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 2014  dicembre 28 Domenica calendario

SOSA, BOMBER COL SORRISO

Ne ha fatta di strada Edgar Sosa, dal letto a castello nella stanza della madre in un a dir poco sovraffollato bilocale di Inwood, quartiere nell’estremo Nord di Manhattan. Appeso alla porta, un canestro di plastica. Provate a indovinare chi lo ha rotto a furia di schiacciate... Oggi il dominicano di nascita ma newyorchese d’adozione, spostatosi nel Bronx dopo aver abbandonato quella scomoda abitazione, sorride ripensando a quei giorni, pochi minuti dopo aver rilanciato Sassari con i suoi 40 punti, top in carriera, che sono serviti per sbancare Varese dopo due supplementari. Dieci triple a segno su 15 tentativi, una serata di quelle da incorniciare.
Sosa, eravate privi di Brooks, Sanders e Devecchi. Ha avuto un approccio diverso?
«Non in particolare. Entro sempre con la stessa aggressività. Partire dalla panchina per me non è assolutamente un problema. Certo, siamo in emergenza e sapevo di dover dare tanto per portare a casa questa partita».
Quanto vi è servita l’Eurolega?
«Tantissimo, ogni partita era contro i migliori giocatori d’Europa, ex Nba. Tornare in Italia, dove solo Milano e forse un altro paio di squadre hanno quel talento, rende tutto più semplice. Non che in serie A si vinca passeggiando peraltro...».
Infatti avete perso più partite rispetto alle previsioni.
«Dopo il successo in Supercoppa abbiamo guardato il calendario e ci siamo detti che al massimo avremmo perso 2-3 partite. Ma non sai mai cosa può accadere. Ora non guardiamo più avanti della prossima gara. Sembra un cliché ma è la verità. E sta funzionando visto che abbiamo vinto le ultime 2».
Final Eight primo obiettivo?
«Assolutamente. La prossima partita è in casa con Caserta, poi andiamo a Venezia, altro ostacolo difficilissimo. Per questo incassiamo con un bel sorriso il successo di Varese e lo mettiamo in cassaforte».
Ci racconti della sua infanzia a New York.
«Da ragazzino volevo essere come mio fratello Erick, che giocava a basket. Per questo ho preso in mano la palla a spicchi per la prima volta a 5 anni e non l’ho più mollata».
Nel 2011 ha subito un infortunio gravissimo, frattura a una gamba con la nazionale dominicana.
«Non ho mai voluto vedere il filmato. E’ una delle cose peggiori che possa capitare a un cestista. Ma grazie a Dio ne sono uscito e ora guardo indietro pensando che tutto quello che ho passato mi ha reso più forte. Sono fortunato, vengo pagato per giocare a basket, non è da tutti».
Che ruolo ha avuto Rick Pitino, che l’ha allenata a Lousiville?
«Pitino per me è tutto. Mi ha insegnato non solo il gioco del basket ma quello della vita, ad essere paziente, felice perché quel tipo di persone fanno strada. Per questo cerco sempre di affrontare i problemi col sorriso sulle labbra, senza preoccuparmi delle cose che sono fuori dal mio controllo. Vivo alla giornata cercando di ottenere il massimo da me stesso ogni giorno»
E’ ancora in contatto con lui?
«Non durante la stagione ma d’estate vado a Louisville e parliamo a lungo. Sono felice che sia nella mia vita».
Ora l’allena Sacchetti.
«E’ un grande coach. E’ strano, sin dal mio primo anno in Italia, a Biella, lo seguivo con simpatia, anche se non lo conoscevo. Forse per il suo stile, per come sa motivare i giocatori, per come dà a tutti le stesse opportunità. Ho sempre provato affetto per lui e ora sono fortunato ad averlo come tecnico».
Segue la Nba?
«Tengo d’occhio i giocatori che mi piacciono come LeBron, Westbrook o Rondo, che d’estate gioca al campetto con me a Louisville».
Tifa Knicks?
«Ehm... sì. Diciamo che la città non è esattamente contenta di come stanno andando. Gli ultimi due anni sono stati difficili».