Domenico Quirico, 2014 – La Stampa 31/12/2014, 31 dicembre 2014
LA CARITÀ CONTRO LA VANITÀ
Il vero problema di Ebola è il fatto che è avvenuto. Non lo possiamo cambiare con le migliori spiegazioni scientifiche. Siamo scivolati attraverso la porta di uno stregone: ed ecco gli occhi spaventati dei contaminati, occhi che non vedono, ma che sono lì per essere visti, occhi che sono diventati un tacito mezzo espressivo, segreto e strano, come se fossero viscere. Stiamo lì davanti umiliati e spogliati, anche i mandarini con le dilatate nari scientifiche e i programmatori delle nostre società con i loro giocherelli rumorosi. Come chi non ha più diritto ad altro che al dolore perché la smentita è totale.
Un giorno del 2014 la peste si muove, da una sperduta località del Congo dove non ha mai cessato di uccidere, ma in silenzio. Pensavamo di averla cancellata, con la bugia, l’omissione: l’avido desiderio umano di mentire. E invece si muove, galoppa: un pipistrello, o un altro animale della foresta, o un ignaro viandante la porta a migliaia di chilometri, in un altro frammento di acre avidità vegetale del continente. Dove comincia a uccidere fragorosamente. Non possiamo più negarla: è lì. Dobbiamo guardare il vero volto della natura, abbiamo dovuto guardare negli occhi della Gorgone e solo qualcuno di noi ha potuto proseguire vivo.
Ebola ha scoperchiato la vanità della scienza e lo spaesamento causato in noi da questa vanità, la naturale stoltezza di ogni essere che vuole vivere e si crede corazzato da qualche formula: la falsa credenza secondo cui la vita è ormai un dato di fatto fondato e, di conseguenza, si possono avanzare delle pretese nei confronti dell’ambiente, per esempio che non si insinui in noi subdolamente e ci uccida. L’onnipotente mondializzazione di cui siamo fieri, la peste può usarla per raggiungerci, ovunque, a migliaia di chilometri da quei neri che vivono nelle città affrante e per noi inutili della Liberia e della Sierra Leone. La strada a ritroso della civiltà è molto più breve di quanto si pensi. L’Occidente è vile. Ha ancora paura, manzonianamente, dei monatti.
Chi, come me, ha attraversato le terre di Ebola e ha visto la solitaria agonia, la morte povera, terzomondista, africana, l’impotenza eterna di essere umani davanti alle feci, al sangue, alla febbre, alla solitudine, non dimenticherà mai che il morbo è stato affrontato, e un giorno forse vinto, non dalla scienza. E’ stato contenuto, soffocato, dalla pietà umana, dalla intrepida misericordia dei medici, degli infermieri, dei volontari. La mitica e millenaria carità umana, tragica e feconda.
Domenico Quirico, 2014 – La Stampa 31/12/2014