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 2014  dicembre 30 Martedì calendario

NERI SOTTO L’ALBERO, REGALO PER RENZI

È stato il regalo di Babbo Natale a Matteo Renzi questo revival delle “trame nere”. La scoperta del disegno eversivo, con tanto di riscrittura della Costituzione, come i maglioni lavorati ai ferri è stato momentaneamente infilato in un cassetto ma se non è il remake di Vogliamo i colonnelli, prossimo ad andare in onda, questa réentrée è dadaismo puro.
Manca purtroppo il grande Ugo Tognazzi in questo cinepanettone di fine anno ma ci si accontenta. C’è, infatti, in questa inchiesta, il Grande Vecchio. Non è un poeta come Licio Gelli, non è massone, ma è qualcosa di più. È Rutilio Sermonti, ultranovantenne, già seguace di Konrad Lorenz, allevatore di papere, maniaco di taccole di cui discettava ai tempi dei Campi Hobbit.
La realtà si mangia sempre la fantasia. Studioso di storia, co-autore con Pino Rauti della monumentale Storia del Fascismo, Rutilio sa tutto dei Nativi americani. Era capace di montare un teepe a Montesilvano in meno di cinque minuti, adesso – con gli anni – ci metterà più tempo, è ovvio, ma deve anche riscrivere la Carta sulla quale la soave Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, ancora cincischia. E il tempo che ci vuole, ci vuole.
Fa saltare il Patto del Nazareno, Rutilio. Come frega lui Berlusconi, nessuno. Altro che Boschi, leggete l’art 72: “Poiché i privati non possono possedere reti televisive e la tivù può trasmettere programmi solo per qualche ora al giorno perché mantenere televisori accesi al di fuori di quegli orari costituisce reato contravvenzionale”.
Rutilio che regala ai torpori post-natalizi il brivido del fascismo appartiene a una famiglia proprio particolare: i Sermonti, il più famoso dei quali – tra i germani – è Vittorio, superbo dantista, mentre l’altro fratello – genetista, scienziato anti-darwinista tra i più seri – è Giuseppe. Visto nelle foto recenti, con la barba, Rutilio – dotato di una cultura madornale – ha un che del Gandalf tolkieniano e dovrebbe dunque essere lui, secondo i guardiani della sicurezza nazionale, il fomentatore ideologico della squadra eversiva individuata negli Abruzzi – il più squinternato dei quali, Stefano Manni, un ex carabiniere, con aria assorta si autopromuove in un video con il Mein Kampf in mano. Dovrebbe quindi essere una sorta di Vecchio della Montagna, Sermonti, e pare già di vederlo brandire un bastone come Geremia, il vecchio Capo del Gruppo Tnt mentre stana i suoi fedelissimi che dibattono su Fb in tema “di froci, Anticristo , trans e clandestini”.
Manni, il vero capo, vuole annusare l’odore di carne bruciata (preferibilmente immigrati), destinare le donne all’economia domestica, misconoscere i diritti politici e così, ancora prima di chiudere il cerchio, aggiungendo i fumetti di Alan Ford, alla vicenda grottesca dei golpisti pronti a destabilizzare lo Stato estrapolando miasmi di ubriachi, razziando fucili al mercato dei giostrai, viene in soccorso l’eterna vena dell’avanspettacolo in salsa tragica.
Tutta la paccottiglia dell’immaginario non può però bastare per fare l’esegesi di questa operazione – una medaglia al petto dell’operato di Angelino Alfano, ministro dell’Interno – perché quattro scemi presi al laccio non possono costituire un pericolo ma una distrazione di massa al self service del conformismo, sì. Basti vedere come hanno raccontato l’epopea i giornali. Non hanno, i montanari al seguito dell’ex carabiniere, la torva estetica dei generali col monocolo e siccome ogni trama ha il suo controcanto di tornaconto, tutto torna: oggi come ieri, torna la strategia della tensione.
È il vintage per eccellenza quello della “trama nera”. Si porta sempre, è un sempreverde e come nella canzone degli Amici del Vento (“Trama nera, trama nera, sol con te si fa carriera”), così oggi, con tutto questo fiorire di strategie, s’intravede col profilo di Babbo Natale il magnifico regalo al regimetto renziano.
La strategia della tensione coincide con la geometria del potere costituito. Tutto ciò che non è conforme, va smontato. Nel 1971 Giorgio Almirante, col Msi, ebbe un fragoroso successo elettorale. Dopo di che, la stagione delle stragi e delle trame nere. Svanì tra i processi, le retate e i misteri il sogno di svuotare il bagaglio elettorale della Dc. Ancora ieri i sondaggi davano in ascesa Matteo Salvini, leader di fatto della destra non conforme. Fusse che fusse l’occasione buona per tirargli tra le gambe una papera sfuggita al controllo di Rutilio Sermonti?