Alberto Mattioli, 2014 – La Stampa 31/12/2014, 31 dicembre 2014
DETERMINATO, RAPIDO E SPREGIUDICATO: COSÌ IL LEADER HA RIVITALIZZATO LA LEGA E OCCUPATO LA SCENA POLITICA PER CONQUISTARE LA LEADERSHIP DEL CENTRODESTRA
Ha portato 40 mila persone in piazza a Milano e la Lega Nord al Sud. Ha ballato con Marine Le Pen e bollato così «il Matteo sbagliato», cioè Renzi: «Sta ammazzando il Paese di chiacchiere». Ha posato su «Oggi» coperto solo da una cravatta verde e cantato «Romagna mia» con Raoul Casadei. Ha rischiato il linciaggio e quasi vinto le elezioni nell’Emilia-Romagna già rossa.
Piaccia o non piaccia, il 2014 è stato l’anno di Matteo Salvini. Aveva ereditato una Lega devastata e depredata da Belsito & co. e che pareva condannata a risalire in disordine le valli del profondo Nord. Nessuno pensava che avrebbero avuto un futuro, né lui né il suo partito. E invece adesso, stando ai sondaggi, la Lega è il primo partito del centrodestra e si gioca con i grillini il primato nell’opposizione. Lui, «il Matteo giusto», sogna già di sloggiare Renzi da Palazzo Chigi, o almeno Giuliano Pisapia da Palazzo Marino. Per un ragazzo di 41 anni, dodici dei quali passati fuoricorso all’Università (e senza nemmeno prendere il pezzo di carta), non c’è davvero male.
In realtà, Salvini è speculare a Renzi. Hanno lo stesso modo di far politica, la stessa velocità, la stessa spregiudicatezza, la stessa insofferenza per l’astrattezza, la stessa onnipresenza mediatica e lo stesso modello: Berlusconi, ovviamente. Infatti entrambi hanno debuttato in tivù come concorrenti dei telequiz biscioneschi. Oggi sono dei suoi replicanti 2.0, similSilvio con uso di Internet.
Paradossalmente, dei due quello più di sinistra è proprio Salvini, che infatti quando c’era il Parlamento-barzelletta di Mantova ci si candidò per i «Comunisti Padani». Da segretario ha però scoperto che per lui le praterie elettorali c’erano, ma a destra. E le ha conquistate con gli argomenti tipici dei neopopulismi europei. E allora avanti con gli attacchi all’Unione europea «peggio di quella sovietica» e all’euro «crimine contro l’umanità». Forza contro l’immigrazione, le moschee, la globalizzazione, il politically correct, i matrimoni gay, le tasse, Mare Nostrum, le sanzioni al buon Putin e i presidi cattivi che vietano il presepe. Sdoganando anche la destra più a destra: CasaPound si appalesa ai cortei leghisti, Salvini al congresso del Front National. E mandando Marine Le Pen «in estasi», parola di madame.
In realtà, «il capitano», come lo chiamano a Pontida, è un finto naïf che ha capito che oggi la politica è soprattutto, o forse soltanto, comunicazione. E lui sa farla. Una squadra efficientissima satura ogni spazio virtuale con quello che Matteo fa, dice o pensa. La presenza in tivù è costante e arrembante. Però Salvini è uno dei pochi politici che ancora battono le piazze, fra un selfie e una predica del Vangelo secondo Matteo. Perfino il corpo diventa messaggio. Porta in giro le famigerate felpe con il nome di ogni possibile località, oppure le toglie per mettere in mostra nudità che magari non giovano all’estetica ma certamente raggiungono l’obbiettivo: far parlare.
Ora per lui è arrivato l’anno delle scelte. Il problema di un partito finora confinato al Nord è stato affrontato (che sia anche risolto, è tutto da vedere) creando un clone per il Centro-Sud, «Noi con Salvini». Resta quello politico: radicalizzando le posizioni, si può conquistare la guida dell’opposizione, non quella del Paese. Per governare, specie in Italia, bisogna trovare degli alleati e occupare il centro. Dunque, darsi una moderata. È il percorso che sta facendo con successo l’amica Marine, per intenderci. E che prima o poi dovrà fare anche Salvini. Se non vorrà restare per sempre «l’altro Matteo».
Alberto Mattioli, 2014 – La Stampa 31/12/2014