Stefano Mancini, La Stampa 29/12/2014, 29 dicembre 2014
SCHUMI, UN ANNO DOPO. IL RUMORE DEL SILENZIO
Michael Schumacher è caduto con gli sci ed è stato trasportato in ospedale, la notizia si diffonde nel pomeriggio del 29 dicembre 2013. «Nulla di grave, era cosciente» rassicurano i responsabili del soccorso alpino di Méribel, la località sulle Alpi francesi dove l’ex campione trascorreva il periodo natalizio. La verità arriverà alcune ore più tardi, quando i medici di Grenoble pronunceranno parole terribili: «intervento alla testa», «coma», «condizioni gravissime».
La vita del pilota più vincente nella storia della Formula 1 era appesa a un filo. Oggi, dodici mesi e due interventi al cervello dopo, l’ex campione è sopravvissuto e ha riaperto gli occhi. Inutile interrogarsi se quel battito di ciglia sia una vittoria sulla morte o il segno che la ripresa è lontana ancora chissà quanto. Per la moglie Corinna e i figli Gina Maria e Mick jr è tutto ciò che resta e a cui sono attaccati, un modo per sapere che il loro caro è vivo e per comunicare con lui.
«Come sta Schumacher?» è da un anno una delle domande più ripetute nel mondo dello sport. Le risposte distillano piccole dosi di ottimismo: «Migliora, compatibilmente con le sue condizioni» spiega la manager e portavoce Sabine Kehm. Le altre notizie arrivano dagli amici che hanno accesso al suo capezzale nella villa di Gland, sul Lago Lemano, dove è stato trasferito in settembre dopo quasi nove mesi di ricovero, prima a Grenoble e poi a Losanna. «È giovane, è forte. Ha tutto il tempo per recuperare e tornare a una vita normale», è convinto il presidente della Federazione dell’automobile Jean Todt, che di Schumi è diventato amico fraterno ai tempi dei trionfi in Ferrari. Insieme hanno vinto cinque Mondiali consecutivi, ma il legame si è saldato quando il posto di Todt come direttore della Ferrari era in bilico. «Se cacciate lui - disse il campione nel ‘96 - me ne vado anch’io». L’ex pilota Philippe Streiff, paraplegico dopo un incidente in gara del 1989 e amico di Schumi e della sua famiglia, racconta così i progressi dell’ex collega: «Michael non ha ancora ritrovato l’uso della parola e comunica con gli occhi. Comincia a riconoscere i suoi cari, però ha grossi problemi di memoria». Streiff cita il professor Gérard Saillant, luminare che aveva preso a cuore il caso e che smentisce di avergli parlato. L’anno di Schumi è stato anche questo: un susseguirsi di indiscrezioni e smentite in cui l’unica versione ufficiale è quella della Kehm.
«Come sta Schumi?», ma anche quanto guadagna, quanto vince, quando si ritira, quando torna in F1. Di lui si è parlato sempre, dal giorno in cui Eddie Jordan lo fece debuttare e Flavio Briatore glielo soffiò (1991), portandolo a vincere i primi due campionati, fino ai record stabiliti con la Ferrari, di successi e di guadagni (60 milioni a stagione). A fine 2006 Michael saluta e se ne va, e ciononostante si continuerà a discutere delle sue imprese (e cadute) in moto, della tentazione di tornare in Ferrari al posto del convalescente Felipe Massa, del rientro vero in F1 con la Mercedes (dal 2010 al 2012). Milioni di tifosi gli sono affezionati, gli scrivono biglietti di incoraggiamento e guardano a un altro Schumacher, il figlio Mick jr, 15 anni, che nel 2015 potrebbe debuttare al volante di una monoposto di Formula 4. È una storia che continua, con quel nome declinato in tante varianti: Schumacher, Schumi, Schummy, Schu, ora anche Mick jr.
La Ferrari ha seguito il dramma con sobrietà restando in contatto con la moglie Corinna Betsch. Maurizio Arrivabene, nuovo capo della Gestione sportiva Ferrari, a Schumacher si era affezionato sulle nevi di Madonna di Campiglio tra una sciata e una cena in rifugio. Preferisce non parlarne in questo anniversario triste: «Michael e la sua famiglia li ho nel cuore ogni giorno». Ma prima di Natale lo aveva citato così: «Michael mi disse che Sebastian Vettel è l’unico che possa vincere più di lui in Ferrari».
Adesso non si può fare nulla se non aspettare. Aspettare che il tempo e le terapie riportino il campione a una vita normale. Schumacher non ha lesioni al midollo né ai muscoli, eppure non riesce a muoversi: per questo un’équipe di quindici specialisti si alterna nella struttura riabilitativa allestita in casa, tra il letto, la sedia a rotelle e i robot che lo fanno camminare. I familiari gli parlano ogni giorno e gli stimolano tutti i sensi per risvegliare le aree del suo cervello sopravvissute all’impatto con una roccia sulle piste dell’Alta Savoia. Impossibile prevedere se un giorno tornerà a muoversi, parlare e camminare, o anche solo sapere se è consapevole di quanto gli sta succedendo: il dramma di un uomo intrappolato nel suo corpo.