Claudio Ghisalberti, La Gazzetta dello Sport 28/12/2014, 28 dicembre 2014
COLBRELLI: «LA VITA È DURA, IO IN ACCIAIERIA PIANGEVO»
La prima nevicata dell’anno, fitta e intensa, zittisce il frinire delle ruote. Oggi non ci si può allenare. Il primo grande appuntamento della stagione, la Milano-Sanremo che i belgi chiamano Primavera, sembra appartenere a un mondo lontano. Invece, è qui, è vicina. Per conquistarla ed avere per sempre un posto tra i grandi, devi avere già lavorato duro, fatto sacrifici. E l’ultima Primavera ci ha svelato un corridore di talento, forte e veloce, Sonny Colbrelli (6°), poi punta azzurra nella caccia al Mondiale (13°, miglior italiano). Ora sono in molti, dal c.t. Davide Cassani in giù, ad aspettarsi tanto da questo bresciano di 24 anni.
Sonny ci raggiunge camminando sulla coltre bianca. Al fianco Adelina, compagna di giochi alle elementari diventata compagna di vita. «Forse è meglio che mi tolga le scarpe prima di entrare, non vorrei rovinare il pavimento». Non ti preoccupare, entra. Sul tavolo una scatola di delizie di cioccolato, tradizionale regalo natalizio di Gianni, un amico. «Grazie, non posso. Sono a dieta». Un caffé? «Sì, grazie, ma senza zucchero».
Colbrelli, a regime anche durante le feste?
«Bisogna. Già da metà della scorsa stagione mi sono affidato a Iader Fabbri. Ora ho ripreso. Ho passato due settimane tremende, da sbattere la testa: 1.500 calorie al giorno. Una persona ne consuma in media 2.000, però io devo pure allenarmi. Ho tolto tutto. Una dieta che, se la fai giusta, cali, e io ho perso 5 chili. Ma di testa costa. Ho bruciato grasso lasciando intatti i muscoli, sono passato dall’8 al 4,5% di grasso. Sono sacrifici. I primi giorni mi girava la testa, mangiavo un cavolo, in bici ero sempre in crisi. Però ho visto i vantaggi, ora sto bene. Sono più magro che al Mondiale e deve ancora cominciare la stagione».
Amici riferiscono di un allenamento «monstre»: il giro del lago di Garda alla vigilia di Natale.
«So chi sono (ride, ndr) e non volevano neanche tirare. Comunque è vero, sei ore e mezzo di allenamento. Il 2015 deve essere il mio anno. Mi sono imposto che come minimo, ma proprio minimo, devo fare i risultati del 2014».
Con il contratto in scadenza c’è l’opportunità della vita.
«Posso diventare un campione o restare uno dei tanti. Ambisco al salto di qualità e finire in una squadra World Tour. Conta molto l’aspetto economico, che potrebbe cambiarmi davvero la vita. Ma ciò che mi spinge è soprattutto l’orgoglio. A me piacciono molto le corse in Belgio. Roubaix e Fiandre, che non ho mai corso, sono il mio sogno. Come corridore ho sempre guardato Boonen, mi ci vedo un po’ in lui e quando posso cerco di osservare come corre. Per farmi trovare pronto ho cominciato anche a studiare inglese, ma è dura».
Com’è la situazione con i suoi compagni della Bardiani-Csf?
«Battaglin è forte e punterà anche lui alla Sanremo giocandosi tutto sul Poggio. Se va forte forte… per me sono dolori perché magari mi stacca e ciao. Zardini è il mio migliore amico, un signore in ogni momento».
Il finale di stagione, con le voci di una trattativa con Sky nonostante il contratto, ha un po’ logorato i rapporti coi Reverberi.
«Sì, Bruno e Roberto si sono incazzati un po’. In effetti c’è stata un po’ di confusione. Ora come manager mi segue soltanto Mazzanti».
Da giovane eri considerato una promessa, eppure in famiglia non ti hanno reso la vita facile.
«Appena finivo la scuola, ma proprio il giorno stesso, mio padre mi trovava qualcosa da fare, un lavoro. Non voleva che restassi in casa a fare niente o andassi in giro a perdere tempo. A 17 anni sono andato a lavorare definitivamente. I primi quattro mesi in un’azienda di maniglie mi è andata bene. Poi alla Unidelta, in acciaieria, con mio padre. Dalle 6 a mezzogiorno, all’aperto, d’inverno. Il posto più duro di un lavoro duro. Piangevo ogni giorno. In casa non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma era mio padre a mettermi alla prova. Ho imparato la lezione dei sacrifici».
Ma uno che arriva dalla fabbrica può, alla prima corsa da stagista, urlare “andate a lavorare” a operai che manifestano?
Sorride. «Guarda, voglio fare chiarezza. Giro di Padania 2011, partenza da Savona. Reverberi mi aveva detto che dovevo andare in fuga, io ero al fianco di Basso e ho fatto un movimento con un braccio come per farmi largo e basta. Ho preso una pappina che me la ricordo ancora adesso. Mi sono volati via anche gli occhiali».