Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 30 Martedì calendario

ANCHE I GAY HANNO IL LORO LOBBISTA

Se in poco più di un anno dal famoso inciampo di Guido Barilla sulle coppie gay l’azienda ha ottenuto la riabilitazione completa da parte delle associazioni americane per i diritti civili, il merito è soprattutto di David Mixner. La consulenza di Mixner è stata decisiva in quella che lui stesso ha definito «la più profonda operazione di recupero da un errore di comunicazione alla quale abbia preso parte». La Barilla non è passata da azienda antigay a soggetto senza infamia né lode nelle classifiche della tolleranza, ma in pochissimo tempo è diventata un modello di condotta «gay friendly», superando anche i concorrenti che avevano approfittato delle dichiarazioni del presidente a Radio 24 per mostrarsi inclusive.
Barilla ha messo due lesbiche in una pubblicità, ha fatto cospicue donazioni alle associazioni gay e ha esteso i benefit per gli impiegati transgender e le loro famiglie. Human rights campaign le ha dato il massimo dei voti nell’indice dell’uguaglianza che stila ogni anno, cosa «inusuale in cosi poco tempo» per un’azienda che nemmeno compariva nella lista l’anno precedente, come ha detto una direttrice dell’associazione. La metamorfosi da simbolo dell’omofobia a esempio per la cultura gay non è da tutti. Ci vuole almeno un Mixner, che sarebbe riduttivo definire un’attivista della causa. Mixner è un’eminenza dell’attivismo. Un pioniere che ha dato battaglia alla borghesia americana quando essere gay non era ancora borghese. Nel 1978, assieme al leggendario Harvey Milk, ha ottenuto un appuntamento con il governatore di destra della California per convincerlo a schierarsi contro una proposta referendaria che avrebbe impedito agli omosessuali di insegnare nelle scuole. Lui ascoltò attentamente, si convinse, e il suo appoggio fu decisivo per far naufragare il referendum. Quel governatore si chiama Ronald Reagan.
La vittoria costruita in quell’occasione da Mixner non è sfuggita a un giovanissimo aspirante governatore democratico che aveva bisogno dell’appoggio della sinistra più radicale per aggiudicarsi la guida dell’Arkansas. Era un certo Bill Clinton. Così l’attivista poco più che trentenne entrò nel cerchio magico di Clinton, portandogli i voti della comunità gay alle elezioni presidenziali e diventando il primo omosessuale dichiarato a ricoprire un ruolo ufficiale alla Casa Bianca. Le cose sono precipitate quando il presidente ha presentato la regola nota come «Don’t ask, don’t tell», che imponeva ai militari di non dichiarare apertamente il proprio orieniamento sessuale. Mixner si è infuriato per la decisione, ha attaccato il presidente in una tribuna televisiva, sapendo che avrebbe provocato una rottura dei rapporti. Quando ha firmato il decreto, l’attivista ha organizzato una manifestazione contro Clinton, premurando di farsi arrestare dalla polizia con il massimo della visibilità possibile, proprio davanti alla Casa Bianca. Sapeva che la scena sarebbe stata un successo.
Originario del New Jersey, 68 anni, Mixner si è avvicinato alla lotta per i diritti civili alle scuole superiori, quando organizzava manifestazioni in solidarietà degli afroamericani e mandava donazioni al reverendo Martin Luther King. Alla Arizona State University la sua passione civile si è diretta verso le proteste contro la guerra del Vietnam e per le istanze dei lavoratori. È avvenuta in Arizona la prima relazione segreta con un ragazzo che sarebbe morto appena dopo un anno dal loro incontro in un incidente stradale. Ogni causa era buona per attaccare tradizioni, caste, privilegi e difendere minoranze senza voce. Ha lottato per i diritti dei neri e contro la polizia, per i diritti sindacali e contro le armi nucleari, si è battuto su entrambe le sponde dell’oceano. Si è fatto trasferire all’Università del Maryland per essere più vicino al potere contro cui scagliarsi.
In realtà, Mixner del potere è allo stesso tempo un critico e un complico. È stato amico di lunga data di Ted Kennedy e di altri influenti avvocati della causa gay. Con la sua azienda di comunicazione politica ha organizzato decine di campagne elettorali, raccogliendo oltre 30 milioni di dollari per candidati apertamente omosessuali o sostenitori della causa. Poi è passato alle consulenze per le aziende: forse nessuno come lui ha i contatti e l’esperienza per guidare un business fuori dal cono d’ombra dell’omofobia, che può causare serissimi danni al profitto. Barilla si è rivolta all’uomo giusto.
Il momento più drammatico della sua vita Mixner lo ha raccontato un mese fa, quando sul palco di un teatro ha svelato un episodio inedito: «Ho ucciso otto persone» ha detto. Alla fine degli anni Ottanta, quando l’Aids colpiva come uno stigma la comunità gay, Mixner prese parte a un network clandestino di medici che somministravano sostanze mortali ai malati terminali che lo chiedevano. «Ho perso 300 amici, nel giro di due anni ho recitato 90 discorsi funebri» ha spiegato. Fra loro c’era PeterScott, compagno di una vita.