Enzo Bettiza, 2014 – La Stampa 31/12/2014, 31 dicembre 2014
UNA POLVERIERA GLOBALE
Ammesso che la terza guerra mondiale sia già cominciata, secondo le preoccupate parole del Papa e le terribili immagini che ci giungono dai fronti in armi, sarebbe interessante fissare con maggiore precisione le responsabilità dei principali Paesi coinvolti e l’identità dei personaggi in campo.
«Siamo di fronte a un conflitto mondiale, ma a pezzetti», ha tuonato il pontefice. Pezzetti, un pulviscolo di conflitti, che compongono una nebulosa dai contorni indistinti in cui il concetto tradizionale di guerra risulta superato e obsoleto. Non più Stati sovrani belligeranti fra loro, bensì entità asimmetriche e transnazionali che si fronteggiano in modo caotico e imprevedibile, quasi sempre ai danni delle popolazioni civili. Non è forse un bollettino di guerra il numero, oltre cento, dei bambini massacrati dai taleban nella scuola militare di Peshawar, in Pakistan, il 16 dicembre scorso? E il rapimento delle 219 liceali portate via dalle milizie islamiche di Boko Haram in una scuola cattolica in Nigeria non è anche quello un bottino e un luttuoso trofeo di guerra?
Guerra non convenzionale anche nelle acque d’Europa, un’ecatombe che fa del Mediterraneo un cupo cimitero a cielo aperto, una fossa comune che inghiotte nel silenzio migliaia di migranti e di rifugiati politici lasciati affogare.
In Nigeria come nel Sahel, in Siria come in Afghanistan le forze internazionali di vigilanza sembrano arretrare di fronte al divampare dei nuovi focolai di conflitto. In Afghanistan, in particolare, dopo la decisione di dichiarare la fine delle operazioni di combattimento annunciata dal generale americano Campbell, la situazione appare tutt’altro che risolta o conclusa. Davvero ottimiste le parole del generale - «Abbiamo portato gli afghani fuori dall’oscurità e dalla disperazione» - se si considera che, soltanto negli ultimi due mesi, Kabul è stata teatro di nove feroci attentati terroristici.
Se poi dall’Asia spostiamo lo sguardo in direzione dell’Europa e dei suoi confini orientali, incontriamo un’altra anomala crisi, non più solo latente, ai margini dell’impero di Putin. L’ultimo zar del Cremlino non è certo estraneo all’esercizio di forme di guerra non convenzionale. È palese il suo disegno di grandeur geopolitica volto a ripristinare il prestigio e il peso internazionale di Mosca. Il crollo del rublo sta a dimostrare quali siano oggi le armi e gli strumenti di offesa con cui si combatte in un clima di nuova guerra fredda. Una guerra che assegna crescente importanza tattica e strategica non più solo agli eserciti e ai militari, ma anche a banche, a multinazionali, e a centri di potere finanziario-economico. Se di terza guerra mondiale si tratta, a connotarla è un dosato stillicidio di ostilità sull’orlo del baratro nucleare.
Enzo Bettiza, 2014 – La Stampa 31/12/2014