Paolo Siepi, ItaliaOggi 2/1/2015, 2 gennaio 2015
PERISCOPIO
Ogni leader politico è un narcisista, e non potrebbe essere altrimenti, ma Oliviero Diliberto lo è di più. Guida un piccolissimo partito, costumi e comportamenti (dichiarati) dei partiti comunisti d’antan: centralismo poco democratico, parole d’ordine antidiluviane, indignazione e lotta sempre a portata di dichiarazione, e il segretario oggetto di un microculto della personalità. Da cui, naturalmente, lui rifugge: «Mi hanno obbligato a mettere la mia faccia sui manifesti. Io ero contrario, ma mi hanno detto che funziona. Ho obbedito». Pensate. Il padre padrone del Pdci, quello che si è liberato prima di Bertinotti poi di Cossutta, piegato alle imposizioni dei suoi comunicatori! Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori. 2006.
Un certo tasso di demagogia è, per così dire, connaturato alla politica. Ma ora ne diventa la colonna sonora. La gente ha sempre ragione e i potenti gliela debbono riconoscere a gran voce. Il loro compito non è più quello di offrire visioni e prospettive. Più semplicemente, devono limitarsi a porgere una specchio nel quale l’opinione pubblica si possa riflettere nella sua immediatezza. Marco Follini, La nebbia del potere. Marsilio.
Secondo Kant «è follia educativa quella secondo la quale si vorrebbe che i fanciulli apprendessero tutto giocando, mentre hanno da essere invece avviati per tempo alle occupazione serie, giacché debbono pur entrare nella vita». Evidentemente, anche ai tempi di Kant, la «dimensione ludica dall’apprendere» aveva i suoi sostenitori. Vittoria Ronchey, Figlioli miei, marxisti immaginari. Rizzoli, 1975.
La mia infanzia difficile è cominciata dalla morte di mio padre. Avevo cinque anni. La ditta per la quale lavorava (era l’Olivetti) ci mise a disposizione una macchina che da Torre Pellice, dove vivevamo, ci condusse all’ospedale delle Molinette a Torino. Fu un incontro straziante. Papà ci abbracciò e scoppiò a piangere. Fu il commiato. L’addio. Massimo L. Salvadori, storico. la Repubblica.
Sono certo che entro il ventunesimo secolo la fede nel progresso coatto porterà a dissacrare l’uomo stesso, trasformandone il corpo in strumento. L’aborto sarà facile ed economico, con mirabile correlazione fra la disponibilità del sesso e disporre del feto. La colpe a quel punto ricadranno sulla morte della cristianità istituzionale che ha trasformato il cattolicesimo in protestantesimo e il protestantesimo in agnosticismo. Antony Burgess, Earthly Powers.
Complimenti vivissimi a Federico Rampini che non sta nella pelle per esser diventato ’mericano. Ha fatto l’esame, gli hanno dato il passaporto a stelle e strisce. Mamma mia quant’è felice. E come lo racconta bene: l’esamino, le rispostine, la Costituzione, e la domanda fatidica: «Mai stato comunista?». Sì. Lei? Vampini? Comunista? Sì. E quelli gli han creduto. Da lì, l’altro esame. E mai più stato comunista, poi? No. Lo giura? Lo giuvo sì. E quelli, di nuovo, gli han creduto. Così adesso Rampini è entusiasta. E ne ha ben donde. E benvenuto nel club. Ma è curiosa la vita, a ripensarci: le sue gambette simil-liberal si trascinavano per le sterminate praterie dell’Oklahoma, a studiare i Comanci in vista dell’esamino, e intanto noi, comunisti da sempre, spaparanzati al Pincio in un viavai di buste gialle coi suoi futuri compatrioti. Andrea’s Version. Il Foglio.
Il giovane scrittore non deve pensare troppo al successo. Il successo è femmina. È come una donna. La tratti con disprezzo e lei ti segue bramosa. Ma prova a darle la caccia e allora ti disdegnerà. William Faulkner in Il gioco dell’apprendista di Alessandro Carrera. Medusa.
Si dice che la prossima capitale del mondo dopo Parigi, Londra e New York sarà Shangai. Non ci credo fino in fondo. Forse Hong Kong sarà, un giorno, un luogo molto forte, ma non nei prossimi trent’anni, durante i quali New York manterrà la sua leadership. La qualità della vita è creata dall’energia e dalla presenza di giovani. E i giovani vengono ancora a New York da ogni parte del mondo perché pensano che qui si possa, più che altrove, sognare e realizzare i propri sogni. Gaetano Pesce, designer e architetto. la Stampa.
In realtà io volevo fare il cantante. Ho studiato per dodici anni da basso. Poi ho fatto altro, ma sono bravissimo a insegnare, e del resto i buoni maestri di canto raramente sono anche grandi cantanti. Mi basta mezz’ora per correggere i difetti di un allievo. Alexander Pereira, dal primo settembre 2014 sovrintendente de La Scala. La Stampa.
Gli anatomopatologi leggevano ogni mattina con occhiali da presbite e il naso per aria, la storia dell’umanità sul papiro delle interiora, srotolandone la stella filante alla ricerca della immortalità e sfidando l’odore di merda che i cadaveri spargono per difendere la loro timidezza. Paolo Guzzanti, I giorni contati. Baldini&Castoldi.
Roma è una città splendida ma particolare. Ci sono eccellenze come il Museo di Villa Giulia o Palazzo Massimo, fuori dai percorsi turistici. E poi vedi file sterminate per l’ennesima mostra di Caravaggio. Christian Greco, neo direttore del Museo egizio di Torino. Sette.
Ci ne sono molti artisti interessanti in giro per il mondo. Se succederà qualcosa di nuovo, accadrà più probabilmente in Cina che altrove: il loro modo di guardare all’Occidente è un modo orientale. Si interessano molto ai dipinti del Rinascimento. Mimmo Paladino, pittore e scultore, la Stampa.
Da giovane, immaginavo che sarei stato, da grande, uno di quelli che sanno aggiustare i motori. Mio padre era ferroviere, mia madre casalinga, ho studiato agraria, il teatro è stato un incontro casuale, l’invenzione di un destino. Vivevo nella grande famiglia dei ferrovieri: si rompeva un rubinetto? Veniva il ferroviere-idraulico. Saltava la luce? Ecco il ferroviere-elettricista. Una comunità auto-sufficiente, come i Puffi. Marco Paolini, attore e regista. Corsera.
Trento era più città quando eravamo cinquantamila che adesso che siamo quasi cento. Rolly Marchi, Ride la luna. Mursia.
Muti è inarrivabile su Verdi e Mozart. Barenboim sa tutto a memoria, ma non mi entusiasma. Nel jazz ti può capitare la bella giornata, ma la scultura nella roccia è solo la musica classica. Fedele Confalonieri. Corsera.
Fra le braccia di una donna mi eccito; fra quelle di un medico mi tranquillizzo. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 2/1/2015