Paolo Siepi, ItaliaOggi 31/12/2014, 31 dicembre 2014
PERISCOPIO
Un agronomo è stato appena nominato tra i dirigenti del parco di Selinunte, una delle aree archeologiche più grandi e importanti del Mediterraneo. E qui gli altri due colleghi graduati del sito sono un architetto e un ingegnere. Al parco archeologico di Agrigento, invece, i dirigenti sono otto ma nessuno è archeologo. Così come alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina, un piccolo sito che però ha due dirigenti a tenersi compagnia. Antonio Fraschilla, la Repubblica.
Il centro in politica non è una maledizione, ma il riconoscimento delle ragioni degli uni e degli altri. Nessuna democrazia dell’alternanza può basarsi sulla demonizzazione degli avversari, anche in riferimento a Silvio Berlusconi. Bisogna invece che si basi su un minimo comun denominatore di valori condivisi. Pier Ferdinando Casini. La Repubblica.
Avevo molta simpatia per Emma Bonino. Prometteva bene. Negli anni Settanta, quando dirigevo una televisione lombarda che si chiamava Video Delta e che poi si trasformò in Rete 4, la invitai negli studi per intervistarla. Ora mi è diventata una borghesuccia qualunque. Una poltronista. Intendiamoci, che avesse un debole per i damaschi s’era intuito fin dall’inizio. Ci è incollata da quasi 40 anni, da quando, nel 1976, venne eletta per la prima volta alla Camera con i radicali di Marco Pannella. L’archaeopteryx è ancora lì che svolazza senza posa da una seggiola all’altra. Matteo Renzi l’ha momentaneamente atterrata, ma vedrete che riprenderà il volo non appena si sarà tolta i pallini dalle ali. Alla Farnesina s’è rivelata una sciureta, tutta forma e niente sostanza. Sembrava che il giorno dopo l’insediamento dovesse riuscire là dove aveva miseramente fallito il suo predecessore Giulio Terzi di Sant’Agata, cioè riportare a casa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i sottufficiali di Marina arrestati in India con l’accusa di omicidio. Invece, trascorsi due anni, i due sventurati marò sono ancora trattenuti dalle autorità del Kerala. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
Il fatto è che il gruppo dei Fassina e dei Cuperlo ha letto fin dall’inizio male il segno politico della crisi economica mondiale, interpretandolo come una potente spinta a sinistra dell’elettorato. Questa base ha indotto Bersani a fare una campagna elettorale perdente in stile Cgil, mentre il suo popolo se ne andava da tutt’altre parti. Ora è sotto choc per aver scoperto che quello stesso popolo segue Renzi, pur bollato come una Thatcher col lifting da Susanna Camusso. Non resta che l’ultimo populismo, quello antieuropeista. Pericoloso ovunque, ma molto di più quando alligna all’interno del partito di maggioranza e di governo di un Paese a rischio come l’Italia. Non è certo così, facendo i proto-grillini o gli pseudo-leghisti solo un po’ più colti, che la sinistra pd può sperare non dico di riprendersi, ma nemmeno di correggere la barra del timone che ha perso. Antonio Polito, Corsera.
Ho avuto una fidanzata architetto. Mi ha aiutato a osservare i palazzi di Milano, a cogliere le diversità, gli stili, le epoche. Ho volato con un piccolo aereo sopra il centro e ho visto meraviglie di giardini. Massimo Fini, giornalista. Corsera.
Bisogna essere stati in una posizione subordinata, con tutte le piccole umiliazioni che ciò comporta, per sapere che il mondo si divide in dominanti e dominati e che solo i dominanti respirano. Più tardi, molto più tardi, ho fatto parte dei dominanti, dato che ho diretto due grandi giornali, ma non ho mai dimenticato l’esperienza della mia adolescenza. Françoise Giroud, On ne peut pas etre hereux tout le temps. Fayard. 2001.
E gli astucci? Come vorrei avere ancora bisogno di un astuccio. Di quelli grandi, a doppio scomparto, con i righelli e i pennarelli e il temperamatite tutti così in ordine, come un esercito pronto all’attacco. Le gomme, poi. Noto con un sussulto di tenerezza che le gomme sono ancora quelle blu e rosse, rossa per cancellare la matita e blu per la penna (si affaccia come fosse appena ieri il ricordo di un grave errore sul quaderno, e del fregare con la gomma la carta fino quasi a bucarla). Le biro, poi, delle biro sono particolarmente vorace. E guarda qui che ben di Dio, dalle vecchie care Bic ai roller tecnologici che scivolano sul foglio, più veloci della mano, trascinandoti a scrivere. Ne acciuffo una mezza dozzina, avidamente. E ora porterò a casa il mio bottino e intimerò ai figli: «È roba mia!». Poi, chiuderò il mio tesoro in un cassetto. Ben sapendo però che la magia di quell’aroma di carta e grafite vive davvero solo nel tempo in cui si è ragazzi, e ogni anno sui banchi si ricomincia di nuovo, e tutto, per qualche giorno almeno, sembra vergine e intatto; e tutto pare, nelle pagine dei libri freschi di stampa, da scoprire. Quei quaderni, nei mesi si riempiranno di parole e di errori; e infine, alcuni almeno, rimarranno conservati dalle madri in devoti scomparti degli armadi, come ricordi: i quaderni del figlio, in prima elementare. E ingialliranno allora negli anni le pagine, adagio, come fiori che appassiscono gentilmente. Marina Corradi. Tempi.it
Un giorno mia moglie mi dice di poter leggere qualche mia riga dei romanzi che attendevano di essere pubblicati. Le ho dato il manoscritto di Travail soignè. Ella è sicura che sarà pubblicato. Lo riscrivo un poco, lo mando a 22 editori, ricevo 22 lettere di rifiuto. Ma mia moglie non demorde. Di fatto, un editore mi richiama otto giorni più tardi: aveva cambiato idea. Pierre Lemaitre, Au revoir là-haute. Albin Michel.
In uno dei miei ultimi colloqui, mio padre, Giuliano Zincone, era lì sul letto, in clinica, con quella maschera stretta che lo aiutava a respirare e che lui chiamava «maschera di ferro». Io ero di fronte a lui e volevo fargli capire quanto era stato meraviglioso come padre. Così gli ho chiesto: «Ti ricordi le nostre partite di pallone in corridoio? Non mi facevi mai vincere». Glielo chiedevo perché io, ogni tanto, mio figlio Giulio lo faccio vincere. Lui mi ha guardato e con la mano ha fatto: «No». Sotto la maschera sorrideva. Vittorio Zincone al funerale di suo padre, il giornalista Giuliano.
Diffida di chi ha letto un solo libro, di chi ha avuto una sola donna o un solo uomo, di chi mangia un solo piatto, di chi beve un solo vino, di chi respira sempre la stessa aria. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 31/12/2014