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 2014  dicembre 28 Domenica calendario

CAPODANNO CON I WIENER

Luci puntate su una signora che di questo periodo dell’anno se ne intende: la Filarmonica di Vienna. Non solo ha l’esclusiva del concerto classico più popolare del pianeta, quello di Capodanno, rito che conta sui telespettatori di ottanta nazioni. Non solo è forse la migliore orchestra d’Europa (o del mondo). Non solo è artefice di un suono ineguagliabile, evocativo come un mistero complice di esecuzioni leggendarie: le prime volte di sinfonie di Bruckner e Brahms, i valzer pastosi degli Strauss, i bruschi pezzi novecenteschi di Schönberg e Berg. Ma suona nello spazio più acusticamente perfetto che si possa immaginare: la sala d’oro del Musikverein. Ed è l’unica compagine sinfonica priva di un “capo”, avendo una fisionomia basata su una totale, rigorosa e disciplinata indipendenza. In autunno, a Stoccolma, questa superba “democrazia monarchica”, dove il potere è suddiviso tra molti re, ha meritato una sorta di Nobel musicale, il Premio Birgit Nilsson, assegnato ogni tre anni. È il riconoscimento più generoso della musica classica: un milione di dollari incoronano un artista o un’istituzione. I Wiener Philharmoniker destineranno i soldi all’organizzazione tecnologica dei loro archivi, che raccolgono un tesoro di documenti: «La collezione iniziò a metà Ottocento con l’avvio dell’orchestra», racconta Silvia Kargl, responsabile dell’archivio. «Comprende lettere di musicisti come Brahms e Bruckner, contratti e vari oggetti, dalle bacchette ai cappelli di Mahler, e partiture appartenute ai celebri maestri che l’hanno diretta, tra cui Mahler e Richard Strauss, che ne hanno riempito le pagine con appunti interpretativi. Presto si potranno consultare online».
Nata nel 1842 per volontà di Otto Nicolai e condotta da maestri “designati” quali Hans Richter e Mahler, dal 1933 l’orchestra ha eliminato il direttore stabile invitando sul suo podio le più brillanti star della direzione, da Bruno Walter a Toscanini, da Erich e Carlos Kleiber fino a Lenny Bernstein. Tutti sensazionali “ospiti” della Signora, la quale nel frattempo stipulava princìpi mai venuti meno, secondo cui, per esempio, i musicisti sono scelti, dopo una dura selezione, tra chi abbia minimo tre anni d’esperienza nell’orchestra dell’Opera di Vienna. Ma non tutti coloro che lavorano nella buca della lirica alla Staatsoper sono ammessi tra le fila dei Wiener, per la sinfonica. Essere Wiener è un privilegio che immette nel repertorio sinfonico il riflesso di una sapienza anche teatrale.
L’apertura degli archivi sarà un passo in più verso l’ardua conquista dei segreti di questi messaggeri di una mitica età dell’oro musicale. L’investitura dei Wiener non ha confronti, alimentandosi di peculiari radici geografiche e culturali, della consapevolezza delle proprie tradizioni e della coscienza di essere i sommi interpreti di quell’arco austro- germanico di pensiero e sentimento musicale che da Bach, attraverso Mozart e Beethoven, approda al XX secolo. Vittima (si fa per dire) di una political correctness che li ha fatti accusare di peccati ideologici, da un antisemitismo strisciante (che divenne dichiarato al momento dell’Anschluss, quando tredici musicisti ebrei furono cacciati) a un’esplicita misoginia (solo da fine anni Novanta accoglie tra i suoi 128 elementi qualche donna), i Wiener sono impermeabili a novità e tendenze “globali”. È stato il loro piglio immobilista e aristocratico a garantire alla Filarmonica una specificità sovrana. Oggi tutte le orchestre s’internazionalizzano, raggiungendo un livello elevato, ma intercambiabile. I Wiener, al contrario, sbandierano un’omogeneità esecutiva e una personalità musicale generate da un lavoro di trasmissione che rende le memorie leggi non scritte. Con l’esito di un suono “diverso” «derivante anche dai nostri strumenti», spiega l’oboista Wolfgang Plank. «Non somigliano a quelli di altre orchestre: un “normale” oboista non potrebbe suonare l’oboe viennese». Servono canne speciali per i fagotti, trombe con valvole rotative, timpani con pelli naturali… Poi c’è il miracolo del Musikverein, il cui edificio accoglie la Goldener Saal, luogo di culto per il pubblico viennese e padrona di un suono inimitabile. Il legno cavo del pavimento, il soffitto che non poggia sulle pareti ma è sospeso dall’alto, le statue delle Cariatidi sulle cui forme irregolari rimbalzano morbidamente le onde acustiche, tutto contribuisce a una prodigiosa cassa armonica. Da anni eserciti di tecnici giapponesi o americani arrivano a misurarne lo spazio, sondarne le vibrazioni, esplorarlo con sofisticati macchinari elettronici per riprodurne il suono altrove. Ma nessuno riesce a esportare il sortilegio sonoro della dimora dei Wiener.
Leonetta Bentivoglio, la Repubblica 28/12/2014