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 2014  dicembre 31 Mercoledì calendario

I PARTITI ANTI-TROIKA GIÀ AL PRIMO POSTO IN GRECIA, SPAGNA, IRLANDA E FRANCIA

Ci sono due modi opposti di guardare alla crisi politica della Grecia. Il primo è tipico di chi considera preminente il punto di vista dei mercati. E non c’è dubbio che, da questa angolatura, la crisi greca faccia «paura all’Europa», in quanto non c’è nulla peggio di un paese che non rispetta i patti sottoscritti dal suo governo con la Troika (Ue, Bce, Fmi), patti basati sullo scambio tra aiuti finanziari e bancari da un lato, e riforme drastiche dall’altro. Poiché il leader della sinistra greca, Alexis Tsipras, qualora vincesse le prossime elezioni, è proprio su questi patti che si promette di intervenire, per rinegoziarli e ridurne il peso economico e sociale, è ovvio che la sua probabile vittoria (i sondaggi lo danno in testa, con il 35% dei voti) faccia paura all’Europa di Jean Claude Juncker e di Angela Merkel, che ha nella Troika e nei banchieri il proprio braccio armato.
Vi è però un altro angolo visuale, assai meno considerato sui media, ed è quello del rispetto della democrazia. Sotto questo profilo, il governo greco di Antoni Samaras, che vede alleati conservatori e socialisti, proprio perché ha firmato i patti con la Troika, è piuttosto inviso ai greci, che non ne possono più dei sacrifici imposti in cambio degli aiuti finanziari. Negli ultimi quattro anni, anche per colpa dei debiti esagerati contratti dal governo di Atene con le banche tedesche e francesi, i greci hanno dovuto subire di tutto: più tasse, riduzione di stipendi pubblici e pensioni, licenziamenti in massa degli statali, sanità ridotta al minimo se non cancellata, taglio dell’elettricità alle famiglie povere e morose, case al buio e al freddo, disoccupazione alle stelle. Il tutto senza progressi veri sulla strada del risanamento dei conti, visto che il debito pubblico rimane sopra il 170% del pil, mentre la miseria dilaga.
Da qui la voglia dei greci di dire basta, e il progressivo aumento dei consensi per Tsipras, visto dai connazionali come l’unico leader anti-Troika. Che i giornali lo definiscano «estremista di sinistra», non ha impedito che su di lui stiano confluendo anche quegli elettori che in passato votavano per i socialisti o per i moderati. Il fatto è che, ormai, i greci hanno più paura della Troika che dell’estrema sinistra. Ed è questo, piaccia o meno, che sta facendo la differenza sul piano della democrazia.
Mercati e Troika contro democrazia, dunque? La Grecia, sotto questo aspetto, non è affatto isolata in Europa. In Spagna sta accadendo la stessa cosa, addirittura con una velocità maggiore: un partito di sinistra, Podemos, nato nel gennaio 2014 in una libreria di Madrid per iniziativa di alcuni intellettuali, in pochi mesi è riuscito a portare al Parlamento europeo cinque deputati ed è ora accreditato dai sondaggi come il primo partito in Spagna con il 27%, due punti sopra i socialisti e 7 punti in più rispetto ai popolari del premier Mariano Rajoy.
Il leader di Podemos è un trentenne, Pablo Iglesias, docente di scienze politiche all’università Complutense di Madrid, soprannominato «el coleta» per via del codino che porta da quando aveva 15 anni. Al suo fianco lavora un gruppo dirigente di giovani, per lo più indignados che nel 2011 occuparono la piazza di Puerta del Sol sulla scia di Occupy Wall Street, tutti dotati di una grande familiarità con la Rete e con i social network, come lo sono i grillini di casa nostra. Ma a differenza di Beppe Grillo, che in Europa si è alleato con l’euroscettico e xenofobo inglese Nigel Farage, lo spagnolo Iglesias ha stretto una solida intesa con Tsipras, di cui condivide la visione politica anti-Troika. A suo dire, «i maggiori leader europei, vale a dire Angela Merkel, Jean Claude Juncker, Mariano Rajoy, Antoni Samaras, François Hollande e Matteo Renzi, sono militanti del medesimo partito, il partito di Wall Street: sono l’Internazionale della finanza».
Non è tutto. Nel Parlamento europeo, Syriza e Podemos fanno parte dello stesso gruppo in cui è confluito anche il Sinn Fein («Noi stessi» in gaelico), che in Irlanda è diventato da poco il primo partito (all’opposizione), con un balzo in avanti sorprendente. Dopo il 19,5% ottenuto alle europee, alla pari con liberali e popolari, e un vantaggio di 15 punti sui laburisti,a metà dicembre il Sinn Fein ha staccato tutti, accreditato dai sondaggi tra il 26 e il 30%. La sua linea politica, da sempre legata alla tradizione cattolica, si caratterizza per il forte spirito anti-Troika, le cui terapie anziché risanare le finanze pubbliche irlandesi (il debito pubblico, che era pari al 25% del pil nel 2007, è ora al 123%), hanno lasciato sul terreno un’economia in ripresa solo per le grandi multinazionali, mentre le piccole e medie imprese sono al palo, con una disoccupazione del 13% e una forte emigrazione giovanile.
A destra, infine, su posizioni anti-Troika, vi è il Front national di Marine Le Pen, primo partito in Francia (25%), ma senza alleati nel Parlamento europeo, dove conta poco. Dunque, sono ben quattro (compresa la Grecia) i Paesi europei dove, grazie alla democrazia, le politiche di austerità sono rifiutate e messe in discussione. Un campanello d’allarme scomodo per la Merkel, ma benvenuto per chi crede nella democrazia.
Tino Oldani, ItaliaOggi 31/12/2014