e suo padre ancora prima: abbiamo un’altra guardia che è il terzo figlio della stessa famiglia che si presenta. Noi siamo sempre qui, sempre a disposizione, senza una vita privata e ciascuno deve accettare questa condizione».
Alcuni vi definiscono l’esercito disarmato del Papa, ma sappiamo che non è così. Come avviene la preparazione professionale delle guardie?
«Ci vuole certamente, anche un addestramento alle armi. Ma l’arma più importante è l’essere pronti, attenti in ogni momento. Nella maggior parte dei casi questo aiuta a prevedere ciò che potrebbe succedere. Quanto prima si interviene, meglio è. Spesso non ci vogliono armi, ci vuole un intervento personale».
Dove si concentra la vostra sorveglianza in Vaticano?
«Nel luogo in cui vive il Papa, alla Domus Sanctae Marthae, e dove lavora, nel Palazzo Apostolico; agli ingressi del Vaticano e poi in tutti i servizi straordinari, sia in Piazza San Pietro sia durante le visite dei presidenti, degli ambasciatori e delle delegazioni. Le guardie girano comunque dappertutto, tenendo presente il servizio sul territorio effettuato dalla Gendarmeria, che è la polizia territoriale».
Nel periodo in cui e stato comandante ci sono stati momenti di allarme per la sicurezza? Alcune minacce da parte di gruppi terroristici vi hanno costretto ad alzare la guardia?
«Non tocca propriamente al comandante prendere posizione su questi argomenti, ma è chiaro che noi serviamo il Santo Padre e lui deve portare avanti il suo ministero, per cui noi diamo il meglio per assicurare la sua sicurezza».
In alcuni casi il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia è stato coinvolto in polemiche, complotti e scandali. L’ultimo caso è stato quest’anno con l’intervista dell’ex comandante Maeder riguardo a una possibile ingerenza di una lobby gay in Vaticano. Perché, secondo lei, attorno alla Guardia girano tante voci? «
È chiaro che i media fanno il loro lavoro e noi il nostro. Queste istituzioni, che sono rivolte verso un vasto pubblico, cercano sempre delle curiosità e appena possibile collegano anche uno scandalo. Da parte mia, posso testimoniare che il nostro Corpo della GSP è costituito da uomini giovani e soprattutto, sani. Posso affermare che sono una élite della gioventù e il loro comandante è molto fiero di tutti loro».
Marco Buso